Nella lettera pastorale dell’arcivescovo, Riccardo Fontana parla delle radici cristiane. «Dobbiamo rileggere la propria storia, ricuperando dal patrimonio della sua tradizione quel profilo di Chiesa che le appartiene», scrive il presule. A distanza di venticinque anni dal presepe vivente realizzato in una capanna del «Mesoglio» di Policiano, si è di nuovo avverata la sacra rappresentazione dentro la chiesa di Policiano alla presenza di tanti spettatori. Nella zona si vive da oltre cento anni lo spirito francescano trasmesso dalle Suore di Santa Elisabetta del Casalino. E ogni anno nella parrocchia guidata da don Angiolo Valli vengono realizzati presepi insoliti ma che rispecchiano la storia locale.Quest’anno è stato commemorato il presepe vivente del «Mesoglio» del 1985. Una ventina di giovani (e meno giovani) della parrocchia, con Bruno Valenti (attore, regista e scenografo abitante a Policiano), ha costituto il gruppo teatrale «I Francescani». Alla vigilia dell’Immacolata hanno invitato la comunità dell’area pastorale per la rappresentazione di dieci episodi della vita di san Francesco. Fra le scene quella che ha commosso di più è stata la raffigurazione vivente del primo presepe ideato a Greccio dal santo.Alcuni hanno voluto ricordare e rileggere dal giornalino parrocchiale del tempo quando andò in scena il primo presepe vivente a «Mesoglio», un gruppetto di case (solo cinque famiglie) al confine della parrocchia: «Una ragazzina, all’inizio di dicembre, mi chiese il parere per realizzare un presepe vivente, fatto dai ragazzi del Mesoglio (in tutti nove). Le mamme di questi bambini non credevano a una concreta realizzazione del progetto ma, quando si accorsero che l’impegno era serio, anche loro si dettero da fare per realizzare i costumi». Poi un miracolo. «Quando gli uomini si resero conto della serietà con cui non solo i giovani figli ma anche le mamme e le nonne intendevano fare una parte, s’inserirono per allestire, in una capanna diroccata, un luogo dove si poteva rievocare dal vero la realtà di Betlemme». Nella notte di Natale, alle 21, era tutto pronto per la rappresentazione. E gli abitanti del piccolo nucleo di case si trasformarono in un presepio vivente. «Il bello era che non esistevano spettatori, perché ognuno era diventato attore. Nel fervido clima che si era creato sgorgava spontanea una preghiera al Salvatore assieme a qualche lacrima di commozione». La popolazione della parrocchia non era stata presente perché ignara, come a Betlemme. Era informato solo don Angelo che riprese la scena. Il giorno dopo, attraverso uno schermo messo nel presepe di chiesa, tutti ammirarono l’accaduto. La comunità s’incuriosì e richiese la replica che fu stabilita per il 5 gennaio.