Di fronte all’appiattimento culturale che si sperimenta anche nel territorio aretino, la Chiesa locale e le parrocchie sono chiamate a ravvivare il cammino di fede, a puntare sulla testimonianza autentica dei cristiani nei diversi ambiti della vita quotidiana e a favorire percorsi di formazione a vasto raggio. È la sfida che attende la diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro all’indomani del Convegno ecclesiale diocesano dello scorso 5 dicembre dedicato all’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate. Lo mette in evidenza il Consiglio pastorale diocesano che nell’ultimo incontro di martedì 23 febbraio ospitato dal Seminario di Arezzo ha riflettuto sulla crisi culturale del nostro tempo e sulle risposte che possono giungere dalla comunità ecclesiale.Il «pensiero debole». Come emerso dalle riflessioni di uno dei gruppi organizzati durante il Convegno ecclesiale sull’enciclica di Papa Ratzinger, la perdita di senso e la mancanza di pensiero sono alla base della crisi che colpisce la società nella quale viviamo. «La realtà di oggi ha spiegato Silvia Mancini, membro del direttivo del Consiglio pastorale diocesano, nella relazione introduttiva all’incontro appare come contraddistinta da una perdita dei valori più importanti che caratterizzano e accompagnano la vita di ciascuna persona. Gli atteggiamenti che dominano la società attuale portano inevitabilmente non solo alla perdita dell’identità individuale e comunitaria, ma anche alla perdita del senso spirituale della vita». Una tendenza in costante crescita che inevitabilmente implica una chiusura nell’individualismo e verso l’egoismo. «Tutto ciò conduce ha detto Silvia Mancini durante il Consiglio ad un problema ancor più grave: la progressiva carenza di testimonianza. Ma per non soccombere di fronte agli elementi di questa crisi, il popolo di Dio, presa coscienza delle difficoltà che ha di fronte, è chiamato a individuare proposte e iniziative per “contrastare” l’odierna mancanza di pensiero, ravvivando il cammino di fede di ogni cristiano».La formazione. Prioritaria diventa la formazione all’interno della comunità ecclesiale. Formazione che coinvolta in primo luogo gli adulti. È quanto emerso dai gruppi di lavoro che si sono svolti durante l’ultima seduta del Consiglio pastorale diocesano. «Occorre formare gli animatori e costruire luoghi nei quali formarli», è stata un’indicazione. Altri destinatari di un percorso formativo sono i genitori chiamati a trasmettere ai figli la fede. Poi ci sono le coppie che si preparano al matrimonio: «È essenziale che vengano guidate e non lasciate sole per contrastare quella triste percentuale che ha visto finire negli ultimi cinque anni circa il 30% dei matrimoni nella nostra diocesi», ha sottolineato l’arcivescovo Riccardo Fontana. Uno spazio privilegiato va riservato ai più giovani per dar loro le «bussole» con cui orientarsi nel mondo e non perdersi. Acquista dunque, in quest’ottica, un ruolo predominante il luogo dove far avvenire la formazione dei ragazzi, che «non deve essere intesa come mera preparazione accademica, ma come una scuola di vita», hanno evidenziato i gruppi di lavoro. Si pensa alla realtà dell’oratorio che, come ha affermato l’arcivescovo Fontana, «non deve essere inteso semplicemente come luogo, bensì come un progetto, in grado di seguire e accompagnare i ragazzi cosicché non si allontanino dalla Chiesa dopo aver ricevuto il sacramento della Cresima».La testimonianza. Uscire dalle parrocchie e dai luoghi «protetti», non rinchiudersi nell’autorefe-renzialità della vita parrocchiale, ma testimoniare la fede là dove ci si trova, nel proprio luogo di lavoro ad esempio. È la missione che spetta ad ogni battezzato ma che il Consiglio pastorale diocesano ha voluto ribadire con forza per uscire dalle sabbie mobili dell’appiattimento culturale. Nel corso dell’incontro è stato messo in luce come serva superare «la paura di essere derisi» e occorra far leva sul «positivo contagio» che il buon operato porta con sé. Un ruolo di primo piano viene giocato dall’impegno culturale, ma anche sociale. E non va dimenticato ha affermato il Consiglio pastorale diocesano che oggi è quanto mai urgente intessere relazioni credibili per annunciare al “vicino di casa” la luce del Risorto.Il ruolo della diocesi. «Un territorio molto vasto che include al suo interno molte e differenti sensibilità». Così monsignor Fontana si è espresso di fronte al Consiglio pastorale per descrivere la realtà diocesana. «Il compito degli Uffici pastorali è molto importante ha proseguito il presule . Senza il loro aiuto sarebbe impensabile poter coordinare una comunità così vasta, dando spazio a ciascuna delle differenti realtà presenti nel territorio, che devono poter essere rappresentate in Consiglio» È dunque fondamentale che interagiscano tra loro i 22 Uffici pastorali. «Per non trasmettere ai fedeli una visione clericale della Chiesa ha sottolineato Fontana rivolgendosi ai membri del Consiglio diventa di primaria importanza accrescere la comunione non solo tra voi che siete preziosi terminali di un sistema comune, ma nell’intera Chiesa locale».di Riccardo Ciccarelli