ANTONIO MORETTI: Tra moda e vino

di Francesco GiannoniAntonio Moretti è un uomo d’affari. Alto e prestante, è dotato di uno sguardo penetrante e di un sorriso che rivela un’invidiabile sicurezza di sé. Pur lavorando nel campo della moda, in alcune società che producono beni di lusso, la sua passione apertamente confessata è il vino. Si proclama inesperto bevitore, ma parlando viene fuori una notevole competenza costruita con letture specifiche e con tanta pratica sul campo. Ci incontriamo un pomeriggio in una mezzora che gentilmente è riuscito a scovare nella sua agenda fitta di impegni.

Ma prima, cordialmente invitato dalla sua efficiente segretaria, ho avuto l’opportunità di partecipare, insieme a clienti americani, a un pranzo con degustazione di alcuni vini prodotti nei vigneti di Moretti. Questi non sono situati solo nell’aretino, dove Moretti vive, ma anche a Magliano in Maremma e nella val di Noto in Sicilia. I più amati, però, sono forse quelli della Tenuta Setteponti che il padre di Moretti acquistò in parte negli anni ’50 dalle principesse Margherita e Maria Cristina di Savoia-Aosta. Il nome Setteponti deriva dal numero dei ponti che attraversano l’Arno fra Arezzo e Firenze; uno di questi è il medievale bellissimo Ponte Buriano, eternato da Leonardo in due suoi quadri: la Madonna dei Fusi e la Gioconda.

Moretti è un manager sempre alla ricerca della qualità in qualsiasi campo metta in gioco il suo impegno; il frutto della sua ansia di perfezione l’ho riscontrato personalmente: i vini assaggiati durante l’eccellente pranzo di cui sopra sono stati un crescendo di sensazioni. Il culmine si è avuto quando è stato servito l’Oreno, considerato dall’autorevole Wine Spectator’s il quinto miglior vino al mondo nell’anno 2005: non riesco a immaginarmi come siano i quattro che lo hanno preceduto…Dopo il pranzo l’incontro con Moretti che, con aria soddisfatta, fuma un sigaro (è un raffinato conoscitore anche di questa gioia della vita, ma da tempo non è più un fumatore accanito). È una splendida giornata di settembre: la luce calda e limpida che entra dalle finestre esalta la patina dei mobili antichi che, insieme a tante nature morte, arredano l’ampio soggiorno e tutta la bellissima casa.Ovviamente parliamo di vino; pure delle sue altre attività, però di sfuggita. Mi dice che fra la produzione di vini di qualità e di scarpe cucite a mano, come quelle delle sue aziende, esiste un minimo comune denominatore: «l’attenzione, la ricerca del particolare, la meticolosità nell’inventare un’etichetta, la cura quasi maniacale nello scegliere e nel creare le materie prime. Perché si possono avere i più bravi consulenti del mondo ma se non si hanno uve di qualità, difficilmente si potrà fare un grande vino».

E poi quando c’è di mezzo la passione, qualsiasi persona «si dedica a una attività con quel pizzico di amore in più o con quelle piccole accortezze e sensibilità che fanno la differenza quando si arriva alla fine del lavoro» (ho visto una foto che ritrae Moretti in mezzo alle sue vigne: se le coccola con lo sguardo, carezzandole con mani amorose). Nonostante continui a seguire tutti le attività come ha sempre fatto, i figli Alberto e Andrea lo aiutano, sollevandolo da tanti problemi nella gestione quotidiana del lavoro, permettendogli così di avere più tempo per seguire il vino. Se non fosse chiaro, il suo obbiettivo rimane quello di potersi dedicare solo al vino, e il prima possibile.

Parliamo del vino toscano. Secondo alcuni per fare concorrenza ai francesi sono state snaturate le caratteristiche del Chianti. Per Moretti noi toscani non abbiamo nella produzione enoica quella grande tradizione così decantata. Se assaggiamo bottiglie di 20-30 anni del nostro tanto celebrato vino, risultano «cose imbevibili». Quindi su cosa possiamo basare il riferimento al passato? Non ci sono elementi di paragone nel passato così forti per potere dire che oggi i vini toscani non sono più tipici, non hanno più identità. Gli unici vini memorabili di 20-30 anni fa sono il Brunello, il Sassicaia, il Tignanello e pochi altri.

