ALBERTO BATISTI: una vita tra le note

di Francesco GiannoniAlberto Batisti, pratese, 45 anni, è un musicista e un organizzatore di prim’ordine della vita musicale toscana e non solo. Direttore artistico di stagioni di musica da camera a Perugia, direttore artistico del Teatro di Pisa, inventore di Rete Toscana Classica (radio che trasmette solo musica classica) ma soprattutto creatore (pur insieme ad altri) della Camerata strumentale di Prato.

Batisti ci riceve nel suo bellissimo studio in via Ghibellina, a Firenze. L’argomento dell’incontro è ovviamente la musica. Chiedo se il mondo della musica sia solo la magia di sette note che unite variamente danno opere e canzoni, sonate e sinfonie oppure se sia anche tran tran quotidiano e rivalità. Questi aspetti negativi esistono e sono legati soprattutto al dibattersi con problemi economici e finanziari: una programmazione di concerti e opere è una fatica «bestiale»: la crisi economica è nel portafoglio di tutti. Le istituzioni politiche prestano sempre meno attenzione alla musica classica, a vantaggio di altre forme di spettacolo che hanno maggiori ritorni economici e di immagine (ma la parola spettacolo riferita alla musica classica è fuorviante: la musica non è uno spettacolo: è un patrimonio).

In tale grigio panorama, pochi anni fa è nata la Camerata strumentale di Prato. L’unione delle varie forze della città con il loro spiccato spirito imprenditoriale ha fatto sì che si «inventasse» quest’orchestra, che ha incrementato il patrimonio culturale della città, ricca di un’illustre storia nel teatro di prosa.

Prato vive con entusiasmo la realtà della Camerata. Ma da parte della Regione c’è un contributo puramente formale a quella che è probabilmente la terza orchestra della Toscana dopo il Maggio e l’Ort (l’Orchestra regionale toscana). Queste due orchestre, di antica e prestigiosa storia, giustamente assorbono la maggior parte delle risorse. Quello che irrita Batisti è che la Camerata è accomunata ad altre istituzioni che producono molto meno in confronto a questa, capace di mettere in piedi una stagione sinfonica e di fare anche l’opera. Ma sembra che di tutto questo tanti non si vogliano accorgere, al di là del comune di Prato socio fondatore. Batisti auspica una razionalizzazione nella distribuzione in Toscana dell’offerta musicale pratese. La Camerata fa concerti che tanti giudicano di notevole valore. Purtroppo la fatica, le prove, l’impegno di tutti si risolvono in un solo concerto. Dispiace: perché una volta «montato» il concerto o l’opera, le repliche costituirebbero un ritorno economico per l’orchestra, mentre da un punto di vista culturale è un «peccato mortale» che certe produzioni nascano e muoiano a Prato.

Le orchestre in Toscana sono un patrimonio comune: i musicisti della Camerata suonano anche nell’orchestra del Maggio o nell’Ort quando c’è bisogno di rinforzi per certo repertorio. La Camerata è diventata, quindi, un bacino cui attingere con un interscambio di forze e una collaborazione concreti. Non c’è rivalità con il Maggio che ha altri compiti: dotato di una grande orchestra con giuste aspirazioni nazionali e internazionali ha in repertorio anche il grande sinfonismo impossibile per Prato che si dedica ai classici: Bach, Haydn, Mozart, Schubert, Beethoven. Un repertorio simile lo ha l’Ort. Ma nulla vieta che la Toscana possa dare lavoro a tutti: laddove non arriva l’Ort, potrebbe arrivare la Camerata. Sarebbe bello se Ort e Camerata unissero ogni tanto le loro forze per dare anche ad altre città l’opportunità di ascoltare il grande repertorio: Mahler, Brahms, Cajkovskij, Richard Strauss.

Non c’è rivalità fra questi enti di una regione che di rivalità è piena. Quando sono stati scelti gli orchestrali della Camerata, Batisti ha chiamato in commissione musicisti del Maggio e dell’Ort. Questi stessi musicisti poi si sono esibiti come solisti in alcuni concerti della Camerata. C’è addirittura uno splendido rapporto di collaborazione e di amicizia con il direttore artistico dell’Ort Aldo Bennici.E poi Riccardo Muti. Padre e padrino della Camerata, il grande direttore è stato fondamentale per convincere imprenditori e istituzioni pratesi a far nascere l’orchestra. La Camerata ha avuto la consacrazione quando Muti l’ha invitata al «suo» festival di Ravenna dirigendola lui stesso. Alla fine del concerto, si è voltato verso il pubblico esclamando: «Questo è un esempio luminoso per tutta l’Italia; tutte le città dovrebbero fare come Prato che si è data questa splendida orchestra». A Batisti vennero brividi e lacrime agli occhi.

