Ad agosto si è svolto il pellegrinaggio diocesano in Spagna che ha visto coinvolti una cinquantina di partecipanti provenienti dalle varie zone della diocesi. È stata un’esperienza significativa che ci ha portato a conoscere dei luoghi che abbiamo percorso sulle orme di tre grandi santi: santa Eulalia a Barcellona, santa Teresa ad Avila e san Giacomo a Santiago di Compostela. Questi esempi luminosi, insieme a Maria alla quale sono dedicate molte chiese e santuari, sono state le nostre «guide».Il cammino è iniziato a Barcellona dove abbiamo visitato il quartiere gotico in cui si trova la Cattedrale con la cripta di Sant’Eulalia, patrona della città insieme alla Madonna della Mercede. Sant’Eulalia fu martirizzata sotto Diocleziano a soli tredici anni. Sicuramente non si può non rimanere affascinati davanti all’opera più famosa: il tempio della Sagrada Familia le cui torri si elevano verso il cielo quasi a ricordarci che i nostri sogni devono tendere verso la meta celeste. È stato bello pregare insieme nella basilica di Monserrat davanti alla statua in legno della Madonna nera (Moreneta) protettrice della Catalogna così come nella cattedrale di Saragozza dedicata a Nuestra Senora del Pilar. Qui la Madonna viene ricordata per essere giunta da Gerusalemme a trovare l’apostolo Giacomo deluso dall’evangelizzazione in questa regione.Un’altra tappa è stata Toledo, centro significativo dal punto di vista religioso e anche città simbolo nel passato per la perfetta integrazione delle tre principali culture: cristiana, musulmana ed ebraica. Come non ricordare poi le bellezze di Avila ed in particolare il convento dei Carmelitani scalzi costruito sulla casa natale di santa Teresa dove abbiamo celebrato la Messa. Qui tutto ci parla della santa, dell’essenzialità del suo messaggio che può riassumersi in quel ritornello che abbiamo cantato insieme: «Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio basta».La visita di Madrid è stata un’altra tappa e ha rappresentato anche l’inizio di un ulteriore percorso ricco di significato: il «camino» verso Santiago di Compostela. Dopo una sosta a Ponferrada, riprendendo il viaggio, abbiamo iniziato a scorgere dal pullman dei sentieri, in alcuni punti paralleli all’autostrada, che i pellegrini percorrono a piedi, in bici o a cavallo per giungere a Santiago. Il percorso è segnalato con piccoli cartelli su cui è disegnata la conchiglia, simbolo del pellegrino che una volta raggiunta Santiago proseguiva fino all’oceano in quel lembo di terra denominato «Finisterre» dove si credeva finisse il mondo.Man mano che proseguivamo, avvicinandoci alla verde Galizia, vedevamo persone con lo zaino sulle spalle, spesso da soli, che camminavano in silenzio. Questo cammino è un modo per ritrovare la propria interiorità portando con sé solo l’essenziale e vivendo ogni giorno le fatiche e le paure di un percorso sconosciuto ma ricco di inaspettate sorprese con la certezza di giungere alla meta completamente rinnovati e arricchiti dalle esperienze del viaggio. Presso il passo Cebreiro abbiamo pregato nella piccola chiesa romanica dove si è verificato un miracolo eucaristico e quindi abbiamo proseguito verso l’abbazia benedettina di Samos.Ma il momento più intenso è stato quando abbiamo potuto vivere da pellegrini il camino di Santiago. Abbiamo infatti percorso a piedi alcuni chilometri, da Labecolla fino al Monte Gozo. Siamo scesi dal pullman incamminandoci tutti insieme e anche chi aveva delle difficoltà non si è tirato indietro. In questo breve percorso abbiamo sperimentato cosa significa essere «popolo di Dio in cammino»: ci siamo aiutati e sostenuti a vicenda, abbiamo incontrato persone e abbiamo raggiunto la vetta del monte Gozo. Arrivando sulla piazza antistante la cattedrale la nostra emozione è stata ancora più forte: eravamo giunti alla meta e presto avremmo visitato la tomba dell’apostolo Giacomo.Il giorno successivo abbiamo partecipato alla Messa insieme a migliaia di pellegrini di tutto il mondo. L’immagine di tanta persone di ogni nazionalità tra cui molti giovani che pregano davanti alla statua di Giacomo non lascia indifferenti e ci richiama a quella fede universale che supera qualsiasi ostacolo e barriera rendendoci fratelli in Cristo.Se il pellegrinaggio si è rivelato un’esperienza di fede vissuta insieme, è merito anche delle persone che ci hanno saputo guidare con sapienza: monsignor Giovacchino Dallara e don Gianfranco Cacioli che ci sono stati vicini in questo camino.