Arezzo - Cortona - Sansepolcro

«Cortona segua ancora le orme del Poverello».

Siamo nella solennità di Pentecoste e ci troviamo in piazza della Repubblica, a Cortona; quella piazza che nel linguaggio comune viene chiamata “Piazza del Comune”, perché su di essa si affaccia, imponente e rassicurante, il palazzo comunale; quel palazzo che, almeno nella sua parte originaria, dovette colpire l’attenzione di San Francesco, quando, nel suo primo incontro con la comunità di Cortona, proprio lì si fermò, salì “sopra un sasso” e da lì, alla gente che nel frattempo si era radunata, incominciò a predicare il Vangelo di Gesù Cristo. E, come nella descrizione degli Atti degli Apostoli, molti, ascoltando quella sua parola, si sentirono intenerire il cuore e si convertirono al Signore. «Ma ritorniamo alla Pentecoste di Gerusalemme», esordisce Padre Raniero Cantalamessa, oggi nelle vesti di “controfigura” di San Francesco, come lui stesso si definisce. «Leggiamo negli Atti degli Apostoli: “Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso posto: Venne improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo… Ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo”. Proviamo ad adattare questo brano alla nostra situazione: anche a Cortona sta per finire il giorno di Pentecoste (siamo alle sei del pomeriggio); anche noi siamo riuniti nello stesso luogo. Non c’è dubbio, come al tempo degli apostoli, come al tempo della prima venuta di San Francesco a Cortona, anche ora, sulla città di Cortona, su ciascuno di noi, radunati tutti insieme, irrompe lo Spirito Santo ed incendia i nostri cuori». Primo applauso della folla che riempie la piazza e si sente subito trascinata dalla parola semplice, ma coinvolgente, del frate francescano.«E quali sono i frutti dello Spirito Santo? Ce lo dice San Paolo nella lettera ai Galati: amore, gioia, pace. Lui ne enumera anche altri, ma a noi bastano questi: noi siamo qui riuniti insieme perché ci amiamo, perché siamo nella gioia, perché viviamo in pace con Dio e con i nostri fratelli». Potremmo continuare a lungo in queste citazioni dei brani evangelici, espresse con chiarezza, semplicità e convinzione. Citazioni che ogni volta suscitavano applausi da imprimere un sussulto alla petrosa e angolosa città etrusca, che però, in un pomeriggio di sole tanto gradito quanto inaspettato, sfoggia il volto festoso delle grandi occasioni. Oltre 2mila le persone a Cortona, in piazza del Comune, per ascoltare padre Raniero Cantalamessa a conclusione del pellegrinaggio, che ha portato centinaia di fedeli in marcia attraverso i luoghi francescani della città: l’Eremo delle Celle, il santuario di Santa Margherita, il Monastero delle Clarisse e la monumentale chiesa di San Francesco, scrigno di reliquie preziosissime come la Santa Croce di Gesù, l’abito e l’Evangeliario del Santo di Assisi. Nel giorno di Pentecoste Cortona si è scoperta “città dello Spirito”, unita in tutte le sue espressioni: sacerdoti, frati, suore, laici, movimenti ecclesiali, giovani, adulti e anziani. Davvero una “città posta sul monte” non solo geograficamente, ma soprattutto per il suo forte richiamo spirituale. Tanta gente in cammino e poi in ascolto a testimoniare la profonda ricerca di “amore, pace e gioia”, che è nel cuore di ogni uomo impegnato nella propria vita personale, familiare, sociale o politica, ma sempre e principalmente bisognoso di nutrire lo spirito nel rapporto di fede con il Signore Gesù e con il suo incomparabile amore.Nel suo appassionante discorso padre Raniero si è richiamato alla predicazione essenziale di San Francesco, il quale, ovunque andasse, invitava tutti a “fare penitenza”, cioè a cambiare vita, secondo la Parola del Vangelo. Senz’altro deve essere stata questa la predicazione del santo di Assisi quando, ottocento anni fa, parlò ai cortonesi nella stessa piazza dove ieri tantissime persone hanno come riascoltato quelle parole dalla viva voce di un suo figlio speciale. Padre Raniero, più volte interrotto dagli applausi, ha progressivamente catturato gli animi fino all’invito rivolto ai presenti di gridare tutti insieme, ad alta voce, la professione di fede: «Gesù è il Signore! Io credo che Dio lo ha resuscitato dai morti!». È stato davvero un momento commovente, in cui si è avvertita quasi fisicamente la presenza dello Spirito Santo nel cuore della nostra città.«Siete già stanchi?», chiede dopo po’ padre Raniero. «Noooo!», la risposta, seguita da un lungo applauso, come un invito a continuare. «Perché io (lo sapete) ho anche il compito di predicare alla Famiglia pontificia, dinanzi al Papa. Ricordo che mi trovavo quel giorno dinanzi al Papa Giovanni Paolo II. Alle volte mi lasciava sbigottito la sua umiltà. Diceva: “Oggi ci ha spiegato tante cose”, oppure: “Pubblichi presto quello che ci ha detto oggi”. Ma un aneddoto io lo ricordo sempre e lo devo raccontare: la prima volta che ho predicato in San Pietro, appena ho cominciato a parlare, mi sono reso conto che dovevo parlare lentamente perché c’era un’eco nella basilica. Però, parlando lentamente, durai dieci minuti più del previsto e il prefetto della Casa Pontificia (che era un vescovo a quel tempo) era un po’ nervoso: ogni tanto guardava l’orologio, perché dopo, come si sa, il Papa deve presiedere la Via Crucis al Colosseo. Io non lo vedevo perché mi stava di fianco; però il giorno dopo questo vescovo (me lo hanno detto alcune suore), dopo la liturgia, fu chiamato dal Papa, che sorridendo gli disse: “Quando un uomo ci parla in nome di Dio, non bisogna guardare l’orologio”». Altro fragoroso applauso a significare l’attenzione e il coinvolgimento dell’uditorio.Al termine il predicatore del Papa ha chiesto ai sacerdoti e ai francescani presenti di segnare con la croce la fronte di ogni persona, come soleva fare San Francesco, consegnando a ciascuno un piccolo Tau, a ricordo dell’evento vissuto e come incitamento per un rinnovato impegno di vita cristiana.Si è così conclusa una giornata indimenticabile, che ha fatto sperimentare a tutti la pace e la gioia di Dio.