Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Noi, giovani della diocesi nell’Abruzzo ancora ferito».

Dal 5 al 7 gennaio una ventina di giovani della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro si è recata a Villa Sant’Angelo, alle porte dell’Aquila, per stare accanto alle popolazioni ancora duramente colpite dal terremoto dell’aprile 2009. L’iniziativa, con il coordinamento dalla Caritas diocesana, si inserisce in un percorso di sostegno materiale e di animazione pastorale, iniziato subito dopo la fine della prima emergenza. Il gruppo è stato guidato da Alessandro Buti, vice-direttore della Caritas diocesana. Così è nata la collaborazione con il gruppo interparrocchiale di Camucia «Diamogustoallavita», con la «Compagnia della speranza» di Arezzo e con i giovani che svolgono il servizio civile presso la Caritas. «L’iniziativa intende proseguire nel cammino fatto di prossimità e di sostegno alle persone colpite dal sisma – spiega il direttore della Caritas diocesana, don Giuliano Francioli –. La logica che ci guida non è l’assistenzialismo, ma l’individuazione dei bisogni e delle necessità che possano risollevare e ricollocare dal punto di vista sociale ed economico le persone, soprattutto i giovani, ancora residenti nei luoghi devastati dal sisma. Inoltre, è un’importante esperienza formativa e di crescita per i nostri giovani».Tra i volontari c’erano anche Alfonso, Luisa e Samuele che, a conclusione delle feste natalizie, sabato 8 gennaio, nella chiesa di Cristo Re a Camucia, hanno presentato una testimonianza di prima mano.Quando ha preso il via il progetto di sostegno alle popolazioni dell’Abruzzo colpite dal terremoto?«Nella prima settimana di agosto 2010 – informa Alfonso – siamo andati come volontari a Villa Sant’Angelo e a Fossa, due paesi vicino all’Aquila, colpiti il 6 Aprile 2009 dal terremoto, insieme alla Caritas diocesana e ad altri giovani del Borghetto e di San Giovanni Valdarno. Eravamo 28 giovani. L’iniziativa era inserita nel progetto della Caritas regionale e nazionale; un’esperienza importante perché ha permesso di conoscere realtà diverse e di collaborare in maniera così stretta, costruendo l’intera esperienza in maniera condivisa. Pensate, siamo andati a Villa Sant’Angelo, un paese di soli 450 persone, dove il sisma ha fatto 17 morti».Qual è stato l’impatto con una realtà ancora ferita dal sisma?«È stata un’esperienza molto forte anche dal punto di vista emotivo, perché ci ha posto davanti a situazioni difficili e molto toccanti. Ci siamo presi cura soprattutto delle persone. Infatti non siamo andati tanto a portare del materiale, ma abbiamo portato noi stessi, il nostro essere giovani a delle persone che hanno perso le proprie cose, i propri affetti, ma anche la speranza per il futuro in questa grande tragedia. Abbiamo messo a disposizione semplicemente noi stessi e ci siamo occupati di un centro estivo per i bambini. Ma abbiamo voluto anche incontrare e conoscere le persone che vivevano in questi due paesi, con particolare attenzione ai giovani. Il nostro semplice stare ad ascoltare, volendo conoscere le storie, la storia, la cultura, le tradizioni di quei posti è stata molto apprezzata per il rispetto e la spontaneità con cui ci siamo posti accanto a queste persone. Il nostro era un gruppo molto eterogeneo, perché si sono trovate insieme persone che si conoscevano poco o che addirittura non si conoscevano, persone di età diverse, tutte immerse in una situazione totalmente nuova. Il primo miracolo è stato quello di aver vissuto insieme una settimana, aver condiviso tante cose, aver lavorato insieme sempre nel rispetto reciproco, con un’attenzione particolare all’altro, con il cuore sempre pronto a donarsi e senza aver paura di spendersi con coraggio».Come sono state vissute le feste natalizie intorno all’Aquila?