La comunità parrocchiale della Santissima Annunziata, nel centro storico di Arezzo, si prepara alla Festa della Madonna delle lacrime che si terrà venerdì 26 febbraio. La chiesa nel cuore del capoluogo, con la sua Madonna delle Lacrime, è stata il principale santuario mariano degli aretini dalla fine del 1400 al 1796. Monsignor Coradini termina il suo studio sulla Santissima Annunziata, di cui fu per decenni parroco, con queste parole: «Il prodigio avvenuto nella cantina di via San Clemente, nel 1796, dette motivo all’erezione di un altro santuario, dedicato alla Madonna del Conforto, per proporzioni e per merito artistico non certamente superiore, che fece dimenticare agli aretini questa nostra chiesa, proprio come il conforto fa dimenticare le lacrime».«Non è bene dimenticare e non vogliamo dimenticare, ma ricordare», spiega l’attuale parroco, don Aldo Celli. All’origine sta la Compagnia della Santissima Annunziata. Sorta all’inizio del 1300, oltre a perseguire scopi di preghiera, penitenza e mutua assistenza, si è prodigata per secoli in opere di solidarietà: uno «spedale» come «rifugio e consolazione» di poveri, pellegrini, infermi (uomini); poi un altro per le donne e le ragazze madri (onde evitare gli aborti); la distribuzione di pane ai poveri, di doti alle ragazze indigenti.Nel primo ospedale nel 1444 fu collocata la stupenda immagine della Madonna, opera di Michele da Firenze, ora al centro dell’altare. Il 26 febbraio 1490 un giovane di La Spezia, pellegrino reduce da Loreto, colto da un improvviso uragano, si rifugiò nell’ospedale e, mentre pregava di fronte all’immagine della Madonna, udì dei lamenti e vide l’immagine lacrimare. In seguito a questo evento, la Compagnia della Santissima Annunziata intensificò la devozione mariana e le opere di carità; e costruì, con il concorso di tutta la città, l’attuale chiesa della Santissima Annunziata, disegnata da Bartolomeo della Gatta e portata a compimento da Antonio e Giuliano da Dangallo.In preparazione alla festa martedì 23 febbraio, mercoledì 24 e giovedì 25 è fissato alle 18.40 il Rosario cui seguirà la Messa. Venerdì 26 febbraio, giorno della festa, sono previste alle 10 la Messa, alle 16 il Rosario e la Messa, alle 17.30 il Rosario e la Messa con la celebrazione del Battesimo e la presentazione dei bambini che chiedono di ricevere l’Eucaristia.Don Celli ricorda che «le lacrime non sono segno di debolezza, ma di umanità». E sottolinea: «Tutti dovremmo essere capaci di emozioni e commozioni fino alle lacrime. Certo le lacrime sono segno di sofferenza, provocate dalla malattia, da un tradimento, da un lutto. Possono essere anche lacrime di gioia: ci sono esperienze di bellezza e di amore in cui mancano le parole e si piange. E possono scaturire da gratitudine». Il parroco cita Etty Hillesum, l’ebrea olandese morta a 29 anni nel 1943 ad Auschwitz: «La mia vita è diventata un dialogo ininterrotto con te mio Dio. A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei occhi rivolti al cielo, il mio volto si inonda di lacrime, lacrime che sgorgano da una profonda emozione e gratitudine. Anche di sera, quando sul mio letto, mi raccolgo in te, mio Dio, lacrime di gratitudine mi inondano il volto e questa è la mia preghiera». Le lacrime sono anche segno di compassione: tenerezza, pietà, condivisione delle sofferenze altrui. Forse Maria ha pianto tutte queste lacrime. Siccome il “segno” è avvenuto in un ospedale costruito «ad refugium et consolationem pauperum», Maria si è presentata, soprattutto, come «consolatrice degli afflitti». E ci invita a condividere le difficoltà e le sofferenze degli altri e assumere l’impegno di consolare gli afflitti.