Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Baldassarre, il pellegrino delle croci in Valdichiana.

«Baldassarre». Chi era costui? Rimuginavo tra me questa domanda come il don Abbandio di manzoniana memoria, quando Santino Gallorini mi informò che aveva dato alle stampe la sua ultima fatica letteraria, dove avrebbe narrato la vita di questo singolare personaggio Ora che il libro, fresco di stampa, sta per essere presentato al pubblico, abbiamo intervistato l’autore.Dunque chi era Baldassarre?«Chi, girando per le campagne della Toscana e dell’Umbria, non ha visto croci con i simboli della Passione (canna, lancia, galletto, chiodi, martello, tenaglie, ecc.) lungo le strade, agli incroci, vicino ad una chiesetta? Croci magari incorniciate da qualche svettante cipresso, spesso sopra un basamento con un’iscrizione o una data. Molte di queste croci furono innalzate nella prima metà dell’Ottocento da un personaggio ai suoi tempi famosissimo, considerato un santo: Baldassarre Audiberti da Vercelli, morto nel 1852 nella casa canonica di Ottavo, non lontano da Castiglion Fiorentino, e sepolto nell’adiacente chiesa di Santa Maria».Viene subito da pensare ad un personaggio singolare.«Certamente fu avvolto dal mistero delle sue origini e degli avvenimenti dei primi trent’anni della sua vita. Sul suo conto fiorirono varie leggende, che lo vollero vescovo scismatico francese, poi pentito, oppure generale napoleonico, che disgustato dalla guerra e dalle sue efferate violenze, avrebbe trasformato il fucile e la sciabola in una croce. Arrivò in Toscana verso il 1790, dicendosi originario di Vercelli. Era suo desiderio peregrinare fra i tanti santuari della regione e di quelle limitrofe, mendicando quel poco che gli serviva per vivere. Per circa sessant’anni percorse il centro Italia come umile pellegrino, amato e venerato dalle popolazioni, ma anche da sacerdoti e vescovi. Gli attribuivano doti soprannaturali e vari miracoli; in particolare la guarigione degli ammalati. Fu stimato da tanti parroci e vescovi della Toscana, fra i quali gli arcivescovi di Siena e di Firenze. Anche il Granduca Leopoldo II lo ebbe in stima se nel 1831 lo chiamò al capezzale della morente moglie Nanny, e in Palazzo Pitti a Firenze, nel turbolento 1848, gli chiese consiglio».Quale lo scopo di questo suo lungo peregrinare?«Come ho già detto, percorse in lungo e in largo il centro Italia innalzando croci con i simboli della Passione. Ne innalzò ovunque, a centinaia. Pensate che ad Agliana di Pistoia, in soli tre giorni partecipò alla collocazione di ben ventiquattro croci. Gli ultimi anni della sua vita li trascorse, paralizzato, nella canonica della parrocchia di Ottavo, presso Castiglion Fiorentino, ospite del parroco don Polvani. Morì nel 1852 e il suo corpo fu imbalsamato, per poterlo poi esporre per quattro giorni alla devozione di migliaia di fedeli, accorsi da ogni parte. Infine, fu adagiato in una cassa, a sua volta inserita in una controcassa e poi sepolto nella chiesa di Ottavo. Il parroco tagliò un suo vestito in tantissimi frammenti, che poi cucì su fogli di carta autenticati dalla sua firma: spiegò che erano ricordi del pellegrino di Vercelli. Pochi anni dopo la sua morte, la Toscana entrò a far parte del neonato Regno d’Italia e quindi lui, benvoluto dal Granduca, diventò un “santo” del vecchio regime, con il conseguente blocco dell’eventuale processo canonico. In ogni caso, Baldassarre continuò ad essere amato dai suoi toscani, che per decenni ne conservarono la memoria, ancora viva in tante aree della Toscana, come l’Amiata, il Volterrano, il Pistoiese. Sulla montagna cortonese è vivo ancora oggi il detto “O chi ti credi di essere, Baldassarre?”, rivolto a chi manifesta troppo zelo religioso».Come hai potuto rintracciare le memorie che riguardano Baldassarre tanto da formarne un libro?«Dopo circa dieci anni di ricerche negli archivi statali, diocesani e parrocchiali. Aiutato da tanti lettori di giornali e di periodici in cui avevo pubblicato articoli su Baldassarre, nonché dagli Audiberti di Francia e d’Italia, ho raccolto documenti, memorie, croci ed altri elementi riconducibili al penitente di Vercelli. Ne è nato un libro di circa 250 pagine, con più di 115 foto, intitolato Pellegrino verso il cielo. Baldassarre Audiberti, il santo delle croci, stampato da Edizioni Effigi di Arcidosso (Grosseto). La prefazione è stata fatta dal cardinale Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano».Una prefazione di prestigio. Quando la presentazione?«Martedì 14 dicembre, alle ore 16, presso l’aula magna dell’Istituto tecnico commerciale «Buonarroti» di Arezzo, Franco Cristelli della Società Storica Aretina e monsignor Vittorio Gepponi, dell’Istituto superiore di scienze religiose di Arezzo, presenteranno il volume».Che cosa può significare oggi la vita di Baldassarre?«Rispondo con le parole stesse che il cardinale Comastri: “Che cosa ci può dire, oggi, la storia avventurosa di quest’uomo? Innanzitutto ci ricorda che siamo tutti pellegrini: siamo appena accampati in questo mondo e ogni giorno facciamo un passo verso l’eternità. Come sarebbe logico e intelligente non attaccarci troppo alle cose di quaggiù! Baldassarre Audiberti ci ricorda che, nel viaggio della vita, c’è un segnale di speranza, c’è una luce che illumina il cammino: è la croce di Cristo! San Francesco d’Assisi, anch’egli pellegrino e penitente come Baldassarre Audiberti, quando guardava il Crocifisso si commoveva e piangeva e sentiva un grande dolore per il fatto che gli uomini non rispondono con amore all’amore del Crocifisso. Possa questa originale biografia restituirci il cuore del pellegrino e lo sguardo limpido di san Francesco d’Assisi e di Baldassarre Audiberti”». di Benito Chiarabolli