MARIA ELETTA MARTINI: La politica e il volontariato al femminile

di Francesco GiannoniIn momenti in cui la politica è ridotta spesso a becera rissa televisiva, poter parlare con Maria Eletta Martini è come scoprire un’insperata oasi nel deserto: dolcezza, pacatezza, sobrietà, modestia nelle parole e nell’apparire, virtù ormai rare, le abbiamo ritrovate in questa signora, capace di guardare con sereno distacco alla sua vita e alla situazione politica italiana. Ci rechiamo volentieri a trovarla a Lucca, sua città natale. Abita fuori le mura, in una bella casa di inizio ‘900, con decori floreali alle pareti e sui pavimenti, e con un arredamento di gusto affettuosamente familiare.Se è delicato il periodo in cui viviamo, ancora di più doveva essere quello del secondo dopoguerra. Eppure Ferdinando Martini, padre di Maria Eletta, non si tirò indietro e fu il sindaco di Lucca. La figlia è sempre stata positivamente influenzata dalla figura paterna. Quando faceva le campagne elettorali, e andava in giro per paesi e paesini, mancando allora la televisione e i sistemi mediatici odierni, la gente le suggeriva «fai come tuo padre». Questo l’ha molto condizionata; molto, perché «in verità mio padre è stato un maestro di correttezza, di competenza, di altruismo» e il suo esempio «mi ha aiutata a evitare comportamenti che lui avrebbe condannato».

Il padre, inoltre, non ha mai approfittato della propria autorità per influenzare i figli nelle loro scelte, politiche e non. Ha avuto molto rispetto e ha concesso molta libertà. Racconta la senatrice a mo’ di esempio che, ai tempi delle elezioni politiche in cui Gronchi era candidato, ai sei fratelli Martini, nessuno disse nulla su chi votare; poi, piano piano, venne fuori che tutti avevano votato per Gronchi.

Uno dei fratelli, che per motivi d’età non poteva votare al referendum per la scelta fra monarchia e repubblica, disse alla madre: «Mamma, vota anche per me, vota repubblica». Questo è stato l’unico caso, se così si può dire, in cui all’interno della famiglia è stata fatta una chiara richiesta di voto per qualcuno. «Nessuno ci ha mai condizionato e io ho cercato di continuare a farlo: non mi sognerei mai di utilizzare i rapporti familiari a fini politici. Mi fa piacere, quando chiacchierando, viene fuori che fra di noi ci sono posizioni analoghe; però ho conservato questa linea di ritenere la politica una cosa, la famiglia un’altra».

La carriera politica della Martini era iniziata ancora prima della fine della guerra, quando faceva la staffetta partigiana in lucchesia, correndo il rischio di finire prima di cominciare. Ma accettò, offrendosi volontaria.E volontariato e politica sono un binomio inscindibile nella vita di questa signora che nel 1984 ha fondato il Centro nazionale di studi e documentazione sul volontariato con sede a Lucca, divenendone presidente. Dal 1991 al 2001, su nomina del presidente del consiglio dei ministri, ha preso parte all’Osservatorio nazionale per il volontariato.Rifiuta la contrapposizione fra volontariato-cosa buona e politica-cosa cattiva e marcia: anche la politica, se fatta seriamente, ha lo stesso motore che anima il volontariato. E nel volontariato non si sa chi dà o chi riceve di più: se il volontario o chi se ne giova, anche se c’è sempre, comunque, un rapporto personale, uno scambio immediato.

La signora Martini ha fatto per tanti anni contemporaneamente politica e volontariato, regolando e sostenendo il secondo con una apposita legge. Non ha mai trovato contrasti, contrapposizioni nello svolgere le due attività. E se non c’è dubbio che le azioni che si compiono non sono immediatamente le stesse, il fine di entrambe è promuovere il bene comune: questa dovrebbe essere la via da seguire.

