LUCA CANONICI, un artista poliedrico reso celebre da Sanremo

di Laura Borgheresi

Luca Canonici: il fascino discreto della celebrità; viaggio nella storia del celebre tenore toscano, temporaneamente, «prestato» alla musica pop. Per ripercorrere le vicende che lo hanno reso grande «ambasciatore» dell’italianità nel mondo incontriamo l’artista di Montevarchi, proprio nella sua bella città alle porte di Arezzo, dove si respira un’aria quasi cosmopolita, anche per la presenza di una folta immigrazione, ma dove non scarseggiano ricordi di un glorioso passato, che la rendono crogiuolo di cultura, e dove un suo figlio, appunto, si sta affermando a livello planetario. Lo incontriamo, in una mattina primaverile, tra la gente entusiasta di lui, in una Montevarchi dove tutti lo salutano, riconoscendolo, mostrando orgoglio per gli importanti traguardi che Luca sta conseguendo. Ci accoglie con un grande sorriso e tanta disponibilità, ripensando che, in fondo, tutto ha avuto inizio, qui, nella sua patria, una terra che lo ha, recentemente, celebrato con bellissimi festeggiamenti al ritorno dall’«avventura sanremese», dove con Pupo e il principe Emanuele Filiberto, si è imposto, classificandosi al secondo posto, col brano, tanto amato quanto criticato, dal titolo «Italia amore mio».

Una signora romana, riconoscendolo, lo saluta, felice di incontralo e di constatarne la disponibilità: «Sembra più giovane che in video!», afferma entusiasta, e subito Canonici: «Molto simpatica questa signora!». E intanto «apre», metaforicamente, il suo scrigno di ricordi, iniziando a parlare di sé e del suo grande amore per la musica che lo ha accompagnato fin dall’adolescenza, trascorsa a Montevarchi, sua città natale, prima del trasferimento nella capitale, dove il padre dirigeva alcune fabbriche. Luca ricorda l’amore per la musica, gli studi col grande baritono Tito Gobbi, artista lirico di fama internazionale. “Fu un’esperienza bellissima – sottolinea –, veramente formativa dal punto di vista tecnico e di impostazione vocale, ma ancora più bello l’intenso rapporto creato con tutta la sua famiglia, del quale conservo un ricordo fantastico. Sono tuttora amico della figlia, mentre prima di entrare in scena l’ultimo sguardo è sempre per una vecchia foto di sua moglie, una persona fantastica, a me particolarmente vicina in tanti momenti della vita».

Poi il debutto, dopo l’esperienza di corista all’«Opera» di Roma, l’ingresso cioè nella grande lirica, esattamente il 5 settembre 1985, nello stesso importante teatro, nei panni del duca di Mantova, splendido ruolo per una voce tenorile come quella di Canonici, nel celebrato «Rigoletto» di Verdi. Questo il prologo di una prestigiosa carriera che avrebbe condotto l’artista toscano sui palcoscenici di tutto il mondo, non senza la complicità di un evento determinate nella sua parabola artistica. «Fu nel 1987 – racconta ancora Luca –, quando mi trovai a sostituire, nel film che Luigi Comencini stava girando tra Parigi e Roma, dal titolo “Boheme”, il grande José Carreras, mito della lirica internazionale, “bloccato” da problemi di salute. Tutto fu molto veloce: il provino sostenuto con tanti altri personaggi, anche attori, per interpetrare cinematograficamente il ruolo in precedenza assegnato al tenore catalano, usufruendo della sua interpetrazione vocale già incisa. Da quel momento la mia vita cambiò; compresi quello che significava la celebrità; iniziarono le interviste, i passaggi televisivi e i servizi fotografici. Vivevo momenti bellissimi, come quando, alla presentazione, appunto, del film “Boheme”, a Barcellona, Carreras mi volle al suo fianco. Fu veramente straordinario, un’apoteosi collettiva Provavo emozioni grandissime, ma compresi presto il costo di tutto ciò: il continuo frastuono intorno a me e la perdita di una libertà personale. In simili contesti fondamentale è il supporto della famiglia e la presenza di valori autentici all’interno di noi stessi».

Furono anni, questi vissuti dal tenore di Montevarchi, che ne determinarono la consacrazione definitiva, con la sua presenza nei « santuari» mondiali della lirica, come la Scala di Milano e il Regio di Parma, ma anche la Staatsoper di Vienna e il Covent Garden di Londra, interpetrando le pagine più belle del melodramma italiano e non solo, ma anche vivendo momenti irripetibili, come l’esecuzione di alcune arie liriche nel corso dei Giochi Olimpici di Barcellona nel 1992 e, addirittura, alla presenza di papa Giovanni Paolo II. Tutto il resto è storia recente: un nuovo provino che ha illuminato il suo percorso di artista e di uomo, proponendolo alla grande platea televisiva del Festival di Sanremo. «È stata una bella esperienza – ricorda – anche se molto frenetica, vissuta personalmente come un arricchimento, ma pure come veicolo pubblicitario della lirica, soprattutto nei riguardi dei giovani. Pensa, dalla mia partecipazione alla kermesse ligure, i miei contatti su Facebook si sono moltiplicati; mi scrivono anche molti bambini, chiedendomi informazioni sul mondo del “bel canto”, addirittura, informandomi di volere assistere all’opera. Sono davvero contento di tutto ciò».

