A Casa Betlemme sta crescendo una fraternità di laici missionari alle sorgenti della vita umana, la cui opera si colloca nel capitolo quinto del Compendio della dottrina sociale della Chiesa.Nella cappellina della nostra sede, ad Indicatore, è conservato il Santissimo Sacramento per volontà dei vescovi succedutisi nei decenni. È dalla contemplazione del mistero dell’Incarnazione e dalla esaltazione della maternità di Maria che sgorgano sia la nostra azione sociale sia l’impegno formativo: un «cenacolo permanente di preghiera» che alimenta un movimento spirituale ed un movimento culturale.In questo primo mezzo secolo di cammino, in una rete di collaborazione con le istituzioni ed il volontariato locale, abbiamo sottratto alla morte qualche centinaio di piccoli innocenti, restituendo la libertà di non abortire ad altrettante donne, provenienti da ogni parte del mondo. Qualche tempo fa si presentò nel giorno di Natale una coppia musulmana con il bambino in braccio. Erano stati accolti qui nel periodo difficile della gravidanza: per ringraziarci mi vollero regalare un piccolo crocifisso d’oro, segno del rispetto che avevano sperimentato.L’accoglienza della vita è un sentiero (faticoso e scottante) lungo il quale ci si incontra e si possono cogliere con pazienza frutti meravigliosi, storie indicibili di umana catarsi. Nessuna donna è mai tornata pentita di aver scelto la vita: né la undicenne incinta, né la prostituta, nè la vittima di violenza. Tante altre, venute a condividere magari a distanza di decenni il trauma interiore di un aborto, le ho seguite in un cammino di accompagnamento spirituale usando lo sguardo della trascendenza, cioè l’unico farmaco capace di guarire il cuore dal tormento di quella ferita.In varie zone della diocesi abbiamo sviluppato «cenacoli itineranti di preghiera» per riportare nelle case, dentro le famiglie, la Parola di Dio e il Rosario insieme ad un’istruzione di base sul magistero in tali temi. Inseriti nei contesti parrocchiali, questi gruppi locali cercano anche di offrire un servizio ai bisogni del posto: così avviene che il cenacolo di una zona «adotti a distanza» una mamma o una famiglia in difficoltà segnalate dal gruppo di un’altra zona, dando vita ad una piccola rete di assistenza sul territorio diocesano.Il programma di Casa Betlemme promuove una «visione integrale» della persona, prendendosi cura delle sue povertà sul piano materiale, culturale e spirituale: è un servizio che cerchiamo di dare attraverso l’impegno personale e comunitario in una precisa Regola di vita: «ora, stude et labora».In quella che oggi è chiamata «emergenza educativa», la nostra risposta è basata soprattutto nella formazione a lungo termine: formare formatori attraverso «laboratori di bioetica cristiana» con cui forniamo a piccoli gruppi, in un percorso di 60 ore, le basi per muoversi nel dibattito etico contemporaneo. Il nostro scopo non è formare intellettuali della bioetica né spiritualisti disincarnati, ma «apostoli intelligenti». Nell’ultimo quinquennio abbiamo preparato una quarantina di persone: coppie, medici, insegnanti, catechisti, consacrati, operatori sociali, capaci di portare il Vangelo della vita «nelle pieghe più recondite dell’intera società» (Evangelium vitae, 80). La fraternità di Casa Betlemme si allarga di anno in anno, così come le collaborazioni in giro per l’Italia. In questo mese torneremo a Parma per un corso di formazione ai novizi della Fraternità francescana di Betania, e poi a Roma per tenere incontri alle famiglie «Ancilla Domini», dopo una bella esperienza estiva al ritiro nazionale di Frontignano. Altre date sono in programma anche in Svizzera.Di Flora Gualdani fondatrice dell’opera «Casa Betlemme»