Il Capitano Ultimo spende il suo tempo tra i poveri di Roma
Capitano Ultimo: una vita di sfide, di lotta contro la corruzione e le ingiustizie, sia sul piano umano che militare. Un volto deciso e conscio di cosa è stato, ma felice per quel che fa. Non teme il confronto con gli altri, né tantomeno parlare in maniera chiara lontano da ogni ambiguità. «È difficile, però è facile», un motto di vita per quello che ha fatto e quello che sta facendo, che torna spesso come un memento nei suoi racconti. Divenne noto all’opinione pubblica per aver arrestato il boss mafioso Salvatore Riina il 15 gennaio 1993, quando era a capo della Crimor, unità militare combattente dei carabinieri. Successivamente si mise anche sulle tracce del vertice di Cosa Nostra: Bernardo Provenzano. Per questo motivo ora vive lontano dai riflettori coprendosi il volto in pubblico e stretto nella sua fedele giacca militare, accompagnato dai suoi immancabili «amici carabinieri». Ora è colonnello presso il Nucleo operativo ecologico (Noe), con il quale è impegnato nel contrastare le speculazioni ambientali. Ma su questo argomento è schivo e preferisce sottolineare che «devo lavorare e stare zitto, non sono un opinionista».
Un’unica grande famiglia. I suoi più grandi esempi di vita sono il padre e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso dalla mafia. Grazie al padre e al suo esempio si arruolò molto giovane, scoprendo la sua vocazione: difendere la propria gente rimanendo nell’ombra. Mentre parla viene interrotto dalla suoneria del suo cellulare con l’inno d’Italia: «Come vedi non ci facciamo mancare niente – ironizza – io e i miei amici carabinieri crediamo in dieci articoli più uno del Codice penale. Poi si sono persi nelle burocrazie, nei commi. Il resto non c’interessa, è solo potere». «Vengo dalla piccola comunità di Montevarchi – racconta -. Ho sempre amato quella comunità, dal giornalaio all’anziano marinaio Morgan. Spesso lo trovavo sul ciglio di una strada a parlare, piangere e ridere in solitudine». Ed è con occhi ben attenti nel conoscere il proprio interlocutore, che Ultimo spiega il perché del suo nome di battaglia, «a noi non piace stare tra i primi, secondo le logiche di questo tempo, del mercato delle loro classifiche. Ecco perché ho scelto questo nome». Il Colonnello si mostra piuttosto restio quando si entra in questioni più personali, ma in un clima di accoglienza tra una ciliegia e l’altra appena colte, dice che, «per me la famiglia è il popolo. Non è un luogo chiuso su sé stesso. La famiglia è la strada, l’incontro. Se si riduce tutto a salotto e vacanze da progettare, diventa inutile e negativo – spiega il colonnello -, bisogna creare una comunità di famiglie che si amano. Fare come gli apostoli, che non hanno tradito le loro famiglie originarie, ma ne hanno tratto forza per costituirne una più grande. Dobbiamo infatti stringerci attorno alle suore e ai monaci, seguendo il loro esempio, portando semplicità e bellezza».
Una lotta a forma di preghiera. Ora quotidianamente mette in pratica ciò in cui crede presso la tenuta della Mistica nei pressi di via Prenestina a Roma, dove opera e porta avanti il suo concetto di famiglia, allargandola quanto più possibile, soprattutto alle persone con difficoltà. «Stiamo inaugurando due docce dove i poveri possono lavarsi, una cucina per offrire loro, gratuitamente, i pasti e una lavatrice con asciugatrice per i panni. Questa è la nostra lotta – racconta Ultimo – la nostra rivoluzione e lo facciamo come fosse una preghiera. Sperare e operare il bene del prossimo è fondamentale. Non ci siamo inventati nulla è tutto scritto nel Vangelo: libro semplice per i semplici». Tra le persone accolte nella tenuta della Mistica ci sono anche ragazzi con disagi psichici e sociali, per i quali sono stati avviati dei laboratori, perché «il nostro obiettivo è recuperare i loro talenti e trasformarli in risorsa per gli altri. Chi viene qui riceve pietanze e benefici a prezzi modici. Quel risparmio lo si deve in particolare a queste persone con disagi. Loro non sono più un freno per la società. Questa microeconomia è un miracolo, un dono e funziona». «Noi siamo aperti a tutti coloro che fraternizzano nella fede. Questo è il luogo di tutti. Qui non c’è proprietà privata», afferma il Capitano, che, tra i tanti compagni di strada, collabora anche con Carmela Mascio, presidente e formatrice dell’Azione Cattolica, e suor Eustella, dell’ordine delle suore francescane missionarie del Sacro Cuore, entrambe presenti al racconto di Ultimo ed entrambe membri della vivace realtà del settore Est di Roma. Ed è in questo modo che la presidente Ac spiega la collaborazione: «Grazie anche a lui abbiamo capito ancor di più cosa significa essere Azione Cattolica. È più un valore che una sigla – prosegue – con Ultimo è nato un bel rapporto di reciprocità. In questa oasi per tutti, portiamo i nostri ragazzi e le rispettive famiglie per vivere insieme una fede sincera».
Capitano Ultimo, intollerante ai giochi di potere, ricorda che «la più grande forma di comunione è questa: dividere tutto in parti uguali, ringraziando Dio. Durante le Messe poi, ricordiamo, con una preghiera islamica, che le religioni uniscono ed è il potere a dividere e massacrare i popoli».