Il premio «Scuola di qualità» per gli istituti comprensivi, indetto ogni anno dall’istituto «Lucio Voluseno» con il concorso di molte istituzioni, è stato celebrato quest’anno a Badia Tedalda. Due giorni densi di iniziative e di stimolanti confronti. È stata l’ottava edizione e ormai è un appuntamento consolidato, anche se quest’anno si è verificato un calo di partecipazione. Ma la geografia delle scuole che hanno inviato i loro progetti conferma ancora una diffusa attenzione: da Brescia a Cuneo, da Treviso a Latina, da Frosinone e a Perugia fino a Pisa per citare alcune provenienze.Si sono classificati nell’ordine, giudicati da una commissione presieduta da Carlo Fiorentini, presidente del Cidi di Firenze, l’istituto comprensivo «San Fior» di Treviso, l’istituto comprensivo di Gambettola (Forlì-Cesena), l’istituto comprensivo di Susa (Torino), l’istituto «Pietro da Cemmo» di Capo di Ponte (Brescia), l’istituto comprensivo «Manzoni» di Trescore (Cremona). Un parterre di tutto rilievo ha accolto le scuole, sotto il coordinamento, sempre puntuale e appassionato vera anima di questa edizione dell’assessore del comune di Badia Tedalda, Manuela Marsili. Fra i presenti il provveditore Alfonso Caruso, i sindaci di Badia Tedalda Fabrizio Giovannini e di Sestino Elbo Donati, l’assessore provinciale Carla Borghesi, il presidente dell’Uncem Toscana Oreste Giurlani e il vice-ministro all’istruzione della Repubblica di San Marino nonché membro del Consiglio d’Europa a Strasburgo, Mara Valentini. Per gli onori di casa, il dirigente dell’istituto «Voluseno» di Sestino e Badia Tedalda, Giuseppe Lamberti. I progetti presentati danno uno spaccato variegato degli impegni della «scuola di base» ma merita sottolineare che i vincitori hanno affrontato temi di grande e spesso attualissima importanza. Il progetto che ha vinto, per esempio, ha studiato la storia degli ebrei, partendo dal cimitero di un ghetto presente nella loro città. A Susa hanno operato sull’amicizia tra popoli e realtà diverse, con scambi internazionale. La storia del Novecento a Capo di Ponte è stata studiata con le memorie dei genitori e dei nonni fino ad approfondire la tragedia dell’olocausto. Ma anche progetti costruiti e realizzati in «solidarietà» tra differenti classi o scuole. Dunque una scuola bella, che lavora, che merita l’attenzione davvero delle politiche nazionali e locali. E vederle tutte in fila, quassù a Badia Tedalda, fa un certo effetto. L’onorevole Valentini si è presa l’impegno di portare questa esperienza del «Lucio Voluseno» a Strasburgo per iniziative europee. Così come Giurlani ha sottolineato la soddisfazione dell’Uncem per l’avvio del progetto «Errequ@dro» in tredici comuni montani e insulari della Toscana, cui seguirà un altro progetto di eccellenza già avviato «A scuola senza zaino» ed «Errequ@dro2», in collaborazione con il Ministero.La montagna in cattedra si potrebbe sintetizzare. È in fondo lo sposalizio di piccole scuole che rincorrono la qualità con le nuove tecnologie, con le lavagne Lim e, soprattutto, una rete di scuole che si parlano a distanza e annullano l’isolamento. La tecnologia a servizio dell’uomo per superare distanza e costruire conoscenze e conoscenza.Il laboratorio di aggiornamento per insegnanti, tenuto dai docenti universitari Agostino Frigerio dell’università «Bicocca» di Milano e da Massimo Fagioli, responsabile della sezione «didattica e formazione» dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, ha approfondito il rapporto fra tecnologia, innovazione e tempo della scuola. Sottolineato che le tecnologie sono strumenti e come tali vanno usati e pensati non si deve immaginare che l’alfabetizzazione informatica si identifichi con l’idea di modernizzazione. Una sintesi del dibattito può essere questa: in una «società dell’accelerazione» occorre una «scuola del rallentamento». Le fasi evolutive non sono state cancellate dal progredire tecnologico e quindi l’allievo deve avere tempi per apprendere e interiorizzare le conoscenze, altrimenti le informazioni che cadono addosso ai ragazzi restano sottili e temporanee. La scuola, infatti, è il luogo della riflessione ed anche il luogo della «mediazione» tra la veduta o il sentire soggettivo e la «vulgata» collettiva.E poi il ruolo della scuola in montagna, nelle piccole realtà, sempre proclamato ma spesso declinato sotto la temperie dei numeri. Lo ha sottolineato, tra gli altri, il provveditore Caruso, che ha sempre difeso l’indifendibilità numerica dell’istituto di Sestino e di Badia Tedalda, e di altre realtà della provincia di Arezzo. Tanta tenacia per le «piccole e grandi» scuole del territorio. di Giancarlo Renzi