«Siamo partiti con l’idea di animare una festa per la befana, nel paese di Villa Sant’Angelo – spiega Samuele –. Ma, volendo trovare un modo più diretto per salutare le persone, abbiamo preparato, prima di partire, dei regalini costituiti da un calendario con le foto della nostra esperienza estiva e pacchetti di cioccolatini e caramelle per i più piccoli. Eravamo sistemati nel campo della Caritas di Pile, nella periferia dell’Aquila dove, appena arrivati, ci hanno subito accolto con un pasto caldo e dove non ci hanno mai fatto mancare niente. Dopo una rapida riunione per capire meglio la situazione dei volontari che stavano lì già da tempo e per decidere come muoverci nei giorni seguenti, siamo subito partiti per Villa Sant’Angelo, dove abbiamo cominciato ad andare per le case, per incontrare le persone, portando saluti, consegnando regali e invitandoli alla festa che si sarebbe svolta il giorno seguente. Tornati al campo, si è svolta la “serata” organizzata dai volontari fissi; in particolare abbiamo fatto canti e balli tutti insieme per scioglierci un po’, poi sono seguite le presentazioni dei nuovi arrivati e le testimonianze delle persone che concludevano l’esperienza e che sarebbero partite il giorno seguente. Alla fine è stato proiettato un filmato che riassumeva la vita del campo dalla sua costruzione in poi. Per concludere, un momento di preghiera finale e poi tutti a letto. Il giorno dopo, festa dell’Epifania, ci siamo divisi per partecipare e animare la Messa a Villa Sant’Angelo e a Fossa e, dopo il pranzo al campo, abbiamo cominciato ad animare la festa a Villa: balli, canti, giochi, arrivo della befana, partite di calcetto e varie tombolate. I premi più graditi? Le terrecotte di Cortona, ma anche premi più stravaganti, come barattoli di fagioli, piselli, pacchi di pasta, pandoro panettoni, che hanno comunque riscosso l’attenzione dei partecipanti, che si sono sfidati agguerritamente. Per cena abbiamo condiviso quello che ciascuno aveva portato. Dopo cena ci siamo sbizzarriti in altri giri di tombola, fino a finire tutti i premi. La mattina seguente abbiamo assistito all’inaugurazione del ponte che permette l’accesso alla nuova scuola materna ed elementare di Fossa, donata dalla Caritas italiana. È stato bello vedere come, in queste situazioni, molteplici realtà possano collaborare per fini comuni e di grande valore sociale».Fra i ragazzi che hanno perso parte alla «spedizione» di tre giorni all’Aquila promossa dalla Caritas diocesana c’era anche Luisa. «Di storie ne ho sentite tante – racconta – ma in particolare ce ne sono state tre che mi hanno particolarmente scosso. Quella di Renato, un simpatico pensionato di 78 anni, coi capelli grigi e due magnifici occhi verdi, che mi ha raccontato, affranto, che un anno fa non è riuscito a salvare sua moglie, morta nel crollo della loro casa, proprio nel centro di Villa. Il terremoto li ha sorpresi di notte, come tutti, del resto. Lui è sceso a chiamare il figlio che dormiva al piano di sotto, ma in un attimo tutto è venuto giù e lui non ha più trovato la moglie. Adesso per lui ogni giorno è identico agli altri, perché la sua vita si è fermata al 6 aprile 2009. Oppure la storia di Valentina, 22 anni, che viveva in uno dei paesini rasi al suolo: è morta, come altri sette giovani, nel crollo della Casa dello studente. Abbiamo conosciuto il padre di Valentina, che ha voluto dedicarle la nuova scuola inaugurata il 7 gennaio a Fossa proprio perché “a lei piaceva studiare e in questo modo sarà come se Vale non fosse mai morta”. Un’altra storia mi ha colpito è quella di Arturo, un bastardino che ha salvato alcune persone a Villa. Adesso Arturo vive insieme ad altri due cani nel nuovo paesino di Villa, fatto di tante casette a schiera di legno, ed è stato adottato un po’ da tutti. Insomma ogni volto, anche se adesso sorridente, nasconde un’esperienza dolorosa, e questo si capisce quando si vedono i tanti anziani che con l’aria malinconica guardano verso il loro vecchio paese che adesso non esiste più». di Benito Chiarabolli