Quella sera fu un sigillo, un premio a tanta fatica. Il resto l’istituzione pratese se lo è costruito con le proprie mani. I dirigenti hanno una passione per il rischio e affrontano montagne apparentemente non scalabili. Ma rimboccandosi le maniche, amando suonare insieme, sentendosi nell’orchestra come a casa, e avendo la fortuna di lavorare con il coro Guido Monaco (antico di 170 anni), è possibile affrontare pagine come la «Nona» di Beethoven, o il «Requiem Tedesco» di Brahms.

E l’opera? In coproduzione con il teatro Pisa, la Camerata ha già già messo in scena le «Nozze di Figaro» e «Così fan tutte». Rimane il «Don Giovanni», in preparazione per il novembre prossimo con una compagnia giovanissima. Così nel 2006, quando sarà celebrato il 250° anniversario della nascita di Mozart, la Camerata avrà in repertorio le tre opere di Mozart-Da Ponte.

Nel 2000 «Così fan tutte» fu una scommessa vinta a costi bassissimi: 80 milioni di lire tutto compreso (il cachet di un paio di cantanti di nome per una sola serata): cantanti, orchestra, direttore, costumi, scenografia, regia. Un mese di lavoro e un grande successo. A Batisti non interessa avere grandi nomi. Ama scoprire giovani talentosi che hanno voglia di scommettere, di debuttare in ruoli nuovi. Tante volte la scommessa è stata vinta: con soddisfazione e gioia di Batisti, artisti passati da Pisa e da Prato oggi cantano a Parigi, a Berlino, alla Scala.

Educare all’ascoltoSe Alberto Batisti è da una parte un grande organizzatore di vita musicale, dall’altra ha un’invidiabile ambizione: essere un educatore all’ascolto della musica. Parte da considerazioni pessimistiche: la musica faceva parte della formazione di un gentiluomo dell’800 o del 700. Oggi è bandita dal curriculum scolastico di una persona. Si avverte drammaticamente la mancanza di una formazione all’ascolto, regna un generico «sottofondismo» musicale. Evidenzia una pericolosa defezione ai concerti da parte dei giovani. Ieri c’era un entusiasmo che veniva trasmesso dalle generazioni più mature a quelle più giovani. C’erano una televisione e, soprattutto, una radio che aiutavano moltissimo. Oggi tutto ciò è quasi scomparso. Rete Toscana Classica, che Batisti dirige, ha successo proprio per la totale mancanza di trasmissione di musica colta nei media nazionali.

Batisti illustra il suo programma per cercare di migliorare la situazione: dopo avere formato l’orchestra, quello che interessa alla dirigenza della Camerata è formare il pubblico. Quest’anno i concerti della Camerata sono stati inseriti nel programma scolastico delle scuole pratesi. Giovani musicologi hanno effettuato incontri con gli insegnanti su particolari periodi della storia della musica legandola alle contemporanee storia, letteratura, filosofia. Agli insegnanti sono stati dati così gli strumenti per lavorare con gli scolari. A Prato è iniziato un programma di educazione all’ascolto del linguaggio musicale. In tale programma il concerto arriva da ultimo come verifica del lavoro teorico svolto prima. Di ogni concerto della Camerata è stata eseguita una replica in orario scolastico esclusivamente per le scuole. I risultati sono stati sorprendenti: per la «Nona» di Beethoven o il «Sogno di una notte di mezza estate» di Mendelssohn il Politeama di Prato (1000 posti) era stracolmo. Batisti ha in mente un invito a costo zero per i giovani. A costo zero: nessun guadagno per l’orchestra ma un investimento per il futuro. Con la consapevolezza di correre un gran rischio è stata offerta ai ragazzi musica ritenuta «temibile» per la difficoltà dell’ascolto: «Verklärte Nacht» di Schönberg oppure la «Serenata» di Britten diretta da Bartoletti. La risposta del giovanissimo pubblico, attento e concentrato, è stata entusiasta e incoraggiante.

Batisti vuole offrire ai giovani agganci con quello che conoscono con quello che sentono dentro di loro: Fidelio è stato il più grande successo che Batisti e i suoi collaboratori hanno avuto con le scuole di Pisa: l’ideale della libertà che intride l’opera di Beethoven toccava tutti e tutti hanno sentito quella musica come propria. E in sala non volava una mosca. Nelle scuole italiane questo lavoro sull’ascolto alla musica non c’è. Batisti fa affermazioni con il dichiarato scopo di fare scandalo (ma chi di dovere si scandalizzerà?): si studiano Carducci e Nievo, ma non viene concesso il diritto di studiare Mozart e Beethoven. «Ma siamo matti? Cosa conta di più per la costruzione di un essere umano? Bach, Mozart e Beethoven o Ippolito Nievo e Giosuè Carducci?». I giovani escono dalle scuole depauperati di Mozart, di Schubert, senza avere il benché minimo strumento per capire la «Nona» di Beethoven. Questo è delittuoso. Così si vive peggio. Si è più poveri.