E’ la fine dell’anno scolastico e le materie elaborate tra i libri e le schede trovano finalmente il sole invitante a scoprire le pagine della natura. Il Sasso di Simone è sempre un catalizzatore di attenzioni e di progetti didattici. È il libro aperto che racconta la natura, la storia, il lavoro, la letteratura popolare e la fede.Così l’istituto «Voluseno» di Sestino ha dedicato due giornate al Sasso di Simone. Scarponcini ai piedi, zainetto a tracolla, e via per i viottoli lastricati da antichi scalpellini e poi sulle erbe dei prati, dove si è accasata la primavera a scoppio ritardato. Già tortore, fringuelli, gazze, rigogolo e il raro assiuolo fanno concerto. Sono «rumori» che non frequentano le aule: anzi sono «concerti nei silenzi» sui quali sostare, carpire i fruscii, o lo scalpitare breve del Seminico il torrente del dio Semo che lucida i massi della grande frana di travertini osservata dai satelliti.Fauna e flora vengono scoperte tra la macchia mediterranea, i ciuffi di rosa canina e l’erba rigogliosa dove già le Chianine passeggiano golose. Un tempo raccontano gli insegnanti c’era guerra tra le comunità confinanti per impadronirsi di queste pasture, che davano latte abbondante e formaggi di gusto.La rupe incanta. Anche se già per molti è un paesaggio conosciuto, ora è la guida esperta della Riserva naturale, Luciano Crescentini, che insegna a leggere i calanchi, le tinte variegate delle terre un tempo chiamate «bolari», i cromatismi della fiancata a strapiombo: sembra «una portaerei, con gigantesche murate e una lunga pista sulla sommità», ha scritto Paolo Rumiz. Un bastimento che naviga sotto il cielo azzurro intenso, picchiato da piccole ali bianche, come vele tra stella e stella. Nel silenzio si ricorda una poesia di Tonino Guerra: attenti, si sente il respiro dei dinosauri, ancora dormienti dentro gli anfratti della montagna. Da qui, infatti, vengono alcuni dei reperti paleontologici con milioni di anni all’anagrafe, ospitati nel Centro visite della Riserva.È una escursione-pellegrinaggio: su questa montagna hanno dato vita all’«ora et labora» benedettini usciti dal «sussidiario» e qui rifugiati per essere custodi del creato. Se scendevano dalla montagna tra le genti delle borgate e dei castelli, dalle borgate e dai castelli salivano contadini, pastori, pellegrini e povera gente, per un ricovero e un briciolo di assistenza. Di questa storia lontana è rimasta fino ad oggi la «Festa al Sasso» che si celebra la seconda domenica di agosto: si sale al Simone e la meta per tutti è la croce nella prateria sommitale, con un rustico altare. Le vette sono più vicine al cielo. Contengono un respiro di sacro che ha percorso i millenni. Come il Sinai o il Golgota.I cuori dei bambini assaporano meglio il senso di essere «creature». E che tanta bellezza, intravista tra i libri, ora è nelle loro mani, da custodire per sempre. Una scalata al Sasso di Simone è un po’ il premio di un anno di lavoro, che la scuola pratica con intelligenti finalità didattiche.di Giancarlo Renzi