Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Gli immigrati, una risorsa per la diocesi».

«Le radici cristiane si rafforzano anche facendoci carico dei figli che vanno altrove». È quanto scrive l’arcivescovo Riccardo Fontana nel suo messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che la Chiesa ha celebrato domenica 16 gennaio. A livello diocesano, invece, la Giornata è posticipata a domenica 6 febbraio. Lo ha annunciato lo stesso arcivescovo spiegando che per «dare un segnale di forte accoglienza ai cristiani nuovi arrivati» sarà dedicato a loro il primo giorno della Novena della Madonna del Conforto. «Ci sarà nel primo pomeriggio in Duomo – fa sapere il presule – la celebrazione di una Messa in cui ogni comunità etnica è invitata ad esprimere la propria partecipazione alla liturgia. Al termine, andando in processione dinanzi alla venerata immagine della Madonna del Conforto, verrà recitato il Rosario nelle varie lingue dei nostri fratelli, nuovi aretini».Nel testo Fontana sottolinea che nel territorio della diocesi «sono presenti attorno ai 62mila immigrati e quasi due terzi di essi sono cristiani: sono circa la sesta parte della popolazione che è affidata alle nostre cure di pastori». Poi aggiunge: «Nella comunità ecclesiale le diverse nazionalità sempre si sono integrate vicendevolmente. Siamo cattolici, cioè universali. La presenza di tanti fedeli che provengono da storie e culture diverse dalla nostra è una grande opportunità per la vita sociale, ma anche per l’apporto che questi nostri fratelli e sorelle portano con sé a nostro vantaggio. È sempre più frequente il caso di cristiani venuti da lontano che con la loro vita sono di esempio anche ai nostri e con la loro fede una significativa testimonianza». Quindi un pensiero ai più piccoli: «Non è raro il caso di bambini italiani che hanno imparato i rudimenti della fede da persone che, pur esercitando mansioni umili dentro la casa, hanno fatto imparare ai piccoli le preghiere e hanno richiamato al santo timor di Dio».Lo sguardo di Fontana si allarga: «Certamente ci sono anche storie meno luminose, ma nel complesso questi fratelli venuti da altrove, come ad esempio il 22,44 % dei nostri preti, sono una grande risorsa per la diocesi. Vorrei innanzitutto che si esprimesse a loro riguardo gratitudine e considerazione e che nelle nostre parrocchie si avviassero con vero senso pastorale utili riflessioni sull’integrazione che la Chiesa può favorire e sulla società, richiamata alla fede dalla presenza di cristiani d’altra cultura».L’arcivescovo cita san Benedetto: «Nella sua Regula monachorum comanda all’abate di non perdere tempo a chiedere al nuovo arrivato da dove venga. Gli chieda invece dove voglia andare, ossia quale sia il suo progetto di vita. Credo che anche nella nostra diocesi, fortemente segnata nel tempo dalla presenza dei monaci benedettini, le comunità parrocchiali ben possano dedicare una speciale attenzione a questa fascia di cristiani che per noi non solo non è un problema, ma sta sempre più diventando una risorsa. L’apertura verso gli altri popoli appartiene alla nostra storia collettiva. Mi piace ricordare che il beato Gregorio X, a cui molto dobbiamo per aver reso possibile la costruzione della nostra bellissima Cattedrale, fu il primo ad accogliere gli ambasciatori cinesi e a sostenere l’opera di Marco Polo».Quindi Fontana tiene a precisare come le migrazioni dei popoli abbiano una duplice faccia. «La storia d’Italia – scrive – testimonia come da questa terra non solo si andò nel passato altrove, ma ancora oggi, seppure in forme diverse, molti dei nostri giovani sono in grande movimento, dando vita a nuove forme di migrazioni che la Chiesa non vuole ignorare. Questa consapevolezza nell’ambito di ogni comunità ecclesiale aiuta a migliorare le relazioni con quanti da terre lontane vengono a vivere da noi, qua si sposano, nella nostra terra generano figli e figlie». Infine il richiamo: «Lo spirito di accoglienza deve crescere e maturare in tutta la diocesi».