La peregrinazione del greco Moniris alla ricerca della pietà si compie attraversando i testi e le manifestazioni molteplici del pensiero propri della cultura occidentale e puntualizzando il suo percorso sulla rilettura del Vecchio e Nuovo Testamento e degli scritti francescani. Non conosco nessun’altra simile lettura della Bibbia. Il racconto di Moniris, il solitario, in prima persona è solo il prologo di una profonda riflessione sui libri biblici; neppure, piuttosto un colloquio, una consonanza, in cui il greco è «schermo» e metafora dell’autore stesso. La lettura di Giorgio Alberti che è contenuta nel volume appena uscito dal titolo «Pellegrinaggi terrestri» non è religioso-teologica, linguistica o storica o critica; è una lettura «totale» nel senso della quantità e in quello della profondità. Vi si scopre una riflessione a metà fra la poesia e la filosofia, la teologia e la storia, l’interpretazione filologica e quella contenutistica, sostenuta da una sensibilità affinata e resa estremamente accorta e tesa da una vasta cultura. Le riflessioni aprono altresì spazi imprevisti sulla letteratura di ogni epoca e sull’arte nella molteplicità delle sue manifestazioni. La mente interrompe il filo della lettura, si sofferma sui versi di Omero, di Dante, di Virgilio, del Tasso, di Pascoli, sul messaggio di un quadro, sulle note di una musica. Il libro di Alberti sarà presentato da Massimo Borghesi il 21 aprile all’Auditorium del convitto «Regina Elena» di Sansepolcro.Giuliana Maggini