Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Il messaggio di Pasqua del Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro: «Cristo, mia speranza, è davvero risorto»: un annuncio di gioia da vivere ogni giorno.

Carissimi fratelli e sorelle,

«Cristo, mia speranza, è risorto». La sequenza che sarà proclamata nella Messa del giorno di Pasqua ci riempie di gioia. Infatti la Pasqua è annuncio della vittoria di Cristo sulla morte, della vita che non sarà distrutta. La Chiesa, nata dalla Pasqua di Cristo, custodisce questo annuncio e lo trasmette ad ogni generazione. La nostra fede nasce davanti alla «tomba vuota» che ieri, oggi e sempre ci dice che la risurrezione del Signore è un fatto attuale. In Cristo l’umanità accede a una «vita nuova» purificata dal peccato. Questa vita è da costruire nell’oggi: Pasqua è oggi, è ogni giorno dell’esistenza.

Il sepolcro vuoto ci apre alla speranza proprio in momento come questo in cui la nostra vita è segnata da episodi che potrebbero contraddire la speranza. Ci illumina Benedetto XVI quando, nella celebrazione per il quarto anniversario della morte di Giovanni Paolo II, ha detto: «Non basta parlare di speranza, bisogna essere speranza». La qualità della presenza cristiana nella nostra società è affidata alla testimonianza che le persone riescono a offrire vivendo il loro quotidiano, interagendo con le difficoltà senza evaderle e mostrando in esse che il Signore è risorto, cioè che la potenza della risurrezione è reale, viva ed efficace nella storia personale e comunitaria.

In questo messaggio vorrei segnalare quattro eventi che ci riguardano tutti. Il primo pensiero va alle popolazioni dell’Abruzzo colpite dal terremoto che ha devastato una regione ricca di fede e storia. Questa calamità naturale ha profondamente colpito la nostra diocesi che ben conosce i sismi. Mi tornano alla mente i terremoti che hanno ferito la Valtiberina oppure il sisma da cui Arezzo fu liberata nel 1796 quando si illuminò l’immagine della Vergine che oggi è venerata con il titolo di Madonna del Conforto. In queste ore difficili per l’Abruzzo non mancherà la nostra preghiera che è invocazione a Dio per le vittime del terremoto e supplica di aiuto alle migliaia di sfollati perché non smarriscano la fede. Inoltre non mancherà la nostra solidarietà per la popolazione abruzzese: quanto è stato raccolto durante le celebrazioni del Giovedì Santo giungerà in Abruzzo mentre nei prossimi giorni verranno definite altre azioni concrete.

Poi ci sono ulteriori fatti che ci coinvolgono più direttamente. La crisi economica si fa sentire anche nella nostra diocesi. Le preoccupazioni di questa terra sono quelle dell’intera Chiesa locale. Missione della comunità cristiana è di farsi carico delle situazioni concrete di disagio, superando una mentalità egoistica e contrastando comportamenti utilitaristici. Portare i segni chiari della carità cristiana che ha la sua fonte e il suo culmine nell’Eucaristia vuol dire prendersi cura dell’altro nella fraternità dell’amore. In questo frangente la diocesi si propone di essere un segno di speranza attraverso il fondo di solidarietà per le famiglie colpite dalla crisi che sarà gestito dalla Caritas diocesana. Ringrazio tutte le parrocchie che con la «Quaresima di Carità» si sono impegnate a raccogliere offerte destinate a questo scopo. In un contesto come quello attuale è necessario ripensare gli stili di vita e proporne di alternativi, improntati alla gratuità e alla sobrietà. Ciò vale tanto più per il cristiano che, chiamato a testimoniare una fede matura e senza compromessi, deve sentire come impegno quello di vivere un’esistenza che si fonda sulla «spiritualità di comunione» e che fa diventare autorevoli nell’annunciare la speranza.

Inoltre vorrei ricordare l’uccisione di un immigrato nel quartiere dell’Orciolaia ad Arezzo e il sequestro dell’operatore di Montevarchi della Croce rossa internazionale, Eugenio Vagni. Il fatto di sangue avvenuto nel capoluogo ci interroga e ci invita a un rinnovato stile di dialogo. L’integrazione di coloro che arrivano da oltre confine è la vera strada perché si evitino forme di emarginazione sociale. Pertanto è bene comprendere le differenze e approfondire la conoscenza reciproca. Tale processo non costituisce una minaccia, né spinge al relativismo ma è piuttosto un arricchimento per l’intera comunità civile.

Un pensiero va anche a Eugenio Vagni e alla sua famiglia. Invochiamo il Signore perché sia rilasciato al più presto e possa tornare dai suoi parenti. Il suo impegno a favore delle popolazioni in difficoltà lo ha portato a mettere a rischio la sua vita per essere vicino a chi non ha voce. Che il suo rapimento si concluda in tempi rapidi e che il cooperatore sia a breve in mezzo a noi.

Carissimi, scegliere Cristo significa operare per la vita. Se «crediamo» nel Risorto, siamo chiamati a far sì che nelle nostre comunità sia vivo in modo sempre più profondo il significato della risurrezione. È questo un modo autentico di cantare «Alleluia».

Gualtiero Bassetti

Vescovo