Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Servizio e mercato: le origini cristiane di Sansepolcro».

Monsignor Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello, monsignor Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, suor Alessandra Smerilli, coautrice del libro «Benedetta economia», assieme a monsignor Giovacchino Dallara, vicario generale di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, sono stati i protagonisti dell’incontro dal titolo «Misericordia e giustizia: tra arte, storia ed economia» che si è tenuto sabato scorso nel teatro del collegio Inpdap a Sansepolcro. Un «viaggio» per capire come la tradizione di accoglienza e l’eredità delle teorie economiche di ispirazione cristiana possano essere declinate nell’oggi, di fronte alle difficoltà che emergono con la crisi economica. Il convegno si è aperto con i saluti di padre Antonio Airò e Massimiliano Marianelli, responsabili degli uffici per la pastorale sociale e del lavoro rispettivamente delle Conferenze episcopali di Toscana e Umbria. L’iniziativa rientra nel ciclo di lezioni della scuola di formazione politica e sociale organizzata dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi di Città di Castello, in collaborazione con l’Istituzione biblioteca-museo-archivi storici biturgense.Toscana Oggi pubblica l’intervento del vicario generale di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Dallara, che è stato pronunciato durante l’incontro.

“Nell’odierno incontro di studio siamo chiamati a riflettere sul tema della «misericordia» quale categoria fondamentale dell’agire politico e sociale, toccando conoscenze apparentemente distanti dal tema della misericordia quali l’arte, la storia e l’economia.Sansepolcro nasce attorno a un’abbazia prima benedettina, poi camaldolese, e dunque ha beneficiato del contributo dell’ordine di San Benedetto per la valorizzazione del lavoro, accanto alla preghiera e allo studio, come strumento per la promozione del bene della comunità e per la edificazione del Regno di Dio. Attorno all’abate e ai monaci si forma un borgo che diviene centro di relazioni politiche, economiche e sociali ispirate dall’abbazia che diventa così il «faro» spirituale e civile di quella nascente comunità.In questo senso, va ricordato che le ricerche storiche degli ultimi decenni hanno portato a individuare proprio nell’organizzazione di un mercato settimanale attorno all’abbazia dall’anno 1038, uno dei «motivi genetici» del Borgo che poi diventerà la città di Sansepolcro. Significativo il testo del documento con il quale, il 18 febbraio 1038, l’imperatore Corrado II concedeva all’abate il diritto di organizzare il mercato settimanale nel giorno di sabato e una fiera annuale nel giorno dell’anniversario della dedicazione della chiesa abbaziale. È interessane notare come l’imperatore autorizzi l’abate anche a trattenere le somme da pagare per la decima, affinché siano destinate all’accoglienza dei pellegrini e dei poveri.Mercato e fiera, pellegrini e poveri, accoglienza e ospitalità: sono elementi di una civiltà che non esclude lo scambio delle merci, ma che riesce anche a guardare oltre il profitto. Anzi, riesce anche a superare il concetto di redistribuzione delle ricchezze per aprirsi a forme concrete di carità. Una società nella quale mercato e servizio convivono senza difficoltà. Ed entrambi questi elementi concorrono a favorire il radunarsi di gente attorno all’abbazia, così che possa nascere il Borgo.In secondo luogo, Sansepolcro vive, sin dagli esordi, la nascita dell’esperienza dei frati mendicanti di San Francesco, avendo anche la grazia di ascoltare la predicazione del fondatore sulla soglia della nostra Cattedrale (allora, ancora abbazia) e di vederlo transitare verso La Verna e Montecasale. I francescani sono presenti a Sansepolcro sin dagli anni ’30 del XIII secolo, e il loro originale contributo teorico alla nascita del pensiero economico si esprime qui in termini particolarmente significativi, non soltanto perché la nostra