GIUSEPPE CONTI: Il matematico che ha svelato i segreti di Brunelleschi

di Francesco GiannoniChi scrive queste righe, ha sempre avuto un rapporto con la matematica improntato a diffidenza e antipatia reciproche. Io e la matematica non ci possiamo vedere. Andando a intervistare un insigne matematico, docente sia ad architettura che a ingegneria, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative, invitato dappertutto per convegni e conferenze, metto la coda fra le gambe con la ferma intenzione di lasciarvela. Trovo il professor Giuseppe Conti con il giornale sotto braccio all’ingresso del palazzo dove abita, salgo insieme a lui in ascensore ed entro nella sua accogliente e luminosa casa. Sui mobili sono posati, fra l’altro, utensili quali un’antica macchina da scrivere, un’antidiluviana ma affascinante calcolatrice, una macchina da cucire di quelle della nonna: «I vecchi arnesi mi piacciono, perché non solo si potevano toccare, ma anche impugnare con la nostra mano; ora si va avanti a forza di pulsanti, e le macchine moderne sono fredde». Ma non è un nostalgico, il professore, come vedremo. Fin dall’inizio della chiacchierata, mi «rivela» che la matematica è ben lontana dall’essere una materia gelida e astrusa, anzi serve tantissimo nella vita di tutti i giorni, anche se non ce ne accorgiamo. La matematica è una creazione dell’uomo, è uno strumento che l’uomo si è dato per potere interpretare la realtà: quindi la matematica è una materia a misura d’uomo. Purtroppo nel corso dei secoli le scoperte matematiche sono state rese astratte e a un certo punto si è insegnato più la parte teorica di quella pratica: è lì che è nata l’avversione di parecchi per questa materia. Ma tutte le comodità di cui noi ci gioviamo, senza di essa non esisterebbero. «Scopo dei miei studi è proprio cercare la matematica nascosta nella vita: c’è anche se non si vede». Fra gli infiniti esempi che si possono fare, il cellulare gsm è basato su una formula matematica senza la quale non funzionerebbe. Tale formula, inventata dall’italiano Viterbi 40 anni fa, fu messa in pratica 30 anni dopo, appunto con i gsm. Come tanti matematici non brevettò la sua formula per cui da essa, fondamentale per la vita di tutti i giorni, non prese un centesimo. Lo stesso Viterbi ha inventato la formula che serve per gli umts, i telefonini di ultima generazione: ma, imparata la lezione, stavolta la formula l’ha brevettata.

Conti si interessa della matematica applicata alla musica, all’arte, all’architettura. Attraverso la matematica è riuscito a scoprire come è stata costruita la cupola del Brunelleschi che, oltre che un architetto fu anche un matematico. Brunelleschi era in forte contrasto con i fiorentini; perciò non volle loro svelare come sarebbe arrivato alla realizzazione della cupola. Ecco perché questa è stata un enigma fino a poco tempo fa. Per cercare di risolverlo, fin dall’epoca del Brunelleschi sono state fatte tante ipotesi. Conti si è messo a studiarle una per una riducendole in formule matematiche, per vedere che oggetto avrebbero dato se fossero state realizzate. La cupola è piena di matematica. Senza la matematica non si potrebbe capire come è stata fatta. «Ho scoperto che quasi tutte le teorie messe in pratica danno lo stesso risultato e gli oggetti ottenuti seguendo le teorie corrispondono alla cupola di Santa Maria del Fiore. Le dirò una curiosità: due studiosi del Brunelleschi, partendo da presupposti diversi, avevano formulato due teorie sulla costruzione della cupola; i due si odiavano in maniera viscerale perché ritenevano sbagliata l’ipotesi dell’altro. Io le ho analizzate entrambe dal punto di vista matematico e, alla fine, mi sono accorto che erano identiche».

Per diffondere le sue affascinanti idee su una matematica a misura d’uomo, Conti ha realizzato un sito internet. Con tale sito ha vinto nel 2002 il Pirelliaward che premia annualmente i migliori lavori di divulgazione scientifica tramite Internet. È stato il primo matematico a vincerlo e fra i vincitori è in compagnia di qualche premio Nobel, di enti quali la Nasa e la Ericsson (il lavoro in questione può essere visto cercando i vincitori del 2002 nel sito www.pirelliaward.com).

