A quaranta anni circa dalla Costituzione pastorale Lumen gentium, che leggeva con fiducia i mutamenti culturali, scientifici e tecnologici che avrebbero lentamente trasformato la società e la vita spirituale dell’intera umanità, Benedetto XVI, con lucidità ed efficacia, ridisegna i punti di forza e di debolezza di questa nostra epoca, individuando nel valore integrale della persona la risorsa a cui è rivolta tutta la Dottrina sociale della Chiesa.La Caritas in veritate, nella sua ricchezza e complessità, costituisce una sfida e una guida pensata non solo per i vescovi e i presbiteri, ma anche e soprattutto, come ama ricordare il Pontefice, «per tutti i fedeli laici» e tutti «gli uomini di buona volontà» in vista dei quali si tratta di ripensare e riproporre l’idea sempre viva e attuale dello «sviluppo umano integrale».Riprendendo e rilanciando il cuore del magistero di Paolo VI, esposto nella Populorum progressio, Benedetto XVI ricorda che il centro della Dottrina sociale è sempre e comunque la persona. L’essere personale è il progetto di Dio per la vita terrena in vista della beatitudine eterna. Da qui occorre riscoprire e rinnovare l’impegno sociale, economico e politico per la promozione di tutte le persone e di ogni persona. Il Pontefice dichiara che l’amore quando è diretto dalla verità ha la capacità di orientare e motivare tanto la giustizia, quanto la vita politica e istituzionale. Non può esserci vero progresso dove la persona non è rispettata nella sua dignità, come del resto non può darsi autentico sviluppo che non sia accompagnato da un adeguato rispetto delle libertà fondamentali degli esseri umani.La crisi della nostra società, prima di essere crisi economica e sociale, è crisi morale e spirituale, è crisi di valori e di ideali. Si assiste oggi ad un preoccupante appiattimento e livellamento dei bisogni spirituali dell’uomo, si allarga il fronte della spontaneità e dell’immediatezza a scapito di una visione integrale dell’uomo e della sua capacità di porsi e di progettarsi in modo critico dinanzi alla realtà che lo circonda. Così facendo si finisce per alimentare una cultura dell’indifferenza, della precarietà e del relativismo che finisce per atrofizzare la volontà di futuro e il desiderio della speranza.Tre sono le dicotomie con le quali la Dottrina sociale intende misurarsi: quella che separa la sfera economica dalla sfera sociale, il lavoro dalla ricchezza, il mercato dalla democrazia. Dinanzi a queste fratture la Caritas in veritate, come è stato più volte sottolineato (Stefano Zamagni), scommette sull’integralità della persona investendo sulle dimensioni della fraternità: mediante la quale riafferma il valore della diversità nell’eguaglianza; della libertà, che non è solo libertà negativa (da) ma anche e soprattutto positiva (di e per) e del bene comune che non è bene totale, ma investire sulle capacità personali come fattore decisivo dello sviluppo economico.Di fronte a una società post secolare e post ideologica che sembra aver smarrito la direzione, la Caritas in veritate, ritessendo la trama delle relazioni umane in vista del bene comune, sembra poter offrire la bussola per orientare l’agire umano e l’ossigeno per dare ad ogni progetto che interessa la persona, il respiro dell’infinito.di Donatella Pagliacci * docente di antropologia all’università di Macerata