Sono oltre seicentocinquanta i religiosi della diocesi che il 2 febbraio hanno celebrato la giornata della vita consacrata; due anni fa, il Vescovo li ha affidati alla cura pastorale di monsignor Vittorio Gepponi, che ha iniziato il suo servizio con la visita alle quasi cento comunità presenti in diocesi. «La visita procede lentamente – spiega – perché voglio che sia un momento di incontro, di ascolto e di comunione. Ho iniziato con i monasteri; che sono diffusi in diocesi e verso i quali si concentra lo sguardo delle giovani. Contrariamente a quanto si pensa, la scelta contemplativa non è fuga dal mondo né distacco dalla quotidianità, ma una realtà consapevole e fortemente voluta dove nessuna è arrivata per costrizione o insoddisfazione. Nei monasteri è con l’intensità della preghiera che queste donne sono continuamente proiettate verso l’umanità. Sono preziose non solo per la Chiesa ma per il mondo intero: la loro preghiera è il battito della vita».Anche i religiosi soffrono il calo delle vocazioni.«Il nostro è un tempo di profondi cambiamenti; assistiamo al concludersi di un ciclo della vita religiosa e c’è troppa preoccupazione di salvare opere e istituzioni; quando ci si accorge che ciò non è possibile, cresce l’angoscia. Non deve essere così! Dobbiamo ricordarci che i fondatori hanno saputo dare una risposta adeguata al loro tempo. Animati dallo Spirito si sono fatti condurre in cammini inesplorati. Oggi è chiesto ai religiosi, come risposta alle istanze attuali, lo stesso slancio e la medesima genuinità carismatica. In questo senso, le nuove forme di consacrazione sono la risposta del Signore ai bisogni dell’uomo moderno. Anche qui da noi abbiamo giovani che abbracciano con gioia l’ideale evangelico. Ed è questa una risposta a chi liquida certi fenomeni giovanili come irreversibile declino della ricerca religiosa: c’è una secolarizzazione crescente, ma cresce anche la nostalgia di senso e si ripropone in termini nuovi una domanda di religiosità».Come sono cambiate le forme della consacrazione religiosa?«Nei secoli scorsi si è assistito ad una ripresa della vita consacrata, specialmente femminile, con la nascita di istituti caratterizzati per l’impegno caritativo, quali risposte ad esigenze sociali ed ecclesiali. Il Concilio Vaticano II invita ad un profondo mutamento, nella direzione di una più adeguata testimonianza evangelica».Che però ha coinciso con il calo delle vocazioni.«Fino a quel momento l’incremento era dato dalla capacità degli istituti nel convogliare l’interesse dei giovani, ma in parte anche dalla capacità di venire incontro a una crescente domanda di scolarizzazione, quale mezzo di promozione sociale presente nelle classi popolari e nella piccola borghesia. La secolarizzazione e l’aggiornamento conciliare mettono in discussione non solo collocazione e ruolo sociale della vita consacrata, ma le sue stesse strutture teologiche e organizzative. Il Concilio ci ha consegnato una vita religiosa più matura, cosciente della propria funzione ecclesiale, impegnata nella nuova evangelizzazione, attenta a testimoniare la carità. E ciò ha contribuito anche a riconoscere al laicato un’autonoma fisionomia spirituale, orientata anch’essa alla perfezione cristiana. Si sono cosi venute a costituire, negli ultimi decenni, nuove tipologie di aggregazioni comunitarie, le quali, pur mantenendo elementi tradizionalmente connessi alla vita religiosa (quali la comunione dei beni, l’obbedienza, la castità), se ne differenziano per la netta affermazione della loro laicità, per una presenza nel loro ambito di nuclei familiari, per la ricerca di una propria fisionomia spirituale. Già la sola esistenza di nuove forme smentisce che oggi vi sia minor generosità di risposta vocazionale, anche se essa non si orienta più come in passato verso specifici istituti».Massimo Rossi