ZAIRA CONTI: Una donna in guerra contro la droga

DI FRANCESCO GIANNONI«Perché ti droghi? Perché mi annoio». Questa è la risposta che normalmente si sente dare Zaira Conti, quando un ragazzo arriva a Villa Lorenzi, il centro fiorentino, vicino a Careggi, da lei guidato per il recupero dei tossicodipendenti.

Zaira Conti è una signora di quasi settanta anni, all’apparenza timida, ma con una volontà d’acciaio. È totalmente coinvolta nella sua attività: non le pesa l’orario pieno dalle sette di mattina alle undici di sera, non le pesa il non andare in vacanza. Il poco tempo che trova per sé («ma lo devo trovare, mi è indispensabile per recuperare energie») lo dedica a stare sola con se stessa, alla lettura, alla preghiera fatta a volte insieme alle clarisse fra cui ha una cara amica.

Durante il colloquio mi stupisce una sua affermazione: «Ho nostalgia di un tossico vero». Mi spiega che la tipologia del drogato è cambiata radicalmente: trenta anni fa chi si drogava lo faceva per una crisi esistenziale, per mancanza di lavoro, per una motivazione politica. Ma aveva, comunque, dei valori in cui credere, degli ideali da realizzare: su questi valori si poteva lavorare per cercare di salvarlo. Un giovane oggi inizia a drogarsi perché si annoia: «Questi ragazzi dentro sono vuoti, non hanno niente, non sognano. Domandiamo ai ragazzi: che cosa vuoi raggiungere nella tua vita? Loro non sanno che cosa rispondere. O perché hanno troppo o perché mancano di valori. Sono lì, inerti, annoiati di tutto. E si fa molta più fatica a lavorare per il loro recupero». Ma «io sono una persona di speranza e tutti i giorni lotto con entusiasmo, perché deve passare in loro qualcosa per cui la loro vita acquisti di significato».Il recupero di un tossico dipende in gran parte dal fatto che dietro di lui ci sia una famiglia, una persona che lo sorregga durante e dopo la «cura». Sono, comunque, persone fragili: anche quando hanno finito il programma di recupero che va dai tre ai quattro anni, viene sempre effettuato un incontro al mese per un anno. Ma un certo marchio, una fragilità rimangono, anche se con il tempo queste persone possono trovare delle sicurezze. Ci sono donne e uomini meravigliosi che hanno seguito il programma, e mai si penserebbe che abbiano fatto uso di droghe. Una ragazza è arrivata a Villa Lorenzi ed era una punkabbestia. Oggi è una giovane donna educata, raffinata che addirittura dirige un’azienda.

L’uso di droga è in aumento fra gli adolescenti, che soprattutto fumano spinelli e s’impasticcano, e fra gli adulti che sniffano cocaina. Questa sostanza una volta era roba da ricchi, oggi è alla portata di tutti. Ad aggravare la situazione, si aggiungono le «sottigliezze» usate dal tossico: l’eroina è fumata non iniettata, così questi si sente in diritto di dire «io non sono un drogato, non mi faccio le pere, fumo soltanto».

Siamo in un momento molto difficile, perché il problema viene sottovalutato dagli adulti e anche dalla scuola: è vero che un insegnante non può tenere tutto e tutti sotto controllo, ma è anche vero che i ragazzi a scuola trovano fumo e pasticche. Oppure nelle discoteche dove i ragazzi di Villa Lorenzi assicurano che la droga è all’ordine del giorno. Zaira mi porta l’esempio di una ragazzina di 16 anni nel cui organismo è stato trovato di tutto: cocaina, eroina ecstasy, metadone e amfetamine. È difficile il lavoro sugli adolescenti: prima di tutto perché un genitore fa fatica ad accettare che il figlio si droga (rimanda rimanda, nel frattempo c’è stata assuefazione) poi perché, quando il figlio diventa maggiorenne, il genitore ha meno potere anche da un punto di vista legale.

Le chiedo se è vero, come sostengono tanti, che lo spinello non fa male. Segue un lungo attimo di silenzio, poi amaramente sbotta: «È la barzelletta del giorno. Tanti sanno, e ora anche i professionisti che si occupano di tossicodipendenza iniziano a dirlo: lo spinello è veramente micidiale, perché annebbia tutto e porta alla depressione. Ho avuto una persona che fumava trenta spinelli al giorno; ora è in psichiatria ed è irrecuperabile, è una persona definitivamente disturbata». Si inizia dicendo «tanto lo fanno tutti». Uno spinello non fa male ma l’uso prolungato sì: è una droga come tutte le altre, porta a dipendenza e all’uso di altre e più pesanti droghe.

Nonostante questo quadro a tinte fosche, Zaira Conti, avendo visto i risultati del suo lavoro, è ottimista: «Lavoriamo sui giovani, lavoriamo sulla prevenzione».

La schedaZaira Conti è nata a San Donnino nel 1938; vive a Firenze da 32 anni. Ha fatto parte di una comunità laica. Alla fine degli anni Settanta incontrò i primi tossicodipendenti fra cui una mamma con due bambini. Si avvicinò a loro per capire qual era la loro sofferenza e perché usavano droghe. Iniziò così il suo cammino. All’inizio ovviamente non aveva competenze. Il cardinale Giovanni Benelli nel 1978 mandò Zaira a Roma da don Mario Picchi a farsi l’esperienza necessaria per svolgere quella che per lei era diventata la missione della vita: aiutare i tossici. Vi rimase sette mesi. Poi partì per New York dove per 40 giorni visse nelle comunità di recupero americane. Nel 1981 fu aperta una prima comunità con don Giacomo Stinghi. Una collaborazione andata avanti per anni fino a quando Zaira pensò di lavorare soprattutto sulla prevenzione. Ne parlò con il cardinale Silvano Piovanelli e fu così che nel 1989 iniziò a Villa Lorenzi il suo «nuovo» lavoro. Era sola con un educatore: cominciò con 7-8 ragazzi.Oggi Villa Lorenzi ha circa 30 ragazzi a rischio dai 9 ai 18 anni, segnalati dalla scuola o dai servizi sociali. Ovviamente a 9 anni non si drogano, ma vivono situazioni familiari e scolastiche che potrebbero indurre in seguito alla droga. Viene svolto un lavoro educativo e formativo. Ci sono 12-15 adolescenti dai 14 ai 20 anni, i cosiddetti «Giovani per il futuro», che hanno conosciuto droga o alcol («questo è un altro problema da non sottovalutare soprattutto fra gli adolescenti»). Viene poi svolto il «Programma serale» che coinvolge una ventina di ragazzi che hanno esperienze pesanti di droga e alcuni adulti che fanno uso di cocaina. Gli orari sono diversi per le varie tipologie di assistiti: i ragazzini arrivano subito dopo la scuola, per il pranzo («dovrebbe sentire che confusione», mi dice con un sorriso); gli adulti vengono la sera perché durante il giorno lavorano; non fa nomi ma mi fa capire che fra loro ci sono anche professionisti di fama. L’assistono 110 volontari, fra cui molti insegnanti che seguono quei ragazzi che avendo già fatto uso di sostanze stupefacenti, nella scuola potrebbero facilmente trovarle; questi vengono fatti studiare privatamente a Villa Lorenzi, poi fanno l’esame in accordo con i presidi delle scuole di provenienza. Viene svolto un corso di formazione di falegnameria e restauro per aiutare i ragazzi a entrare nel mondo del lavoro: la mattina studiano, il pomeriggio imparano il lavoro.