Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Sarò un raggio dell’amore di Dio con la mia gioia e la povertà».

E’ una gioia per tutti l’ordinazione di un nuovo sacerdote. Il cuore è pieno di riconoscimento e di gratitudine. Ma la gente non capisce le ragioni di questa scelta. Ringraziamo il Signore che sceglie e chiama gli operai per la sua messe. Questa scelta e questa chiamata sono la testimonianza tangibile della divina audacia che assume l’aspetto di un rischio. Ogni alleanza di Dio con l’uomo è un rischio. È stato così fin dall’alleanza adamitica in cui si vede Dio correre il rischio e l’uomo allontanarsi da lui. Ma il sacerdote è l’amore del cuore di Gesù, diceva Jean-Marie Vianney. La cosa più sorprendente e, al tempo stesso la più straordinaria, è che Dio continua a chiamare all’alleanza. È il segno che Dio ci dà ancora fiducia. E sia benedetto per tutte le alleanze che continua a stipulare con noi, suo popolo.In effetti, la presenza di un prete in una famiglia diventa una fonte di santificazione per questa famiglia. E, allo stesso tempo, la famiglia diventa il primo campo di apostolato del sacerdote. Ma al di là della casa, vi è la famiglia ecclesiale che costituisce un regno di santità. Ogni battezzato partecipa alla funzione sacerdotale regale e profetica di Cristo, Gran Sovrano e Sacerdote della nuova ed eterna alleanza.L’esperienza ci insegna che la vita sacerdotale è particolarmente emozionante ed esaltante. Il sacerdote, tuttavia, è paragonabile ad una pianta di rosa. I bei fiori fioriscono su un corpo di spine. La vita sacerdotale è piena di gioia, ma la gioia deriva dai sacrifici di una vita che richiede un grande sforzo. Tuttavia gli sforzi sono nulla senza la grazia di Dio. L’essenziale è ricominciare e non fermarsi mai. Dobbiamo guardare a colui che ci chiama. È così che il sacerdozio rimane un cammino di non ritorno. Si diventa un mediatore fra Dio e gli uomini, un custode della misericordia di Dio e della grazia divina, un imitatore della pazienza di Dio, mistico servo della Trinità, un uomo di discernimento, un uomo della Provvidenza, il custode e amministratore dei misteri di Dio. Questo è ciò che siamo chiamati ad essere in questo mondo.Secondo la visione ignaziana di fede vissuta e celebrata ogni giorno, è Dio che si dona in ogni momento. Lasciarmi ordinare vuol dire consacrare ogni mattina, giorno dopo giorno, vivendo in una Pentecoste personale ed ecclesiale. Ogni giorno entrare nella obbedienza di Cristo per diventare un raggio del suo amore in una povertà evangelica, casta e sempre felice sulle strade del mondo. Una volta ordinato in Cristo e alla sua Chiesa, la mia vita non è più mia ma viene donata. Il sacerdote è un «alter Christus servus ». Egli s’identifica con Cristo ed è chiamato a vivere con lui ovunque e in ogni momento. Il Signore susciti nel cuore del suo umile servitore il fuoco dell’amore che brucia e il Padre nello Spirito m’investa della sua bontà.Un’espressione semplice ma densa esprime mirabilmente i sentimenti che mi animano adesso: ringraziamento e gratitudine. Grandi cose ha fatto il Signore per me e santo è il suo nome, dovrei dire con la Vergine Maria per ringraziare Dio che mi ha chiamato per servire i miei fratelli. È un dono meraviglioso che il Padre mi conceda nonostante i miei limiti. Non è un merito da parte mia di essere un sacerdote. È per grazia che il Signore mi ha scelto, per farmi suo umile servo fra gli uomini. Dico un sincero ringraziamento al Signore. Il suo sostegno e la sua presenza edificante e fedele che è stato per me come una corazza nel cammino siano ancora per me appoggio per l’annuncio del Vangelo, nonostante le difficoltà immaginabili e inimmaginabili che potrò incontrare nell’esercizio del ministero sacerdotale. Il suo Spirito mi guidi e mi consoli. Non sono più io che vivo, ma Cristo e i suoi angeli. Possano essi consacrarmi ogni mattina per un ministero di gratuità sotto la materna protezione di Maria, Regina degli angeli e Madre del sacerdozio.di Stanislas Aimé