Sabato 28 ottobre, alle 10.30, presso la sala convegni di Sant’Agostino, il presidente emerito della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro presenterà al pubblico il nuovo libro di Mario Federici Il Testamento del Giudice. Giustizia: disfunzioni e rimedi (Calosci editore, Cortona, 2006). All’evento, organizzato dal Comune di Cortona e dalle Edizioni Calosci, interverranno, insieme all’autore, il sindaco di Cortona Andrea Vignini, il sindaco di Arezzo Giuseppe Fanfani, il presidente dle Tribunale di Arezzo Francesco Scutellari e il presidente dell’Ordine degli Avvocati della Provincia di Arezzo Vincenzo Iodice.Mario Federici esercita la professione (lui preferisce dire «il mestiere») di giudice presso la sezione distaccata del Tribunale di Arezzo a Montevarchi. Dopo tanti anni vissuti in prima linea, molti dei quali in veste di Pretore a Cortona, all’approssimarsi della scadenza del mandato (tra pochi anni raggiungerà l’età massima per rimanere in magistratura), ha sentito l’esigenza interiore di trasmettere agli altri il proprio bagaglio di saggezza e di esperienza. Nel 2004 ha pubblicato la sua prima opera Manuale di Udienza (edizioni Cedam), un manuale sui generis che si indirizza non agli studiosi della materia, essendo quasi privo di riferimenti tecnici, ma ad un pubblico indistinto e soprattutto ai giovani magistrati, elargendo loro consigli per gestire al meglio il gravoso compito di amministrare la giustizia con la carenza di mezzi e di strutture che caratterizzano tale funzione nel nostro paese.Nel nuovo libro, rivolto ad un pubblico certamente più vasto rispetto al precedente, l’autore parte dalla constatazione che il problema giustizia è un male antico del nostro paese, già avvertito in epoca romana e poi tramandatosi, sostanzialmente irrisolto, fino ai nostri giorni. Dal potere politico la situazione è stata sempre affrontata dall’alto con l’emanazione di normative sempre più sofisticate, che tuttavia non hanno raggiunto l’obiettivo proposto. Le soluzioni invece non possono che provenire dal basso, dal concreto agire di tutti i giorni, individuando un metodo per affrontare le problematiche che quotidianamente si pongono. Ed è nel quotidiano che chi opera nella giustizia si trova a scontrarsi con la cronica carenza di risorse, di personale e di strutture. Per cui l’autore si chiede se tutto ciò dipenda soltanto da uno scarso interesse della classe politica a questo particolare settore dell’amministrazione statale, o se addirittura non vi siano delle forze contrarie a che le cose funzionino nel verso giusto.Nell’opera Federici rivela la sua intimità di uomo e di giudice, il codice d’onore al quale ha cercato sempre di attenersi nel suo rapporto con gli altri e con se stesso. Ne è nato un libro coraggioso, ma anche, sotto certi aspetti, scomodo, in quanto non è usuale che un giudice metta in luce le disfunzioni e le distorsioni di un sistema nel quale si trova ad operare. Mario Federici ha invece il coraggio della verità, che ci rivela in questo libro come espressione delle sue ultime volontà a favore di una «persona»che gli è stata sempre a cuore e che egli ha cercato sempre di servire: il «Popolo sovrano», nel cui nome ha esercitato la sua funzione di giudice.Alessandro Venturi