città ha dato i natali ad un vero «gigante» in questo ambito, e mi riferisco evidentemente a fra’ Luca Pacioli, cui sono tuttora debitori i moderni studi di economia aziendale, ma anche perché l’esperienza concreta della carità e della misericordia, teorizzate dai francescani e da loro stessi praticate, ha preso qui le forme del primo Monte di Pietà istituito nel 1466 dal Comune su iniziativa di fra’ Fortunato Coppoli da Perugia. Quello cittadino è il primo Monte di Pietà sorto nel territorio della Repubblica di Firenze, della quale Sansepolcro faceva parte dal 1441.Anche con il Monte di Pietà ci troviamo di fronte a un’iniziativa capace di andare incontro alle reali esigenze della gente, in questo caso alle esigenze di accesso al credito da parte dei meno abbienti. La rapidità con la quale il Comune accolse la proposta di fra’ Fortunato Coppoli è comprensibile alla luce della storia della comunità cristiana nei due secoli precedenti, quando erano sorte numerose confraternite, molte delle quali univano alle pratiche devozionali una non trascurabile attività caritativa. Le confraternite laicali, che nascono a decine in città fino a tutto il XVI secolo, intravedono nei poveri e negli ultimi non «oggetti» destinatari di un intervento, sia pure meritevole, ma persone da amare: si tratta, in altre parole, di un movimento ricchissimo di laici innamorati di Cristo presente nei poveri, nei malati, nei diseredati. È il linguaggio stesso degli statuti confraternali a esprimere chiaramente tutto questo; e il fatto, poi, che questo linguaggio fosse tradotto in opere concrete è ancora oggi testimoniato dai registri d’amministrazione conservati nell’archivio storico comunale e nell’archivio di Stato di Firenze, nei quali sono registrate le assegnazioni di cibo e vestiario ai poveri, di denaro alle giovani per potersi maritare, o il collocamento presso istituti o famiglie dei «gettatelli» o delle donne sottratte alla vita di strada.Questo movimento laicale, iniziato con le confraternite, ha assunto, nei secoli, forme diverse, adeguate ai bisogni del tempo, e ha visto interagire fra loro esperienze carismatiche nuove. Accanto agli ospedali sorti nel Medioevo, in età moderna si pongono la scuola per ragazze povere delle Maestre Pie, sorta nel 1752; l’orfanotrofio femminile Schianteschi e gli altri orfanotrofi maschili nati nei secoli XVIII e XIX. Si apre così un nuovo «fronte della misericordia», quello dell’educazione e dell’assistenza ai malati e agli orfani, nel quale trovano larga possibilità di impegno le donne. Così, accanto alle Maestre Pie, nel 1919 giungono in città le Suore di Maria Bambina, per lavorare nell’Orfanotrofio e nell’ospedale, e nel 1928 le Suore francescane Figlie della Misericordia, ancora oggi a servizio dei malati nelle case e nella casa «San Lorenzo», che rappresenta una di quelle nuove realizzazioni della chiesa locale, in piena continuità con una tradizione secolare di attenzione ai bisogni degli ultimi e della città.Da quanto esposto si può quindi rilevare che la storia della nostra città è profondamente e intimamente cristiana. L’arte, la misericordia, la giustizia parlano di Dio e muovono dalla Parola di Dio. E tutto questo non è solo passato, ma anche presente. Un presente nel quale c’è veramente molto spazio per i cristiani per vivere appieno il loro sacerdozio comune, soprattutto nella sua dimensione profetica. Una profezia che, come avvenuto in passato, possa portare a opere nate per produrre un frutto non quantificabile solamente in moneta. Le nuove sfide poste dall’acco-glienza di persone di diverse culture e religioni, dalla profonda crisi economica strutturale che stiamo vivendo, dalla disgregazione sociale, dal prolungamento dell’età media e delle aspettative di vita anche in caso di malattia ci interpellano su come incarnare oggi quelle opere di misericordia che da sempre hanno costituito il modo di essere e di fare dei cristiani nella società.Don Giovacchino Dallara * Vicario generale di Arezzo-Cortona-Sansepolcr