«Entrati nella casa, videro il Bambino». Ogni nascita è, in sé, una «bella notizia», un segno di fiducia nel futuro del mondo, della storia. «Ogni bimbo che nasce, ci ricorda che Dio non è ancora stanco dell’uomo», scrive Tagore.Un figlio che nasce è un mistero che suscita stupore: non può essere semplicemente la risultante di leggi biologiche, perché è un essere molto più grande di quanto noi possiamo inventare e programmare. Stupore è la prima ecografia, stupore il primo sguardo dopo il parto, stupore quando vegliamo il suo riposo. E’ figlio di Dio e riflesso della sua grandezza; è unico e irripetibile: Dio chiama l’uomo per nome. È un dono grande che c’è stato affidato, un dono prezioso da custodire e da fare «germogliare» con la crescita, è una persona diversa da noi genitori e dai suoi fratelli, troppo superiore a una semplice combinazione di geni.Dio si prende a cuore la sua vita: «Si dimentica forse una donna del suo bambino? – si legge in Isaia – Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai. Ecco, che ho disegnato sulle palme delle mie mani». (Dio ama i nostri figli, che sono prima di tutto suoi, molto più di quanto possiamo amarli noi genitori, ha per loro progetti molto più grandi di quanto possiamo immaginare.Nato da un gesto d’amore fra un uomo e una donna, che Dio ha reso partecipi della sua azione creatrice, il bambino si realizza soltanto nell’amore, in un contesto d’amore quale è la famiglia; ha bisogno dell’amore dei genitori, dipende e si affida totalmente a loro. I genitori sono per il figlio riflesso e segno di un amore più grande: quello di Dio stesso.Vi è poi una famiglia più grande, che vive dello stesso principio unificante: la Chiesa. In essa, la genitorialità diviene un tempo opportuno di grazia per maturare umanamente e incontrare in modo nuovo di Vangelo di Gesù, la sua proposta bella per la vita che è appena nata e per la propria vita. In quest’ottica, generare alla fede diviene un gesto complessivo che coinvolge la famiglia nel suo compito primario, la comunità come grembo e, in essa, i catechisti come accompagnatori. È fondamentale che famiglia e comunità siano consapevoli dei rispettivi compiti e delle risorse peculiari di ciascuno, per agire in una collaborazione che diviene autentica comunione.La realtà familiare evangelizza e annuncia con la sua stessa vita, realizzando una vocazione che le è propria: il vissuto familiare diviene un «Vangelo di Dio» quando i genitori testimoniano continuamente la trasformazione che l’amore opera in essi . La comunità ecclesiale accoglie e valorizza la profezia della famiglia nel quotidiano. Nello spazio della vita familiare esistono situazioni che evangelizzano: la fedeltà è un modo autentico per proclamare la profondità dell’amore di Dio; la fecondità è partecipazione al mistero della ricchezza infinita di Dio; la casa è lo spazio vitale in cui la famiglia può realizzare un’atmosfera di serenità.Nella casa, i vari ambienti possono costituire occasioni di annuncio, poiché possiedono una forte valenza simbolica: la porta, luogo dell’apertura all’esterno, dell’andare e rientrare, la cucina, luogo feriale e della preparazione dei pasti, la sala (o il salotto), luogo dell’ospitalità. Proprio l’ospitalità rappresenta una delle dimensioni fondamentali della missione ecclesiale dei coniugi, che educano progressivamente i figli ad atteggiamenti di fiducia e di apertura, fino all’accoglienza dell’imprevedibile e dell’indicibile di Dio.Altra dimensione da recuperare e da evangelizzare (ce lo ha ricordato il Convegno ecclesiale nazionale di Verona) è la festa, sintesi di ogni annuncio. Attraverso di essa, la famiglia educa i figli alla memoria gioiosa di alcuni avvenimenti; essa, per gli atteggiamenti che mette in essere, è un «sì» gioioso alla vita, è il vivere insieme un’esperienza libera, gratuita, gioiosa. La catechesi valorizza queste esperienze e questi luoghi, autenticamente evangelizzanti, attraverso la sensibile mediazione di parroci , catechisti ed accompagnatori ricchi di umanità, capaci di leggere i «segni dei tempi» che si intravedono, di narrare le meraviglie di Dio, di porsi accanto con rispetto, delicatezza, propositività e semplicità. Una sfida da affrontare con coraggio profetico. di Silvia Mancini