Tale attenzione al volontariato e ai suoi problemi ce l’ha nel sangue, anche perché vive in una regione e soprattutto in una provincia che ha una forte presenza di volontari. C’è chi dice che chi fa volontariato non dovrebbe avere responsabilità politiche: «Io mi augurerei, invece, che tanti volontari si assumessero responsabilità politiche, perché si proiettano in avanti certe sensibilità che altri non hanno, perché il volontariato è una bella scuola». Sarebbe bene, comunque, quando si fa politica, scegliere sedi diverse da quelle dove si fa volontariato per evitare anche la tentazione di utilizzare i contatti creati con il volontariato ai fini elettorali, per farsi una riserva di voti. Lei è stata sempre molto attenta a non confondere le due facce della sua attività e «credo, spero, mi auguro di esserci riuscita». Ma la politica è veramente una cosa sporca? Per tanti anni è calata ovunque la sensibilità della politica sul piano morale. Con «mani pulite» c’è stata una reazione, una richiesta forte e giusta. La classe politica faceva fatica a far fronte al dilemma che le veniva posto innanzi: dovere dimostrare di non essere colpevole; puoi non esserlo, ma lo devi dimostrare. E molti politici hanno accettato la sfida, testimoniando che si voleva e si doveva fare diversamente.«Purtroppo a quel che stiamo vedendo e leggendo, la lezione non è servita», anche se la politica in sé non è sporca, sono sporche certe persone che fanno politica, prive di motivazioni forti e di ideali veri che per la Martini sono guide necessarie in questa attività.

Le donne da questo punto di vista, non sono state «impicciate» per un motivo molto semplice: per una donna è tanto più difficile fare politica che non mette in gioco i risultati raggiunti per soddisfare a qualche interesse poco chiaro. E i risultati si vedono: quanti assessori donna che lavorano!

A proposito di donne e politica, inseriamo nella nostra chiacchierata l’argomento «quote rosa»: «Io voto una donna se so quello che pensa e quello che vale, non perché è una donna». Non le piace questa specie di «riserva indiana per le donne». Ricorda sempre quando era capolista per la Dc nella circoscrizione di Lucca: durante la campagna elettorale, c’era un ragazzo che l’aiutava e l’accompagnava in giro; un giorno, questo giovane si rivolse a un gruppo di ragazze dicendo loro che come donne, avrebbero dovuto votare Maria Eletta Martini, una donna; al che una ragazzina replicò: «Ma a me importa sapere che cosa pensa la candidata, poi magari la voto».

Con l’equilibrio e la saggezza che la contraddistinguono, la Martini riconosce, comunque, ai fautori delle quote rosa, che se le sostengono con così grande impegno, avranno le loro ragioni, dovute soprattutto alla difficoltà di avere in politica una forte presenza femminile.

«Sono in pensione, ma a leggere i giornalimi arrabbio ancora»Maria Eletta Martini nasce a Lucca nel 1922. Laureata in Lettere all’università di Pisa, è stata insegnante di materie umanistiche nelle scuole medie lucchesi. Ha passato la vita in politica, prima come dirigente delle organizzazioni giovanili cattoliche, poi come membro della Dc. È stata consigliere comunale a Lucca dal 1956 al 1966 e poi di nuovo dal 1990 al 1993. Alle elezioni dell’aprile 1963 fu eletta deputato al parlamento; e così per le seguenti quattro legislature. Fra il 1978 e il 1983 fu vicepresidente della Camera dei deputati, quando i presidenti si chiamavano Ingrao e Jotti. Fu eletta senatrice alle consultazioni politiche del 1983 e del 1987.

Amica e discepola di Moro e Zaccagnini, negli anni di tangentopoli, è stata promotrice di una linea di severa moralizzazione all’interno del partito (pesantemente coinvolto negli scandali e nelle indagini giudiziarie) divenendo in seguito uno dei fondatori del nuovo Partito popolare italiano. Il 2 giugno del 2002, per l’alto servizio reso al paese durante la sua lunga carriera parlamentare, è stata insignita da Ciampi della massima onorificenza di Cavaliere di Gran Croce.

E ora che fa Maria Eletta Martini? «Ormai sono in pensione, ho molto tempo libero; finché non è arrivato lei, ho letto i giornali, prendendomi le dovute arrabbiature».

Confida che la politica è una specie di droga: quando uno si è abituato, è difficile smetterla. Al momento di lasciare l’impegno politico parlamentare nel 1992, ci fu un’insistenza da parte dei vertici politici dell’allora Dc, con Forlani in testa: tutti la invitavano a non smettere.«Ma io politica la faccio lo stesso anche se non dalle sedi parlamentari. E poi sono convinta che ogni generazione debba avere i propri capi e i propri responsabili. Le dirò, inoltre, che sono stata indotta all’abbandono anche perché mi ero stufata di avere intorno sempre le stesse persone».