Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Educare oggi: un’arte difficile ma urgente.

Quanto è difficile educare oggi. Credevamo che stare con i giovani fosse sufficiente. Stare con loro venendo il più possibile incontro ai loro desideri, assecondandoli in tutte le loro voglie. Gesù disse: «Non vi chiamerò più servi, ma amici». Ma come esercitò questa amicizia Gesù? Non certo con arrendevolezza, ma con autorevolezza. Cristo fu un amico, un fratello insegnando con la parola e con l’esempio che cosa significasse amare e quindi educare.Come lui sono stati i veri educatori. Basti citare San Giovanni Bosco. Chi più amico dei ragazzi di questo colosso educativo? Però non si fermò al gioco per il gioco, ma se ne servì sempre come mezzo formativo della gioventù. Guai a fermarsi soltanto al divertimento o, si direbbe oggi, alla «pizza per la pizza». Sarebbe soltanto tempo perso. «Oratorio» vuol dire ben altra cosa.Don Bosco, alla sua straordinaria mansuetudine e ilarità (così ho letto nelle varie biografie fra cui «Don Bosco che ride» di Luigi Chiavarino), talvolta ebbe ad essere così deciso e severo da far stupire certi educatori moderni, inclini al buonismo e al permissivismo. Una volta ebbe il coraggio, per amore della verità nella carità, di riprendere un confratello a suo avviso troppo indulgente con i giovani.A me sembra che, se siamo arrivati a un così preoccupante vuoto educativo, dobbiamo un po’ tutti batterci il petto: la famiglia, la scuola e, perché no, la Chiesa. Abbiamo lasciato troppo correre. Riprendiamo la nostra «autorevolezza» di educatori, ciascuno nel proprio ruolo. I giovani hanno sete di felicità, ma sono fragili e disorientati in questa ricerca. Li vediamo sempre più tristi, insoddisfatti, senza ideali, in cerca dell’effimero. Spetta a noi indicare loro, senza mezzi termini, la strada della vera gioia. Quella che, sulle orme di Cristo crocifisso e risorto, indicò don Bosco e più vicino a noi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. La via del sacrificio. La via della Croce.Rimessa al primo posto la preghiera («oratorio» viene dal verbo «orare») e la scuola come insegnò anche San Filippo Neri, riavremo una gioventù libera e forte, figlia della verità. Dobbiamo – come grazie a Dio fanno alcuni educatori anche nella nostra diocesi – avere il coraggio di riproporre l’alta vetta della santità. Quanta speranza e quanta gioia infondono nel mio cuore di ormai «vecchio educatore» questi saggi e freschi educatori di oggi.don Duilio Sgrevi.