Ci viene detto e diciamo che ogni giorno ci dobbiamo convertire; ma anche cosa e a chi ci dobbiamo convertire? Se conversione significa rivolgere di nuovo il volto e lo sguardo: a cosa e a chi lo rivolgiamo? Possiamo rivolgere lo sguardo ad un modello ideale di noi stessi col proposito di adeguarvisi per diventare più buono e più bravo, ma questa non è la vera conversione; ha più a che fare con la morale che con la fede. Ci possiamo convertire ad una religione se prima eravamo indifferenti o passare da una religione ad un’altra.Ma anche questa non è la vera conversione. La vera conversione ha per oggetto solo Dio. Quando mi converto sottraggo lo sguardo e l’interesse da altre cose per rivolgerlo solo a Dio, l’unico a cui do’ tutto il mio interesse, l’unico a cui mi affido, l’unico a cui manifesto la mia gratitudine e la mia lode. Questi in sintesi sono i pensieri di Christian de Chergé sulla conversione. Christian de Chergé, priore del Monastero di Notre Dame de l’Atlas a Tibhirine, nell’Atlante algerino fu ucciso insieme ad altri sei monaci dai terroristi nel maggio del 1996, nel contesto della guerra civile scoppiata in Algeria dopo le elezioni politiche.Il dialogo interreligioso, o più concretamente, il dialogo fra persone di diversa religione dovrebbe avere come atteggiamento di fondo questo concetto di conversione perché di fronte a Dio ci fa sentire tutti nella stessa barca. Non avendo per oggetto un modello ideale di uomo ci libera dall’arroganza e dalla presunzione di essere «i migliori»; non avendo per oggetto il cambiar religione ci libera dall’ansia di fare proseliti, dalla furia apologetica cioè dalla difesa a spada tratta della propria religione e dalla retorica della persuasione, come se il convertire fosse il risultato del nostro impegno e della nostra bravura e non soprattutto un’opera dello Spirito Santo ed un esito della nostra vita convertita.Gherardo Giorni