Arezzo - Cortona - Sansepolcro
Il giallo dell’archivio vasariano di Arezzo.
Chissà se il grande Giorgio avrebbe mai pensato che attorno a quelle sue carte un giorno si sarebbe scatenato un intreccio degno di un premio Oscar. Un giallo che dura ormai da un anno e mezzo e sul quale sta indagando anche la procura di Roma. Parliamo della querelle attorno alla possibile vendita del celebre Archivio Vasari, conservato nella casa-museo dell’artista aretino, in via XX settembre ad Arezzo. Vasari acquistò quell’abitazione nel 1540 e fu lui stesso ad impreziosirla con degli straordinari affreschi nello stesso periodo in cui conobbe colui che celebrò nelle «Vite » (1555) come «miglior dono del cielo»: Michelangelo. Alla sua morte, questa casa passò agli eredi ed è arrivata sino a noi con gli affreschi, le carte e alcuni arredi, conservati al suo interno. Nel 1911 lo Stato riuscì ad acquistarne i muri, ma non i beni all’interno, che gli eredi Spinelli cedettero ai Festari. Si aprì una controversia, ma i Festari si videro riconosciuta la proprietà delle carte. L’archivio contiene 31 filze di documenti, con autografi di Vasari, lettere (tra le quali 17 di Michelangelo) e corrispondenze con i papi (Paolo III, Giulio III, Paolo IV, Pio IV, Pio V). Per quelle stesse carte una misteriosa società russa sarebbe stata pronta a sborsare ai Festari ben 150 milioni di euro. Una trattativa che però ha insospettito i magistrati. L’archivio è stato infatti valutato 2,5 milioni. L’inchiesta ha così raffreddato gli interessi dei russi. Lo scorso gennaio, infatti, secondo notizie riportate dal quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine, Vassilij Stepanov, magnate della Ross, la società russa che si era proposta per l’acquisto, si sarebbe ritirato dall’affare. A questo punto rimane un’unica possibilità, quella dell’acquisizione delle carte da parte dello Stato. Il ministero per i beni artistici ha più volte dimostrato la disponibilità a portare avanti la trattativa. Un’eventuale acquisizione sarebbe il miglior regalo nell’anno dedicato proprio a Vasari.