UBALDO CORSINI: la dolce arte dei dolci
Già, la famiglia. Il signor Ubaldo non è da solo: è sposato con Luigia, ha quattro figli che non vivono sulle spalle delle glorie paterne come quelli di alcuni industriali. A vario titolo, secondo le predisposizioni e gli studi fatti, tutti i Corsini junior lavorano nella ditta paterna: Gianluca, biologo, si occupa del controllo qualità, Corrado, ragioniere, si occupa delle vendite, Andrea, laureato in economia e commercio, si occupa dell’amministrazione, Roberto che dopo il liceo ha ritenuto di non dover continuare gli studi, si occupa della produzione. Corsini senior parla dei figli con tenerezza e stima. Da quando i figli sono diventati grandi, le decisioni sull’azienda sono state sempre prese collegialmente.
Anche il bel logo dell’azienda è un’affettuosa allusione ai figli: rappresenta in modo stilizzato quattro bambini che si tengono per mano uniti per un’unica testa; potrebbe sembrare anche un fiocco di neve, ma l’ambivalenza è voluta con chiaro riferimento alla neve che d’inverno cade abbondante sul monte Amiata.
Il monte Amiata è storicamente terra di minatori e di contestatori. Corsini non è un minatore, dice di non essere neanche un contestatore, ma quando il discorso cade sui problemi del comprensorio e sulle scelte non fatte dai politici per risolverli, la sua voce bassa e pacata si alza di un tono, e anche di due. Avere amministrazioni comunali, provinciali e regionali dello stesso colore politico non porta giovamento. Sviluppo e crescita passano, invece, proprio attraverso vivacità politica, contestazione, contrapposizione.
L’armonia e la sintonia che regnano fra le varie istituzioni politiche della Toscana sono diventati appiattimento. Una delle conseguenze è il mancato sviluppo della viabilità della zona amiatina che, tenuta lontano dalle grandi vie di comunicazione, ha visto compromessa una crescita imprenditoriale omogenea, avvenuta invece a pelle di leopardo: alcuni paesi, fra cui Castel del Piano, stanno bene, altri stanno peggio, con conseguenti disoccupazione, spopolamento, invecchiamento della popolazione.
Quando 100 anni fa ogni famiglia faceva il pane in casa, un pezzettino di pasta lievitata veniva lasciato in fondo alla madia coperto con la farina. La settimana successiva (il pane in casa si faceva una volta la settimana) il pezzetto di pasta, nel frattempo inacidita, veniva «rinfrescata» mettendola sotto l’acqua calda: la pasta si rigenerava; a questa veniva aggiunta altra farina e veniva fatto il nuovo pane. Di nuovo un pezzetto di pasta veniva messo in fondo alla madia per la settimana successiva, e così via. Il lievito madre è, quindi, quel pezzettino di pasta che viene conservato settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno. Non esiste alcun intervento di altra natura. Me lo dice a bassa voce, quasi mi rivelasse un segreto druidico. Il lievito madre dei Corsini pesa 3 chili e ha 30 anni. Viene rinfrescato però non più una volta la settimana, ma tutti i giorni nelle prime ore del mattino, ottenendo così il lievito necessario per la produzione giornaliera. Questo lievito ottiene da solo il risultato di far lievitare il panettone e il pandoro. Per fare i veri panettone e pandoro, per fare i veri dolci lievitati occorre ancora quel lievito madre.