È appena uscito in libreria il nuovo volume del giudice Mario Federici «Il testamento del Giudice. Giustizia, disfunzioni e rimedi» (Calosci editore, Cortona; 8,00). L’autore esercita la funzione di magistrato, sia nel campo della giustizia civile sia in quello penale da oltre un trentennio, prima in qualità di pretore di Cortona, ora, dopo la soppressione di questo ufficio giudiziario, presso il tribunale di Arezzo, sezione distaccata di Montevarchi. Prossimo alla fine del suo mandato per raggiunti limiti di età, ha raccolto le sue riflessioni in questo volume di agile lettura, rivolto a chi vuole addentrarsi nei meandri del pianeta giustizia.L’opera costituisce il seguito, o meglio la premessa, al precedente «Manuale di udienza: Principi, criteri, metodologie e prassi per gestire con efficienza l’udienza penale e civile davanti al giudice unico di tribunale o al giudice di pace» (Cedam editore, 2004), nel quale l’autore aveva già affrontato le inefficienze del sistema giudiziario italiano, indicando suggerimenti e consigli per chi doveva giudicare o si trovava ad essere giudicato.Federici individua con chiarezza gli obiettivi a cui deve tendere l’amministrazione della giustizia, intesa come servizio che lo Stato rende al popolo sovrano. Dall’individuazione degli obiettivi consegue poi il metodo da usare per il loro raggiungimento, tenendo presenti gli strumenti e le risorse, necessariamente limitate, che si hanno a disposizione. L’opera rivela le cose più intime di un mondo visto sotto l’ottica particolare e molto esclusiva di chi agisce quotidianamente al suo interno, con tutte le forze e le pressioni che si determinano su chi si trova nella delicatissima funzione di dover giudicare gli altri. E’ davvero il «testamento» di chi ha speso gran parte della sua esistenza nel tentativo di migliorare situazioni di disfunzioni e di inefficienza.Alessandro Venturi