Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Sansepolcro, l’ospedale sarà ancora potenziato.

L’assessore alla sanità di Sansepolcro, Mario Menichella, traccia un bilancio dopo quattro anni e mezzo come amministratore locale. Anni in cui l’ospedale di Sansepolcro è stato al centro di polemiche e di insistenti voci di corridoio che insinuavano l’imminente chiusura. Oggi la struttura rappresenta un riferimento per il territorio ed è in continua evoluzione.Assessore, qual è l’attuale situazione della sanità a Sansepolcro?«Siamo in un percorso di risalita rispetto alla situazione iniziale che vedeva i risultati di una penalizzazione riconosciuta anche dall’assessore alla sanità della Regione. Da lì siamo partiti alla ricerca di unità tra tutti i sindaci. Tutti dicevano: “L’ospedale si chiude”. Ho cercato di lottare contro il clima di sfiducia e di pessimismo. Il momento decisivo è stato la sospensione dei servizi sanitari dell’ospedale nel febbraio 2009. I titoli dei giornali deviavano dalla realtà: al contrario era il momento del rilancio. Abbiamo dato il via ai lavori a partire dal rifacimento dell’impianto elettrico dalla cabina generale e abbiamo riaperto dopo dieci giorni. È stata l’occasione anche per rifare altri lavori modesti come la segnaletica interna informativa e ma anche di rilevo come le sale operatorie nonché dotare l’ospedale di servizi informatici con un cablaggio fino alle camere. Il primo febbraio è partita l’attuazione del protocollo centrale firmato da tutti e finanziato subito dall’ex direttore generale della Asl di Arezzo, Monica Calamai. È stato un grande risultato visto che a pochi mesi dalla firma c’è stata la crisi economica che avrebbe impedito di finanziare il protocollo. Invece il documento è stato inserito nel piano della Provincia di Arezzo ed è stato finanziato con ben 4 milioni e 800 mila euro. Anche il pronto soccorso è stato rinnovato sia negli spazi che nelle tecnologie e questa è davvero un’eccellenza e adesso la notizia è che procedono i lavori per l’emodialisi che prevederà addirittura un notevole numero di posti letto: tredici più due per le malattie infettive, servizio di cui potrà usufruire anche Città di Castello in quanto non ne è ancora dotato. Questo lavoro procede alacremente ed è prevista la conclusione per la primavera prossima».Sono previsti altri interventi per il futuro? E come ridurre le liste d’attesa per gli interventi e gli esami diagnostici? «Procederemo con l’area chirurgica, accorpando chirurgia con ortopedia creando due nuove sale per endoscopia, la nuova sala gessi, la day-surgery con un servizio di pre-ospedalizzazione per effettuare interventi chirurgici programmati. Però tutto questo serve per instaurare un circolo virtuoso perché la tecnologia non basta e serve personale specializzato per una riorganizzazione di qualità. Ci sarà da rivedere il protocollo per il servizio di terapia sub intensiva che sarà affidata alla cardiologia per curare i casi più gravi e stabilizzarli. La conferenza di sindaci ha già predisposto finanziamenti per trasformare un endocrinologo in cardiologo e per avere un nuovo cardiologo per affrontare i problemi delle lunghe liste d’attesa. Inoltre la radiologia vedrà a gennaio un lavoro di ristrutturazione muraria e tecnologica e la conseguente riorganizzazione del personale. Stiamo anche lavorando di concerto con il nosocomio tifernate per poter avere il servizio notturno dell’elisoccorso attualmente limitato a dodici ore».E per quanto riguarda le guardie mediche? È un problema molto sentito soprattutto nelle zone montane.«È una questione aperta che ha visto un’acuta contrapposizione con la direzione. Noi siamo riusciti a ridurre il taglio e oggi disponiamo di tre guardie mediche con turnazione tra Sestino e Badia mensile per coprire la zona; per il resto si è pensato di disporre due unità a valle per servire gli altri Comuni. È una razionalizzazione presente in tutta la Toscana. Sono previste forme di intervento presso Pieve Santo Stefano di organizzazione diversa della medicina di base sul modello di casa della salute di Castiglion Fiorentino ma ancora da attuare».Cosa ne sarà dei servizi territoriali in una zona come quella valtiberina che presenta molte problematiche riguardo alla viabilità?«Il protocollo investiva anche i servizi territoriali e conosciamo bene le difficoltà della viabilità della Valtiberina. È stata avviata l’assistenza pluridisciplinare coordinata dal medico di base rispetto a pazienti che hanno subito un ictus e che hanno scompensi cardiaci di ipertensione e di diabete: si tratta di pazienti con malattie croniche che con una diagnosi precoce e assistenza costante da parte delle diverse specializzazione possono avere una qualità delle vita nettamente migliore. Questo incide anche sul fattore economico perché ci consente utilizzando le risorse sulla base di questo modello organizzativo di evitare i ricoveri. Del resto questo modello è stato avviato dal primo gennaio anche in Valtiberina dopo la definizione delle linee guida da parte della Provincia di Arezzo nel 2009».di Elena Girolimoni