E’ morto Emilio «Topolino» Mattei, un testimone fuori dal comune. Non era un gigante, era magro e, dal momento che giocava al pallone a Palazzo Graziani con don Duilio Mengozzi, era soprattutto molto agile. Tutto ciò gli era valso quel nomignolo di «Topolino». Abitava nel cantone in fondo alla piazza, dove inizia via dei Servi, e questo particolare ha fatto sì che, durante la guerra, Emilio fosse un testimone «privilegiato» di tutti i principali eventi, dai tumulti del 19 marzo alla distruzione della Torre di Berta. Emilio aderì alla vigilanza armata istituita, nell’agosto ’44, da alcuni volontari e partigiani intorno alle mura di Sansepolcro. In quest’ambito, decise di accompagnare Vito Meozzi e il figlio Pietro (coetaneo di Emilio, che all’epoca aveva 17 anni) che andavano a Sant’Arsa per cercare qualche vacca dispersa. Emilio pensò di accompagnarli, ma al momento di fare colazione alla fonte di Monte Vicchi, i tre furono sorpresi e catturati da un drappello di soldati tedeschi in ritirata. Il sottotenente fu ben felice di trovare dei civili a cui far trasportare zaini e casse, quindi il gruppo si mise in marcia verso i Prati Alti. Poi i tre furono condotti alla fattoria di Pozzuolo, sulla strada di Viamaggio, dove era stato allestito il quartier generale tedesco. Pietro Meozzi fu subito ucciso, mentre il padre Vito fu pestato a sangue. Poi Vito Meozzi ed Emilio Mattei furono condotti sotto una quercia dove era stata scavata una fossa in cui era stato adagiato il corpo di Pietro. Vito Meozzi scambiò la propria posizione con quella di Emilio, in modo da stringere la mano del figlio ucciso. Ciò salvò la vita al giovane, che non fu raggiunto dalla scarica di mitra. Anzi, «Topolino» ebbe il tempo di fuggire attraversando addirittura un campo minato. Dopo la guerra, Emilio Mattei è stato a lungo massaggiatore della squadra di calcio del Sansepolcro.Andrea Bertocci