Ma lei è un genio! «Ma no, che non lo sono. I geni sono su altri pianeti per me irraggiungibili; io sono uno che per passione si è dedicato alla studio ottenendo risultati appaganti». Mi indica i nomi di alcuni geni italiani della matematica: per esempio il napoletano Renato Caccioppoli (quello del film Morte di un matematico napoletano) oppure il pisano Enrico Bombieri, l’unico italiano che ha vinto il premio Field, il corrispondente del Nobel per la matematica. «Sa perché non esiste il Nobel per la matematica? Perché sembra che la moglie di Nobel tradisse il marito con un giovane matematico molto bravo, che avrebbe sicuramente vinto il Nobel per la matematica, se il premio fosse stato istituito anche per questa materia».Una delle soddisfazioni più grandi di Conti è essere riuscito a dimostrare che la matematica serve tantissimo nella vita quotidiana. Nonostante questo, è indubbio che i matematici siano pochi: Conti si è posto spesso il problema, ma una risposta sicura non ce l’ha. Potrebbe essere perché certa matematica è caratterizzata da eccessiva astrazione per cui tante persone diffidano dallo studio di questa materia. Tanti matematici si compiacciono delle loro ricerche senza pensare che queste possono essere applicate: il matematico fa un bellissimo teorema, è soddisfatto di questo, e gli basta. Poi ci sono altri che sfruttano il teorema e lo mettono in pratica, ma di questo il matematico non si interessa. Anzi applicare i risultati ottenuti è un po’ sporcarsi le mani, perché il matematico si sente un puro, al di fuori del mondo. Per esempio, il rivoluzionario programma che usano ingegneri e architetti per fare i progetti al computer, il cad, è scoperta di un matematico. Questi, dopo l’invenzione, si è ritirato in splendido isolamento sulla sua torre d’avorio e la sua idea è stata sfruttata da altri. Se il pallonenon è rotondoA parte il suo campo d’indagine, quali sono gli interessi di un matematico? Giuseppe Conti, fiorentino, timido e pacato, di quasi 60 anni, ama la pasta fatta in casa. E la fa lui, ma non con la macchinetta (troppo complicato) bensì con il matterello. Stravede per la cucina calabrese, perché per alcuni anni ha insegnato all’università di Cosenza e della punta d’Italia ha un eccellente ricordo umano, professionale, culinario e naturalistico: «Ah, la Calabria con i suoi monti boscosi di quasi 2000 metri a ridosso del mare cristallino». A questo proposito mi racconta di quando un 25 aprile, la mattina, era in Sila a sciare. Verso le 13 la neve cominciò a sciogliersi perché era primavera e faceva caldo. «Smisi di sciare, caricai tutto in macchina, scesi a Fuscaldo, in riva al mare, e feci il bagno».

Sì, ma in famiglia, insisto, di che parla? «Non di matematica, certo». Sposato due volte con due insegnanti di matematica, il figlio maggiore è ingegnere meccanico, la figlia, «nauseata» dei numeri, ha studiato psicologia, ma scoprendo che la matematica in fondo in fondo non era così brutta, si è laureata in psicologia del lavoro, materia piena di statistica e quindi di matematica; ha un bambino che ovviamente va bene in matematica.

Come si fa a parlare di matematica in casa? Infatti, parlano di calcio. Tifoso sfegatato della Fiorentina, quando la squadra perde, Conti è a lutto. E gli studenti se ne accorgono. «In famiglia ho due grosse disgrazie, purtroppo» (mentre mi dice così, pensando a qualche lutto o a qualche grave malattia, comincio a cercare disperatamente nel mio scarno repertorio delle formule di circostanza): la moglie e il figlio sono juventini: «Queste sono le disgrazie. Quando ci sono certe partite esco di casa per evitare lo scontro fisico. Guardi che c’è la matematica anche nel calcio, e non alludo solo alle geometrie di gioco».

Il pallone non è una sfera, ma un poliedro archimedeo disegnato da Leonardo da Vinci, fatto da 20 esagoni e da 12 pentagoni. Quando la palla vola e gira per aria si applica una precisa legge fisico-matematica che serve anche agli aerei per volare e alle barche di andare di bolina, cioè controvento. Chissà se i calciatori, anche quelli che vanno al Cepu, lo sanno.