Il 12 maggio scorso ha avuto luogo a Roma una manifestazione a tutela dell’istituzione della famiglia organizzata da decine enti laici tra associazioni e movimenti del mondo cattolico e non. Si è trattato del «Family Day», l’appuntamento voluto per dire «sì» alla famiglia e alle politiche sulla famiglia. Durante il viaggio in pullman riflettevo sul senso della mia partecipazione ad un evento così importante: da tempo, infatti, non mi bastava più vivere una routine fatta solo di «normalità domestiche», di appuntamenti, di corse frenetiche e di serate trascorse davanti alla televisione; ritornavo col pensiero a quando avevo compreso, vivendo il mio essere moglie e madre, che nella famiglia, valori come il bene e il sacrificio sono valori incarnati. Ho deciso di condividere con altre famiglie questo mio modo di vivere e insieme ci siamo accorte che possiamo influire sul tessuto sociale circostante.Quando sono arrivata a Roma, mi sono resa conto che la manifestazione sarebbe stata imponente per il numero delle famiglie presenti. Entrando in piazza San Giovanni, il luogo dei grandi ritrovi e delle grandi manifestazioni che si svolgono nella capitale, ho rivolto il mio sguardo a quanti, mamme, babbi, nonni e bambini di ogni età, provenivano da ogni parte d’ Italia, e subito mi sono sentita edificata: quelle ore in piazza sono state una continua preghiera rivolta a Dio. Una mamma che si trovava vicina a me, mi ha detto che aveva viaggiato una notte intera con due bambini, uno nel passeggino e uno nel marsupio con il babbo, e ha continuato spiegando: «Potevamo andare al mare ma il momento complesso, delicato, difficile che vive il mondo della famiglia oggi, ci ha spinto ad esser qui».Prima di quell’ evento, i vari mezzi di comunicazione avevano presentato la manifestazione come il risultato di una polemica tra Stato e Chiesa e tra diversi schieramenti politici. Così non è stato: una delle cose sorprendenti della giornata è stato il fatto di non assistere ad un accenno di motivazioni politiche, nonostante i numerosi tentativi di strumentalizzazione. Solo un desiderio abitava nel cuore di ogni persona: rendere visibile la famiglia. E’ successo qualcosa di nuovo il 12 maggio?Per me che ero in piazza sicuramente sì: ho assistito alla nascita di un nuovo soggetto collettivo formato da famiglie che provenivano da strade diverse, come parrocchie, associazioni e famiglie singole. Le famiglie, con le loro esperienze, hanno offerto risposte costruttive ai problemi della società. Eravamo una folla eterogenea ed entusiasta, distante da quella politica incapace di comprendere le difficoltà di chi ogni giorno, in silenzio, si impegna a costruire un futuro per i propri figli. Come già tanti hanno detto, anche io ho vissuto quel giorno non come punto di arrivo ma di partenza, e per questo sono tornata a casa piena di speranza.Maristella Fancelli Angioloni