«Ero li sulla collina della vecchia chiesa poco sotto, quando all’ improvviso udii un rintocco. Mi girai verso quella sommità e contro il sole vidi il luccichio delle campane scendere a terra, mosse da una gru che non prova né pietà né dolore. Capii allora che quel suono era l’ ultimo lamento come il rumore di un uccello colpito che precipitando sbatte per l’ ultima volta le ali contro il vento. Ora vedendo quel campanile lì vuoto e spento, che non esprime più né gioia, né dolore, io penso al suo passato e provo emotività e immenso amore. Ricordo quanto importanti furono quei suoni per l’ uomo nel vecchio tempo, servirono a scandire ogni piccolo, grande, gaio o mesto evento. Ora sono lì mute nel buio di un androne e mai più proverà con loro la pur minima emozione»-Queste le parole con le quali Giuseppe Pasqui titola una delle sue poesie Le campane di Scandolaia. Proprio quelle campane sono tornate di nuovo a suonare nel campanile della chiesetta di Santa Maria. Siamo nella collina di Sandolaia a Le Ville, frazione del comune di Monterchi, è sabato pomeriggio e un’ intera comunità si è riunita davanti alla chiesa. Oggi è per tutti un giorno di festa, infatti dopo vent’ anni di disuso questo luogo è ritornato a splendere di gioia e bellezza. «La chiesa di costruzione medievale, ristrutturata a fine ottocento e abbandonata da trent’anni – dice Giuseppe Pasqui – è stata deturpata di tutti i suoi beni e il tempo l’ ha resa impraticabile». La canonica è stata successivamente venduta e quindi la realtà religiosa di questo spazio così incredibilmente bello si è andata spegnendo.Per anni quel campanile che spicca in mezzo al verde è stato per buona parte della piccola frazione di Le Ville un punto di riferimento. «Infatti – continua Pasqui – metà dei fedeli facevano parte proprio della parrocchia di Scandolaia sotto la diocesi di Arezzo mentre gli altri abitanti, erano i parrocchiani di Sant’Apollinare della diocesi di Sansepolcro». Il signor Giuseppe è veramente emozionato e con lo sguardo di una persona sensibile quanto intelligente sottolinea come sia legato a quel luogo da ricordi d’ infanzia e di fanciullezza. «Il vedere per anni questo posto così caro abbandonato – sottolinea – era una sofferenza e oggi essere qui a festeggiare tutti insieme con la celebrazione della S.Messa e con le campane che deliziano con i loro suoni è come essere riusciti in un’ impresa veramente memorabile per il cuore e per i sentimenti».Insieme a Giuseppe c’è anche Roberto Evirati di Arezzo. E’ lui la parte operativa di questo progetto, è lui che inizia a raccontare di come da bambino ricollegava a Scandolaia il luogo della felicità, dello stare bene, del poter passeggiare in tranquillità e respirare una natura così unica come quella della graziosa collinetta. E’ un tornare alle origini, alle radici e risalire fino ai giorni odierni, Roberto spiega di essere stato colpito da alcune parole lette nel foglio de «La domenica» trovato proprio nella chiesa: «L’ uomo, qualsiasi uomo, possiede un senso acutissimo della morte. Ogni realtà ne è pervasa. C’è però un modo di capirne il senso e di accettarla come parte di un progetto di Dio per l’ uomo caduto nel peccato: essa è la porta per entrare nella casa del Padre. Gesù è il Signore della vita e molti miracoli ci dicono che egli è il vincitore della morte. A patto che abbia fede». «E’ stato dopo averle lette che ho deciso che dovevo fare qualcosa per quell’ambiente e così negli ultimi tre mesi ho dedicato il tempo libero a quest’opera e la risposta positiva della gente è stato il regalo più inaspettato. Avevo capito di avere in mano le chiavi per donare qualcosa di prezioso alla collettività, ho avuto fede e ci sono riuscito».Adesso entrare a Santa Maria e trovarsi davanti quel Cristo del 1400 così umano, con il volto tipico della gente che vive in queste zone è un’emozione forte. Il pulpito e l’ organo sono stati ritrovati e messi a disposizione di altre comunità parrocchiali.Linda Mencaroni