Arezzo - Cortona - Sansepolcro

Dalla Valdichiana nella Mosca sovietica.

«Andropov, proprio lui, il nostro presidente, quello che morì per un raffreddore: è stato lui ad organizzare l’attentato al Papa». Parole pesanti come pietre, pronunciate da Sacha, la guida turistica che ci accompagnò alla scoperta di Mosca in un memorabile viaggio svoltosi dal 19 al 26 agosto 1988. Respiravamo ancora un clima pesante nei rapporti internazionali tra mondo occidentale e paesi dell’Est europeo. Era ancora in piedi, minaccioso e beffardo, il muro di Berlino. Erano trascorsi poco più di sette anni da quel 13 maggio 1981 quando una pallottola colpì Giovanni Paolo II, ferendolo gravemente. Le indagini che ne seguirono tirarono in ballo varie piste cercando di fare luce su quel fatto che presenta tuttora qualcosa di miracoloso. Ancora oggi l’avvenimento si vela di mistero: lo testimoniano le ricerche, le interviste, le congetture, i sospetti che, mentre Roma e il mondo cattolico esultano per la beatificazione del grande Pontefice, appaiono sui principali mezzi di comunicazione. Ed è proprio questo evento che mi spinge a riferire alcuni stralci di una conversazione che in quei giorni tenemmo con la nostra guida. Sacha, un ragazzone biondo, di buona statura, gentile ed aperto, si esprimeva in perfetto italiano. «Signori turisti italiani – esordì al primo incontro con il nostro gruppo di circa ottanta persone – avrò il piacere di accompagnarvi nella visita dell’atrio della nostra grande ‘casa sovietica’, ma solo nell’atrio». «Perché solo nell’atrio?», domandai. «Perché se vi facessi inoltrare troppo all’interno della casa – rispose Sacha – potreste scoprire molte cose che dispiacerebbero alle nostre autorità». «Ma voi conoscete la nostra storia, i nostri presidenti?», continuava Sacha. «Stalin, per esempio, il grande Stalin, generoso e lungimirante: aveva notato che i contadini della Siberia stentavano per la fame e il freddo. ‘Venite, disse loro, venite a Mosca, vi farà riscaldare facendovi costruire la metropolitana’. E Krustchof, il presidente contadino, che sbatteva le scarpe sui tavoli dell’Onu?». Risata del gruppo. «E Breznev? Sapete nulla di Breznev, il grande mafioso?». «Mafioso?», intervenni io. «Certo mafioso e protettore della mafia», insisteva Sacha continuando la sua colorita carrellata sui presidenti dell’Unione sovietica. «I mafiosi esistono purtroppo anche in Italia», azzardai, quasi per temperare le tinte forti del discorso della guida. «Mafiosi italiani?», rispose Sacha. «Bravi bambini i mafiosi italiani. Voi non conoscete mafia russa». Risata generale. Ci sentivamo veramente spiazzati. «Ma Gorbacev sta imprimendo una svolta significativa alla realtà dell’Unione sovietica: perestrojka, glasnost», osservai di nuovo. «Belle parole e tante illusioni», tagliò corto Sacha. «Ma tu, solo poco tempo fa non avresti potuto esprimerti così liberamente come fai adesso». «E’ vero – rispose – Gorbacev ha buone intenzioni, ma non riuscirà a cambiare le cose». «Torniamo ad Andropov, al presidente che morì di raffreddore», incalzai. «Volentieri. Yuri Vladimirovic Andropov fu prima consigliere all’ambasciata sovietica, poi ambasciatore a Budapest. Nel 1967 venne eletto presidente del Kgb, la polizia segreta, e venne riconfermato nel 1974. Nel novembre 1982, alla morte di Breznev, fu eletto segretario generale del partito. Dal giugno 1983 riuscì ad unire la carica di segretario del partito con quella di presidente del praesidium del Soviet supremo. Il Papa polacco era per lui un personaggio troppo ingombrante, da qui la decisione di eliminarlo seguendo i metodi del Kgb». «È un’affermazione grave la tua», ribatto. «Non è pericoloso affermare un fatto del genere?». «Voi vi meravigliate di quello che ho detto?», fu la risposta. «Qui tutti lo sanno, non è un segreto per nessuno». Rimanemmo tutti fortemente scossi a queste parole. «E morì di raffreddore?», insistetti. «Lo eliminarono», fu la secca risposta.«Sacha – ripresi dopo qualche attimo di riflessione – è molto importante e serio quanto tu ci hai detto. Ma io voglio fare anche un’altra osservazione che mi pare pertinente all’argomento. Tu ci hai portato a visitare il Cremlino, il tempio dell’ateismo. Ma guarda, all’interno delle mura del Cremlino ci hai fatto notare delle bellissime chiese: la cattedrale dell’Annunciazione, dell’Assunzione, dell’Arcangelo, la chiesa della Deposizione della Sacra Veste. Alzando lo sguardo, osserviamo tante cupole e tante cuspidi con tante bandiere rosse, ma sopra tutte le torri svettano grandi croci. Abbiano poi visto in albergo e in qualche altro luogo pubblico dei grandi manifesti che celebrano il millennio della Russia cristiana. Non pensi che la cultura e la storia della terra russa siano fondate sul cristianesimo, piuttosto che sull’ateismo?». «Sì, io ne sono convinto», rispose. «E Gorbacev ne è convinto?», insistetti. «Spero di sì», concluse sorridendo Sacha.«Ancora una considerazione, Sacha», ripresi. «Lo sai che nel 1917 la Vergine Maria è apparsa a Fatima, in Portogallo?». «Nel 1917, nell’anno della rivoluzione», sottolineò Sacha. «Sì, nell’anno della rivoluzione bolcevica», precisai. «Ma la Vergine Maria è apparsa e ha parlato ancora prima che avvenisse la vostra rivoluzione». «Non ne so nulla», ammise la guida. «E che cosa ha detto?». «Ha detto che la Russia avrebbe provocato tante sofferenze, avrebbe distrutto molti popoli, avrebbe diffuso nel mondo tanti errori», spiegai. «Ma alla fine il comunismo sarebbe crollato. Lo sai?». «Non so niente di tutto questo», ammise pensieroso Sacha – ma ne prendo atto volentieri».Semplici ricordi quelli che trascrivo, semplici impressioni di un viaggio che, a distanza di tempo, diventano sempre più significative, quasi profetiche, e danno spessore ad una figura come quella di Giovanni Paolo II che, già santo nel cuore della gente, lascia in tutti un amatissimo ricordo e un messaggio di speranza. Benito Chiarabolli