Emozionante è l’aggettivo giusto per descrivere l’esperienza vissuta al XXIX convegno nazionale dei Centri di Aiuto alla Vita, svoltosi a Montecatini Terme lo scorso novembre. Il convegno, intitolato quest’anno «La dignità del vivere», si è aperto con un’autorevole tavola rotonda introdotta dal presidente Carlo Casini e con gli interventi di monsignor Sgreccia, di Marina Casini, di Pino Noia e del senatore Calabrò.Gli impegni di famiglia mi hanno consentito, tuttavia, di partecipare solo dalla seconda giornata, la quale, dopo una premessa di Carlo Casini sul bilancio del lavoro svolto dai Cav negli ultimi 35 anni, si è strutturata in una prima parte (la mattina) dedicata ai principali progetti in corso del Movimento per la vita (Mpv) e dei Centri di aiuto alla vita (Cav): il volontariato per la vita e i giovani, le case d’accoglienza per maternità difficili, il progetto Gemma di adozione prenatale a distanza, il servizio di primo ascolto telefonico Sos Vita, la culla per la vita per salvare i bimbi abbandonati, le attività culturali di documentazione, la presenza nella scuola e la collaborazione tra Cav ed enti locali. La seconda parte (pomeridiana) si è organizzata in gruppi di lavoro con laboratori specifici relativi all’approfondimento dei temi sopradetti.Il salone del Centro congressi Vittoria era gremito di persone, molte delle quali ormai da anni impegnate nel Mpv e nei Cav. Ma non mancavano giovani speranze per il futuro che rispondono all’esigenza di nuova linfa vitale e di rinnovato entusiasmo che la causa della difesa della vita richiede con forza. Gli interventi hanno evidenziato, oltre alle immancabili difficoltà da superare insieme, i tanti successi ottenuti nella difesa della vita. In particolare, il dato dei bambini salvati dai Cav nel 2009 sul territorio nazionale: oltre mille. Dato ancor più significativo se si pensa che nel 94 furono 88.Il momento culminante del convegno è stato il terzo giorno, in cui sono intervenuti gli autori di alcuni libri dedicati a casi di coraggiosa accoglienza della vita: i coniugi Bianca e Alessandro Lumetta, coautori del libro «Il figlio terminale»; Pietro Crisafulli, autore di «Con gli occhi sbarrati»; Michele Trotta, autore di «Francesco e l’Infinito». Nella sala gremita un silenzio assordante; tutti gli spettatori commossi ed immobili, compresi io e mio marito. Abbiamo ascoltato storie incredibili di amore: amore incondizionato per la vita, senza «se» e senza «ma». Storie di famiglie, di fratelli, di figli e di genitori: persone apparentemente normali, protagonisti di vicende familiari apparentemente «infelici», eppure così traboccanti di felicità, di gioia piena e vera, di benedizione, di amore. Tanto da far provare anche se pare assurdo quasi un senso di «invidia» per quelle tragiche realtà espresse nei sorrisi e nelle lacrime dei narratori.Rientrati a casa, abbiamo divorato quei libri e siamo stati nuovamente travolti dalle emozioni e abbiamo riflettuto molto. Ritengo che testi come questi dovrebbero essere letti nelle aule scolastiche e negli incontri con i giovani.Storie che ti fanno pensare al tuo modo di vivere e di concepire e affrontare la vita. Nelle parole di quei protagonisti, la vita ha un valore supremo e assoluto ma non in senso «teorico», bensì in concreto, nella vita quotidiana, nelle sfide di ogni giorno e di ogni notte: i dolori e le malattie; i viaggi della speranza da un ospedale all’altro; le notti insonni che durano mesi a volte anche anni; le delusioni; la freddezza e il distacco di certo personale medico; le insuperabili sentenze di morte; tutto viene vissuto con un coraggio e una tenacia che lasciano ammirati.Mio marito e io siamo usciti arricchiti, entusiasti e vogliosi di fare di più, in nome della vita, a tutela dei più deboli, primi fra tutti i bambini non voluti, «i più poveri tra i poveri della Terra», secondo le parole di madre Teresa di Calcutta.