Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Nel dono della vita consacrata la risposta alla sfida educativa.

«La vita consacrata ci ricorda che l’educazione è davvero “cosa del cuore”: non affastellamento di emozioni, ma sintesi personale, a partire dalla quale si orientano le scelte e le decisioni di ognuno». Queste parole, contenute nel Messaggio della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata per la 15ª Giornata mondiale della vita consacrata, celebrata lo scorso 2 febbraio, ci ricordano innanzitutto il punto sul quale è concentrata l’attenzione e lo sforzo pastorale della Chiesa in questo pericolare momento storico, cioè l’emergenza educativa. Ma viene altresì sottolineato che a questo compito urgente è chiamata in modo particolare la vita consacrata in tutte le sue componenti. Proprio il nostro arcivescovo, Riccardo Fontana, nell’incontro con i religiosi e le religiose dell’intera diocesi, ha voluto sottolineare la preziosità nell’oggi della storia di uomini e donne che pongono se stessi in Cristo e dispongono di se stessi in ordine a Cristo per affrontare la realtà, per vivere la propria vita nel tempo. Infatti, prima ancora delle molteplici opere promosse nell’ambito educativo dagli istituti di vita consacrata, è in una totale e totalizzante adesione a Cristo che può iniziare un vero percorso formativo e educativo. La sequela di Cristo, casto, povero e obbediente, è una vera testimonianza della capacità del Vangelo di umanizzare la vita attraverso un percorso di conformazione a Cristo. E al riguardo va ribadito che la natura stessa della vita consacrata ci ricorda che il metodo fondamentale dell’educazione è caratterizzato dall’incontro con Cristo e dalla sua sequela. «Non ci si educa alla vita buona del Vangelo in astratto – sottolinea il Messaggio – ma coinvolgendosi con Cristo, lasciandosi attrarre dalla sua persona, seguendo la sua dolce presenza attraverso l’ascolto orante della Sacra Scrittura, la celebrazione dei sacramenti e la vita fraterna nella comunità ecclesiale. È proprio la vita fraterna, tratto caratterizzante la consacrazione, a mostrarci l’antidoto a quell’individualismo che affligge la società e che costituisce spesso la resistenza più forte a ogni proposta educativa. La vita consacrata ci ricorda così che ci si forma alla vita buona del Vangelo solo per la via della comunione».Le numerose e significative comunità religiose, sia maschili che femminili, presenti nella nostra diocesi, toccano con mano ogni giorno la condizione di sradicamento in cui vivono tante persone che provoca uno smarrimento fino al punto che l’uomo corre senza sapere dove va. Altro non è, questo, che il frutto del nichilismo che si articola nella sfida del relativismo metafisico, nella sfida del cinismo morale. Tutto questo ha portato a dimore senza fondamento e a un camminare la cui meta è il camminare stesso: è la perdita del senso della realtà. Da qui l’urgenza, avvertita da tanti religiosi e religiose, di mostrare con la propria vita quello che è davvero il punto centrale: tutta la realtà ha in Cristo la sua consistenza. Perdere il rapporto con Cristo è perdere il rapporto con la realtà; quindi giungere all’identità fra il rapporto dei consacrati con Cristo e il loro rapporto con la realtà deve essere il desiderio più grande. È questo il modo proprio della forma religiosa di vita di rispondere alla sfida del nichilismo contemporaneo, nella sua triplice faccia: la sfida di chi in Cristo ha gioiosamente ritrovato la realtà, ne ha scoperto la verità, ne ha amato la bellezza, nella condivisione di chi si dona all’altro.Le molteplici esperienze di vita consacrata sono state, nella vita della Chiesa e della società, fermento di rinnovamento, di dinamismo interiore, di creatività e di risposta alle istanze che sono emerse nel cuore della storia. L’intera storia della vita consacrata può essere letta come il susseguirsi degli interventi dello Spirito che guida incessantemente la sua Chiesa nella maggior comprensione della Parola di Dio e della sua attuazione. E anche in un momento particolarmente difficile come il nostro non possiamo che essere sorretti e guidati da quella certezza che è stata propria da chi ci ha preceduto e ci testimoniato la bellezza e la ragionevolezza dell’appartenenza a Cristo. E, se lungo i secoli ogni esigenza ha trovato una sua adeguata risposta, possiamo presumere che anche per i bisogni di oggi lo Spirito abbia preparato la sua risposta. Ecco dunque il primo e indispensabile lavoro da fare: non dare nulla per scontato e assumere quella posizione spirituale che permetta di cogliere ciò che lo Spirito suscita in mezzo a noi. Ed è questo che le comunità religiose della nostra diocesi vogliono fare attraverso l’impegno, che deve essere rinnovato, per far sì che la Parola di Dio, la liturgia vissuta, l’unità innanzitutto fra di loro, siano concepiti come un dono sempre nuovo.di Vittorio Gepponi Vicario episcopale per la vita consacrata