Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Una Chiesa tra la gente, voce e segno di speranza.

«Sono contento di tornare in Toscana, sarà un po’come la prima Messa, visto che ho vissuto tanti anni lontano dalla mia terra e non ho mai avuto l’occasione di esercitarvi il ministero». Sono le parole dell’arcivescovo Riccardo Fontana, vescovo eletto della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro in una lunga intervista rilasciata ai mezzi di comunicazione della diocesi nel suo studio, dove è stato raggiunto nel giorno stesso della nomina, nel palazzo vescovile di Spoleto. «Vengo da una felice esperienza nell’arcidiocesi Spoleto-Norcia caratterizzata da un cammino di comunione insieme con i miei preti – ha esordito l’arcivescovo Fontana -. “Insieme” è l’avverbio che mi piace di più. Con loro ho vissuto 14 Pasque, ho condiviso esperienze forti, come la visita pastorale e il Sinodo. Conoscere il presbiterio è stata una bellissima avventura! Il primo dovere di un vescovo è farsi vicino a tutti, soprattutto alla gente che soffre. E ciò deve avvenire sempre insieme con i suoi preti». Continua l’arcivescovo: «Il mio compito principale sarà quello di mettermi in ascolto. Ai preti più anziani chiedo di essere maestri di vita; ai miei coetanei o giù di lì – noi che siamo i figli del Concilio – chiedo di essere testimoni di una vocazione colma di gioia. Sono convinto che non c’è niente di più bello per un giovane di raccogliere la chiamata di Dio al sacerdozio». Monsignor Fontana tiene a sottolineare: «Qui a Spoleto il seminario era chiuso da 25 anni. Con una certa incoscienza, lo abbiamo riaperto e ringrazio il Signore perché lascio questa Chiesa amata avendo imposto le mani su 25 presbiteri. Questa è una prova tangibile che il Signore non ci abbandona mai».Nel lungo colloquio torna spesso il tema della carità e dell’importanza delle opere. Dopo aver ricoperto numerosi incarichi a Roma e per il servizio diplomatico della Santa Sede, l’arcivescovo Riccardo Fontana è oggi vice-presidente di Caritas italiana e segretario della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute. «La Chiesa deve evangelizzare con rispetto e la via più diretta per assicurarlo è quella della carità. Servono poche parole e tanti segni, tanti fatti, tante opere. Si dice spesso che quando si aiutano i più bisognosi si rischia di trasformare la comunità ecclesiale nel surrogato di un ente di assistenza sociale. Però va ricordato che il cristiano è chiamato a farsi prossimo e a fronteggiare le necessità di tutti. Non va dimenticato che la carità è una virtù teologale e quel poco di bene che facciamo viene da Dio, è un suo dono. La carità non è organizzazione, ma un atto di amore. Alle persone che sono in difficoltà non si risponde a parole ma con gesti concreti. Chi perde il lavoro infatti non ha bisogno di consigli, ma di aiuto. Questo – precisa – non è il tempo di atti clamorosi, ma di segni tangibili che facciano capire il nostro sì a Cristo e all’uomo. Per questo dobbiamo promuovere l’accoglienza e l’ospitalità, accettare le diversità, senza dimenticarsi mai della prossimità».Laureato in giurisprudenza, monsignor Fontana tiene ad indicare come la cultura sia un’opportunità per il confronto. A tal proposito spiega che «il vero è uno solo. Se, nel rispetto gli uni degli altri, siamo spinti alla ricerca del vero, troviamo Dio. La cultura è un terreno di incontro, un terreno del dialogo senza timori. Tommaso d’Aquino dice che “Dio non ha bisogno di essere difeso perché nella sua onnipotenza è il Misericordioso per eccellenza che riesce a trovare ponti con tutti”». Per l’arcivescovo, l’essenziale è tradurre nel quotidiano il Vangelo. «Non si può scindere la dimensione religiosa dalla dimensione della vita quotidiana. Va trovato il modo di conciliare la duplice appartenenza di ogni persona sia all’ordinamento civile che alla comunione della Chiesa. In quest’ottica bisogna considerare che un uomo vero è un uomo calato dentro la realtà. In Toscana, sono nate le Settimane sociali dei cattolici, e di recente, fra Pisa e Pistoia, è stata celebrata la settimana del centenario da cui è scaturito un richiamo alla ricerca del bene comune che forse è il messaggio culturale più significativo venuto negli ultimi tempi dalla Chiesa italiana. Nella facciata della chiesa di Barga si legge: “Piccolo il mio, grande il nostro”. Ecco, dobbiamo riuscire a riscoprire questa eredità medioevale che valorizza la dimensione del nostro, del bene comune, che è un grande tesoro che Dio ci dà a piene mani».Venendo ad una tematica che ha visto