Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Giuseppe Foni, la «bomba atomica» che diventò diacono.

Giuseppe Foni, detto anche Pino del fabbro dai compagni di infanzia e poi Bale dagli amici, è stato per me, non un amico, ma l’amico. Siamo stati amici fedeli fino in fondo, anche se in politica a volte ci siamo distinti. Abbiamo condiviso, a seconda del volger degli anni, le imprese sportive, le esperienze sentimentali, le vicende famigliari, le traversie economiche, le più intime esperienze spirituali. Della stesa età, siamo andati a scuola insieme dalla maestra Rosina a Santa Fiora. Poi al Borgo, a piedi, con i calzoni corti e le coscie paonazze dal freddo in inverno ed i piedi impolverati d’estate. Dopo la guerra incominciammo a partecipare alle «Tre giorni» di Azione cattolica a Villa Manzoni e fummo fra i fondatori dell’Associazione a Santa Fiora. Noi due eravamo capi aspiranti (così si chiamavano allora i ragazzi di Ac). Io ero a capo del gruppo «Stella Alpina» e lui era a capo del gruppo «Bomba atomica». Infatti se io ero riservato, lui era esuberante. Diventati più grandi andavamo il sabato sera dopo cena all’adunanza da don Agostino. Dopo ci divertivamo un mondo a giocarte a mosca cieca suscitando tanta ilarità e letizia nel nostro parroco. Poi si è voluto cimentare come corridore di bicicletta dove ha provato fatica e sofferenza, ma anche soddisfazioni. Aveva una volata esplosiva. Quando ero a studiare a Siena lui ammodernò la sua officina di fabbro e si mise a fabbricare i volturicchi, piccoli aratri di montagna. Quando ci ritrovavamo ci raccontavamo le avventure amorose e si condivideva le gioie e le ambascie dei primi rapporti col femminile. Quando per ragioni di studio e di lavoro io ho lasciato i miei impegni di Apostolato e politici in Santa Fiora lui mi ha rincalzato come dirigente di Ac e come segretario della Dc locale. Sono stato testimone alle sue nozze nel ’58 e lui alle mie nel ’61. Ha assistito alla discussione della mia tesi di laurea. Mi ha portato diverse volte, col suo camioncino, a far l’amore dall’Angiolina a Marciano della Chiana (io non ho mai guidato la macchina). Quando ho preso casa a Civitella in Val di Chiana, la mia prima condotta medica, lui col solito camioncino ha fatto il trasloco delle poche cose che noi, giovani sposi, avevamo. Quando ero in servizio a Chiusi della Verna dove conobbi il Vaccari e il Bordiga trascinai il Bale nella comunità di Rondine alla quale ha dato un notevole contributo di lavoro e di passione. E’ venuto con me nel centro culturale «La nuova stagione» e lui fin da prima mi aveva trascinato nel gruppo carismatico del Rinnovamento dello spirito. In tutte le situazioni in cui si è venuto a trovare è sempre stato una «bomba atomica». Poi il servizio di diaconato lo ha allontanato da tutte le altre iniziative e lo ha trasformato piano piano in una «brezza leggera». Ha conservato però la voglia di cantare. Suscitava cori improvvisati di amici e famigliari avvalendosi dell’aiuto di Natale, padre di Caterina. Era appassionato delle canzoni di montagna, da quelle più tragiche come «Il ponte di Perati», «Era una notte che pioveva» a quelle amorose come «Angiolina, dell’Angiolina», a quelle briose. La notte del decesso, prima di morire, non potendosi esprimere con la voce, chiese una penna e scrisse in un biglietto: “cantate”. Mia gioia e mio canto è il Signore. E’ morto sorridendo di gioia e gli occhi colmi di beatitudine. Aveva trovato altri cori dove cantare. Il diacono Foni Giuseppe è morto all’età di 77 anni alle 3 del 25 Agosto 2009 all’ospedale San Donato di Arezzo. Le sue esequie sono state celebrate nella Concattedrale di Sansepolcro nel pomeriggio del 27. La Chiesa era gremita non solo dal popolo di Santa Fiora e della vallata ma anche da gente di tutta la Diocesi. C’è stata grande partecipazione della comunità diaconale e presbiterale. Era presente il Vescovo emerito di Grosseto monsignor Giacomo Babini ed il nostro monsignor Gualtiero Bassetti che ha presieduto l’assemblea ed ha tenuto una bella orazione funebre. Il corpo del diacono Giuseppe è stato inumato nel cimitero di Santa Fiora fra la tomba del vecchio parroco Don Marino Muscinelli e quello della madre Generosi Laura.Gherardo Giorni