Non ho mai pensato che l’ingresso di studenti stranieri a scuola potesse comportare soltanto problemi da risolvere. Da sempre sostengo che siano di più le opportunità da cogliere rispetto agli ostacoli da superare, che pure esistono. Insegno religione cattolica nelle scuole secondarie dal 1983 e in questi 26 anni ho visto crescere il numero di ragazze e ragazzi albanesi, rumeni, russi, cinesi, polacchi, iraniani, bengalesi, armeni, tanto per ricordare solo le nazionalità o etnie degli studenti che ho avuto nelle mie classi. Insieme alle zone di provenienza si sono moltiplicate le religioni professate dai giovani allievi che, ovviamente, non erano tutti cattolici ma, di volta in volta, cristiani ortodossi o evangelici, musulmani, buddisti. Agli studenti, nei primi incontri di settembre, propongo una specie di «promessa» che quest’anno ho aggiunto alla mia auto-presentazione scritta, in modo che assumesse una maggiore rilevanza: «Mi impegno con tutti voi a fare del mio meglio, come docente, ogni giorno e, soprattutto, a non discriminare il punto di vista sulla religione che ciascuno di voi ha: credente o non credente, cristiano o di altra fede. Il mio compito sarà quello di farvi comprendere il messaggio cristiano secondo la tradizione cattolica ma non certo quello di convertirvi o “tirarvi dalla mia parte”». La chiarezza iniziale e la capacità di rimanere fedeli alla linea di comportamento indicata producono effetti positivi e le ricchezze di ciascuno possono esprimersi liberamente. Le esperienze di vita che gli studenti portano con sé vengano da Arezzo o da altre parti del mondo, le convinzioni circa Dio, il mondo, il bene e il male, la salvezza si esprimono nel contenitore di idee e conoscenze, nello spazio di confronto e ascolto reciproco che diventa l’ora di religione. Succede talvolta che i riferimenti alle tradizioni o al credo di altre religioni siano più vivi perché testimoniati dall’esperienza personale e familiare di alcuni studenti. È successo più di una volta che abbia potuto imparare io stesso cose nuove o precisare le mie conoscenze nel colloquio con chi ne sapeva più di me non per averlo studiato sui libri ma vissuto in casa. In questo clima di rispetto reciproco, apertura e persino valorizzazione delle differenze, vengono fuori i tanti mondi religiosi dei giovani ma, sempre più spesso, si rende palese anche l’impossibilità (o incapacità) che taluni hanno di assumere un atteggiamento di accoglienza del mistero e così manifestano difficoltà verso la fede in misura sempre maggiore. Per questi motivi accade che la classe diventi una specie di istantanea del mondo globalizzato che espande i suoi confini in ogni direzione; un forum di discussione e contatto (reale e non virtuale come accade in rete o artefatto come si vede in tv) con molteplici visioni del mondo che vengono lette in relazione con la tradizione cristiano-cattolica non per squalificarle ma per meglio comprenderle e meglio comprenderci. Marco Bonci