la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro molto impegnata, quella della sfida educativa monsignor Riccardo Fontana, torna ancora sulla necessità di guardare al futuro con fiducia. «Ai giovani e ai bambini – spiega -mandiamo messaggi contraddittori. Ad esempio diciamo loro che nel Sud del mondo milioni di persone non hanno di che sfamarsi e poi qui adottiamo stili di vita contrassegnati dal consumismo. Altrettanto incoerente è l’atteggiamento di chi vuole coniugare il Vangelo con una vita che ha fatto della competizione e dell’arrivismo le sue priorità. Anche sulla cultura dell’usa e getta non possiamo tacere: la Terra è di Dio, e noi l’abbiamo assoggettata».La conclusione è un richiamo alla speranza. «Mi piace molto l’immagine di una Chiesa che è capace ancora di sognare. Non dobbiamo vedere tutto nero e avere paura. Le giovani generazioni sono piene di risorse. Bisogna dare fiducia ai nostri ragazzi. Sono sicuro che faranno cose bellissime»di Luca Primavera Oltre la paura, con sguardo profetico«Sono fortunato perché dalla casa natale di Benedetto da Norcia, la Provvidenza mi porta in una diocesi dove c’è Camaldoli, luogo di riferimento nella tradizione benedettina». L’arcivescovo Riccardo Fontana si prepara ad entrare nella diocesi in cui affondano le radici della congregazione fondata da San Romualdo. « C’è bisogno di camminare insieme – spiega – e per farlo occorre saper alternare il silenzio dell’eremo e il momento del cenobio». Secondo l’arcivescovo Fontana, «la gente oggi chiede di ritrovare unità, intesa, un’identità collettiva: c’è bisogno di fare comunità. Le solitudini sono i mali amari del nostro tempo e la Chiesa deve avere uno sguardo profetico in questo ambito». Poi aggiunge: «Va corretta l’idea che Dio sia lontano dall’uomo. A tal proposito mi piace ricordare una pagina del documento del Concilio Vaticano II Sacrosantum concilium, che dice che la prima presenza di Dio è il suo popolo». Da qui l’invito a farsi accoglienti. «Nostro compito è annunciare che Dio è Misericordia. Noi infatti, non siamo chiamati a giudicare, ma ad aiutare e amare. La nostra storia è un esodo verso la Gerusalemme del cielo. E anche se il cammino è pieno di imprevisti, non c’è motivo di avere paura». «Il bene comune, bussola dei laici nella società» Dalla terra di Margherita Lotti, Santa Rita da Cascia, a quella di Santa Margherita da Cortona; dalla terra benedettina e francescana per eccellenza, alla diocesi che ospita Camaldoli e La Verna. Sono tanti i fili conduttori che porteranno il 13 settembre, giorno del suo ingresso ufficiale, monsignor Riccardo Fontana dall’arcidiocesi di Spoleto-Norcia alla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro. La Provvidenza ha voluto riportarlo dopo tanti anni nella «sua» Toscana. Lontano da quella Forte dei Marmi dov’è nato, ma vicino a quel Sacro Monte dove Francesco ricevette le Stimmate che lo accolse quando gli fu annunciato che sarebbe diventato vescovo. LA VITA CONSACRATA. Il vescovo eletto spiega che occorre valorizzare le famiglie religiose presenti in diocesi. «La vita consacrata ha un ruolo fondamentale. Ha il compito di tener viva la profezia. In terra umbra il mondo francescano e quello benedettino sono ormai diventati parte del mio bagaglio. Negli ordini religiosi ci sono storie di fede straordinarie che vanno fatte conoscere». LA MISSIONE DEL PRETE.Monsignor Fontana delinea i tratti del prete di oggi. «A mio avviso la missione del sacerdote è quella di portare il Vangelo a tutti. Ma occorre farlo con uno stile di comunione. In epoche passate si diceva che i preti dovevano essere abbastanza vicini da vedere la torre campanaria dell’altro, ma abbastanza lontani da non sentirne le campane. Questa fase oggi è superata. Ciò che dobbiamo fare è stare soprattutto in mezzo alla gente. Ognuno con il suo bagaglio di esperienze e gli atteggiamenti che derivano dalla sua storia personale». I LAICI. E’  sulla centralità dei laici che monsignor Riccardo Fontana intende puntare. «L’animazione politica spetta a loro. Questo credo giovi al bene comune. D’altra parte non si può staccare la dimensione religiosa da quella della vita quotidiana. Come diceva Paolo VI, non basta la “libertà di culto”, serve la “libertà religiosa”. Ci deve essere il modo di conciliare la duplice appartenenza di ogni persona sia all’ordinamento civile che alla comunione della Chiesa». Poi il riferimento alle opere di carità. «Oggi più che mai diventano per noi cristiani fondamentali i temi della “prossimità” all’ultimo, dell’accoglienza, il “siate pronti all’ospitalità”»L.C.