Racconta l’esperienza della musica pop, vissuta come una pagina importante della sua vita, dove «l’improvvisazione è considerata un valore, a dispetto della lirica così meticolosa e attenta», ricorda tanti colleghi, molte pagine importanti della propria carriera, parla del suo ultimo disco «Italia amore mio», con dieci brani, di cui otto inediti, compreso il singolo «festivaliero», che il tenore sta diffondendo nel mondo, con grande gioia dei nostri connazionali all’estero (si vocifera di una sua eventuale partecipazione al «Columbus Day» del prossimo anno, il famoso giorno consacrato al ricordo del navigatore genovese nelle strade di New York: oggi celebrazione collettiva dell’italianità nel mondo). Parla anche del grande interesse per le bellezze presenti nella sua città, tanto da divenirne il principale «ambasciatore», oltre che valido custode, nella mansione di direttore del Museo di Arte Sacra della locale Collegiata di San Lorenzo. «Un’esperienza, quest’ultima – racconta – iniziata, qualche anno fa, per le intuizioni del parroco e del presidente dell’Associazione che si occupa della struttura museale, un modo per impegnarsi nel volontariato, in questo caso culturale, nel quale credo molto, oltre che per diffondere la conoscenza della mia città e dei suoi poliedrici artisti». E precisa: «Interessante in questo contesto la pubblicazione di un volume riguardante il rapporto della famiglia medicea con la città di Benedetto Varchi, mentre sono in fase di realizzazione importanti opere su Giovanni Martinelli, pittore seicentesco, e sullo scultore Massimiliano Soldani Benzi, entrambi glorie cittadine».

Questo il ritratto di un artista dalla grande personalità, amante del sapere, dei libri di arte e della fotografia, ma anche della propria terra e dei suoi segreti, direttore dell’«Opera Festival» di Fiesole e, ancora una volta, futuro interpetre di pagine memorabili della musica lirica. Suo il monito, derivante anche dalla condivisione della fede cattolica: «Nella vita – afferma – ci sono molte difficoltà; talvolta vacilliamo, ma importante è rialzarsi e sapere dove camminare».

Nella sua dimora anche un fortepiano utilizzato da Chopin

E’ veramente affascinante la storia di Luca Canonici, l’artista lirico che della riservatezza ha creato il proprio stile di vita. Pochi ne conoscono le abitudini, gli hobby e le passioni, iniziando dalla sua splendida abitazione, nel cuore di Montevarchi, in cui vive da solo, quasi come un signore di altri tempi, circondato dal bello, da quell’aristocrazia innata che è una parte fondamentale della sua personalità; un interpetre lirico, dunque, che smessi i panni della star, torna nella sua città, in quella dimora dal passato enigmatico, quanto glorioso, una sorta di «angolo paradiso», in cui ama trascorrere il proprio tempo libero. Ormai è la sua «base stanziale», dopo il periodo trascorso a Barcellona, «una casa – racconta Luca – che sento veramente mia, anche perché ne ho seguito particolarmente la ristrutturazione, come pure l’arredamento, scegliendo pezzi pregiati databili dal XVII al XIX secolo. È sempre stata una mia grande passione quella di riuscire a creare un ambiente che parlasse di me». Tra specchi, tavoli in stile e broccati, colpisce un fortepiano, antico strumento musicale ideato nel XVIII secolo, progenitore dell’attuale pianoforte; «al momento del suo acquisto in un’antica dimora valdarnese – racconta – non ne conoscevo l’aspetto più affascinante; pensa, ho scoperto che veniva utilizzato dal grande Chopin nel corso dei suoi soggiorni fiorentini. È un’emozione grandissima pensare che quegli stessi tasti utilizzati dal compositore polacco, adesso si trovino nella mia casa».

Ma il fortepiano di Chopin non è l’unico riferimento al mondo della lirica, di cui Luca è uno dei protagonisti, infatti, da uno splendido quadro appeso a una parete, sorride sornione il genio di Pesaro, Gioacchino Rossini, l’artista che elevò la gioia di vivere ad arte, lasciandoci pagine immortali di musica spumeggiante. Sembra felice di trovarsi nella casa di Luca, visto che di cose belle se ne intendeva davvero.

Sei sono le stanze di quest’aristocratico ambiente, con marmi, stucchi e suppellettili in un’atmosfera coinvolgente, che racconta un’altra importante pagina della vita del suo celebre proprietario, quella dell’amore per l’arte in tutte le varie forme. Nel frattempo concerti, opere e impegni vari attendono Luca Canonici, l’artista toscano che della sua terra possiede il grande genio, che diffonde con amore ed estrema signorilità.