Ma se assaggiamo questi stessi vini come vengono prodotti oggi, sentiamo che sono notevolmente cambiati: «ma è giusto e bene che sia così, perché cambia il modo di allevare le viti, cambia il modo di selezionare le uve, cambia il sistema delle fermentazioni. E tutto questo in meglio, in nome della qualità».

Come del resto sono cambiati anche i vini francesi (per esempio il Bordeaux) che si sono adeguati al gusto di quelli italiani che erano molto più moderni e più piacevoli. E nonostante i francesi siano bravissimi nel pubblicizzare e nel vendere, anche per un fatto di campanilismo Moretti preferisce bere i vini italiani, a parte lo Champagne, «l’unico grande vino che hanno i nostri cugini e che gli invidio».

Moretti, come detto, è un perfezionista. Se un bel vino accompagna un bel pranzo, ecco che questo impegnato uomo d’affari si toglie la giacca, si mette il grembiule e si trasforma in un eccellente cuoco; ha la massima attenzione per la scelta dei cibi e per tutti gli accessori della cucina, per esempio le pentole che devono avere le giuste percentuali di quei metalli che trasmettono meglio il calore, lo diffondono e lo mantengono, sceglie le carni, le materie prime e, se lui personalmente non cucina spesso, pretende che i suoi cuochi imparino a preparare i cibi come lui vuole che siano cucinati. Moretti che caratterialmente non ama i tempi morti (e «non è un fatto di insofferenza, ma mi sembra di perdere tempo»), quando ha un minimo di tempo libero, tira fuori il suo lato di equilibrato filosofo epicureo: assaporare un buon vino, fare una passeggiata in campagna, vedere una mostra di pittura dell’amato futurismo vogliono i tempi adeguati, altrimenti «non si coglie il piacere o le sfumature di tanti particolari: una bella luce, un bel tramonto, dei bei colori, l’emozione di una giornata di caccia. Io sono stato un appassionato cacciatore, non uno sparatore, ci tengo a dirlo»: ce lo testimoniano l’abbondanza di trofei esotici o nostrali che adornano certi ambienti di casa sua.

L’ultima passione di Moretti (ma sarà davvero l’ultima?) sono i cavalli: ha una scuderia di esemplari addestrati per il polo, una delle principali in Italia. I figli Andrea e Alberto, infatti, sono appassionati di questo sport, hanno fondato una squadra che si chiama Tenuta Setteponti, formata da loro due e da giocatori argentini: la squadra partecipa a tornei internazionali. Con successo, non ne dubitiamo.

La schedaDai vestiti alle scarpecon un occhio alla qualità e uno al prezzoAntonio Moretti è nato ad Arezzo poco più di 50 anni fa. Si è laureato a Siena in Scienze economiche e bancarie. Nel 1977 ha creato la catena Modi & Moda, attiva in tutta Italia e anche all’estero, la cui filosofia è produrre e distribuire abbigliamento di grande qualità a prezzi convenienti. L’azienda controlla ogni fase: dalla ricerca delle tendenze di stile alla scelta dei migliori tessuti, dalla confezione degli abiti al controllo della loro qualità, al negozio dove sono posti in vendita.

Gli affari hanno avuto un ulteriore incremento quando è stata acquisita Arfango, nota fin dal 1902 per la lavorazione a mano del suo cuoio antico, il cui trattamento si basa sulla concia in fossa. Questo è un metodo che risale al XV secolo: dopo alcune operazioni di preparazione, ripulitura e scarnitura, la pelle è posta a riposare nell’acqua di spaziose vasche, dove sono aggiunti estratti di corteccia di mimosa e di quercia. Solo alla fine di tale procedimento, la pelle viene ingrassata, ammorbidita, fatta asciugare per alcuni mesi e tirata in modo tale da risultare uniforme e liscia. Solo a questo punto è pronta per essere lucidata a mano con alghe e cera.

In società con l’amico d’infanzia Patrizio Bertelli, del gruppo Prada, Moretti ha acquisito anche i marchi Bonora e Carshoe, aziende che producono scarpe fatte a mano e su misura: tutto questo in nome della continua e strenua ricerca della qualità.