E’ mancato ai suoi cari e all’affetto dei tifosi, venerdì 9 marzo, a Camucia, Lido Sartini, una delle «vecchie glorie» del ciclismo italiano. Una vera folla di amici e di estimatori gli ha rivolto il saluto di commiato ai funerali svoltisi nella chiesa di Cristo Re a Camucia.Lido Sartini aveva iniziato a gareggiare sulle due ruote nel 1946 in qualità di dilettante, ottenendo oltre trenta vittorie, quasi tutte per distacco. Indossò la maglia bianca che veniva assegnata ai migliori dilettanti. Passato alla categoria professionisti, vinse il Trofeo Uvi 1951, quattro giri della Valle del Crati a Cosenza, un Giro dell’Aspromonte, un Giro del Vesuvio, un Giro delle Alpi Apuane, un Gran Premio Pontremoli e una tappa nel Giro di Sicilia. L’8 dicembre 1981, in occasione dell’8° raduno «Ex Corridori Anni ’50», svoltosi al «Casato» di Bettole, ottenne il «Pedale d’Oro», riconoscimento che una speciale commissione assegnava ogni anno ad un ex ciclista toscano.Ho vivo il ricordo di un simpatico incontro che avvenne il 12 marzo 1979 presso il ristorante «La Griglia» di Camucia, dove si erano dati appuntamento molti tifosi desiderosi di festeggiare Gino Bartali, il grande campioni dei loro anni giovanili. Era presente ovviamente anche Lido Sartini, organizzatore della bella serata. Da ben venticinque anni Lido e Gino non si erano più incontrati. L’abbraccio tra i due vecchi amici fu commovente. Addirittura entusiasmante fu il rivederli insieme in un filmato, protagonisti di quel Giro dell’Emilia del ’53, vinto di prepotenza da un Bartali trentottenne, e che vide al terzo posto il nostro Lido, preceduto da Astrua.«Lido – chiesi al campione di casa nostra – parlaci un po’ di quella corsa». «E’ presto detto – raccontò Sartini – Stacchiamo la fuga a 170 chilometri dall’arrivo, prima della salita del monte Oppio. Insieme a me ci sono Barozzi, Astrua, Zampini e altri. Sull’Abetone passa per primo Astrua, secondo passo io a un minuto, terzo Barozzi. Dopo il traguardo della Montagna, sul falsopiano, stacco Barozzi e raggingo Astrua che nel frattempo aveva forato. Lo distacco e rimango solo al comando della corsa. Sulla salita del Birigazzo mi raggiunge Bartali e mi dice di tirare. Gli spiego che non posso, perché devo facilitare il rientro di Astrua. Allora Bartali si mette a ‘scatticchiare’, ma io rimango incollato alla sua ruota. Lascio che Bartali esaurisca i suoi tentativi, scatto e passo primo sul Barigazzo. In discesa rallento e mi faccio raggiungere da Bartali. Intanto sulla discesa verso Modena rientra anche Astrua e arriviamo così tutti e tre in volata a Bologna. Nell’allungo prendo cinquanta metri di vantaggio. Bartali mi viene sotto con Astrusa sulla ruota e mi raggiunge a cinquecento metri dal traguardo. Scatta improvvisamente e stacca Astrua. Ci disputiamo la volata e tagliamo il traguardo nell’ordine che ho detto».Non persi l’occasione per coinvolgere anche Bartali. «Gino – gli chiesi – quando i ciclisti di oggi avranno attaccato la bicicletta al chiodo, ci sarà chi si ricorda di loro dopo 20 o 30 anni?». «Macchè, macchè – fece il ‘vecchio’ che la sua caratteristica voce rauca – Non se ne ricorderà più nessuno». «Che dici del nostro ciclismo?», insistetti. «Come lo giudichi il ciclismo di oggi?». «Bah, non ci sono campioni nel vero senso della parola – brontolò Gino scuotendo la testa – Quelli di oggi non vanno, non vanno». Poche battute e si delineò subito il «toscanaccio» senza peli sulla lingua, polemico e schietto come un campagnolo. «Gino – lo provocai ancora – vogliamo risolvere il ‘giallo’ della bottiglia?». «Gliel’ho passata io la bottiglia a Coppi – sbottò Bartali. – O un l’avete visto i’ ffilmato? E’ chiaro. Una tifosa mi dà la bottiglia. Non è una borraccia, è una bottiglia. Io me ne servo e la passo a Fausto. Tutto qui. Non c’è altro da aggiungere».Fu un incontro sereno, una bella serata tra amici che credevano davvero nello sport, ma in quello vero, nello sport che è salute del corpo e dello spirito, motivo di unione e di fratellanza, esaltazione di valori morali e sociali; una serata trascorsa in amicizia con due grandi amici, Lido e Gino, che, terminata la loro corsa, hanno raggiunto il traguardo più importante e più decisivo.Benito Chiarabolli