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Il Vescovo martire

Sembra impossibile trovare un legame fra l’Hu-pei, una provincia nel cuore della Cina, l’Alpe della Luna, lo spartiacque appenninico che separa la Toscana dalla Romagna, e le colline del Chianti che guardano il Valdarno, dove per quasi un secolo si è estratto la lignite in galleria. Ci è riuscita, invece, Marta Bonaccini con la sua recente pubblicazione Una luce che non tramonta, monsignor Ermenegildo Ricci o.f.m. martire della fede, che ripercorre la parabola umana e spirituale del missionario francescano morto nel Paese asiatico nel 1931.L’autrice ha vissuto l’infanzia e la giovinezza a Castelnuovo dei Sabbioni, il paese delle miniere, nel cuore del Valdarno. Lì è maturata in lei la convinzione che è impossibile non amare la terra dove si è vissuto o quella dove le circostanze ti conducono. Penetrare dentro la cultura, le tradizioni, la quotidianità del luogo dove ci troviamo è importante come la casa e gli affetti familiari: è l’essenza dell’esistenza. Questo messaggio la Bonaccini l’aveva offerto ai lettori nel 1995 con la sua opera prima, Profumo di lignite, in cui, con umanità e calore, ricordava la vita dei minatori.Oggi, dopo che da vari anni si è avvicinata per ragioni personali all’Alta Valmarecchia, ci ripropone con identica passione e partecipazione, la vita di padre Emenegildo Ricci, nativo di Montelabreve, minuscola frazione del comune di Badia Tedalda. Già nell’introduzione l’autrice spiega il senso del suo lavoro. «Scoprirlo – scrive la Bonaccini – può solo arricchirci e dopo niente della nostra anima sarà come prima, perché ci sentiremo inondati di luce. Una luce che non tramonta, perché giunge da Dio».Luigi Ricci nasce il 28 agosto 1886. A quattro anni perde il padre a cinque la madre. Rimasto orfano è affidato ad uno zio paterno. Si avvicina al mondo francescano attraverso un frate cercatore della Verna che frequenta la casa dello zio. A quattordici anni Luigi entra nel Collegio Serafico di San Romolo a Figline Valdarno. Tre anni dopo veste l’abito religioso e diventa Frate Emenegildo. Una testimonianza riferita dalla Bonaccini lo ricorda in quel periodo «piccolo di statura, sguardo penetrante, di poche parole, sorriso dolce. Il più intelligente della mandata». Nel 1910 è ordinato sacerdote. Nel 1912 realizza il suo sogno missionario. «Dopo un viaggio di alcuni mesi, Padre Ricci giunge in Cina, nel vicariato di Lao ho kow, nella provincia di Hu-pei» dove i francescani hanno una missione dal 1870. La Cina è da poco diventata una Repubblica; è attraversata da lotte civili; fioriscono movimenti anti-occidantali che riversano il loro odio anche verso i missionari.Nel 1922 Padre Ricci è eletto Vescovo. Nel 1926 torna in Italia per la visita ad limina. Nell’occasione torna al suo paese natale. Attraverso una memoria, la Bonaccini ce lo racconta nel libro in modo mirabile: «Gli uomini, tutti gran cacciatori, imbracciano il ucile e vanno incontro al vescovo che giunge a d’orso d’asino. Appena lo scorgono, puntano in aria i fucili e… Tonfi. Tonfi, Tonfi».Rientra in Cina dove la situazione continua a precipitare. La sua esclamazione ricorrente è «Signore, aiutateci Voi». Nel 1929 si ammala gravemente e si ritira umilmente in un convento chiamato «Verna cinese». Nel maggio 1931 durante un breve spostamento viene fatto prigioniero da un gruppo di guerriglieri. E’ l’ultimo atto del suo martirio. Costretto a indicibili sofferenze viene liberato quattro mesi più tardi. Muore il 23 novembre dello stesso anno. «Da quel giorno – è scritto in questo libro condiviso in profondità dall’autrice – tutti i fedeli cristiani lo ebbero in concetto di santità e si rivolsero a lui per invocare protezione ed aiuto». di Alessandro Gambassi