Arezzo - Cortona - Sansepolcro

La bonifica della Valdichiana in mostra.

«Una valle paludosa» così Leonardo Da Vinci descriveva nel 1500 la Valdichiana. In più di cinquecento anni lo scenario è però completamente cambiato grazie ad una straordinaria opera di bonifica che ora viene raccontata dalla mostra «Il sentiero della bonifica», allestita nella sala Pavolini del teatro Signorelli di Cortona fino al 14 settembre. L’iniziativa è della provincia di Arezzo, che ha realizzato la mostra, in collaborazione con il comune di Cortona, la provincia di Siena e le apt di Arezzo e Siena. «La mostra – spiega l’assessore provinciale alla difesa del suolo Angelo Maria Cardone – illustra, partendo dalla documentazione storica disponibile, le motivazioni, i criteri e le tecniche che hanno portato, nel corso degli ultimi quattro secoli, alla bonifica della Valdichiana. Si tratta di uno dei pochi esempi al mondo dove l’opera dell’uomo ha portato l’inversione del senso di scorrimento di un importante corso d’acqua. La mostra illustra l’evoluzione delle paludi e del reticolo idraulico dall’inizio delle operazioni di bonifica ai giorni nostri, focalizzando anche l’attenzione sulle opere idrauliche che hanno inciso sull’evoluzione socio economica della valle e sugli stili architettonici». In origine le acque del Clanis, antico nome del fiume che attraversava la valle, confluivano nel Tevere mentre oggi scaricano in Arno. Continuano invece a defluire nel Tevere le acque di quella parte della Valdichiana, chiamata comunemente romana, che inizia al disotto della città di Chiusi dove nel 1780 fu realizzato l’argine di separazione che fissò definitivamente lo spartiacque fra questi due fiumi. L’attività di bonifica fu portata avanti con grande impulso dagli Asburgo-Lorena, divenuti Granduchi di Toscana, i quali trovarono nell’aretino Vittorio Fossombroni un uomo capace, come tecnico e come uomo di stato. La Valdichiana tuttora gode dei frutti di questa straordinaria opera, con circa 185 chilometri quadrati di territorio, di cui 80 strappati alla palude, difesi da oltre 630 chilometri di arginature. Questo sistema di opere, interagenti l’una con l’altra, rappresenta un patrimonio culturale rilevante e meritevole di essere conosciuto perchè testimonia, tra l’altro, l’evoluzione che le scienze applicate alla organizzazione di un territorio hanno subito negli ultimi duecentocinquanta anni.