PATRIZIO ZIPOLI: L’omaccione del Padule che scommette sui giovani
di Francesco Giannoni
Vicino a Ponte Buggianese, la frazione di Anchione: quattro case, un forno e una stanza di 10 metri quadrati, sede di quattro gruppi: Associazione Terra Nostra Unita (i proprietari del padule di Fucecchio), Federcaccia, Aipas (Associazione italiana pesca al siluro) e Associazione Volpoca. Patrizio Zipoli è presidente di quest’ultima e coordinatore di tutte, per un totale di circa 500 soci. Nato a Montecatini Terme 50 anni fa, vive a Ponte Buggianese da 40. Una vaga rassomiglianza con Bud Spencer, è buono come l’eroe di tanti film che ci hanno fatto ridere e sorridere.
Più di 40 ragazzi, dai 17 ai 25 anni, apprezzano le iniziative di Patrizio e vi collaborano attivamente; «la cosa bella è che si portano dietro le ragazzine o le fidanzate, coinvolgendo anche loro».
Alcuni risultati sono importanti. Per esempio il gruppo dei pescatori, nato dal niente quattro anni fa, con un presidente di 22 anni, si è autofinanziato con vari progetti sul territorio; oggi ha il sito internet, l’automobile, gestisce una barca a motore sul Po e un’altra sull’Arno. Simili risultati li ha ottenuti l’associazione venatoria.
A proposito della caccia, Zipoli vuole riqualificarne l’immagine: «Caccia non è sinonimo di carneficina, ma di unione, amicizia; vuol dire fare colazione insieme all’alba, trovarsi a cena. Anche lo stesso appostamento dove si spara, significa condivisione: lì, insieme, stanno i ragazzi di vent’anni e quelli di cinquanta. Si crea intimità e spesso i giovani confidano cose che neanche le famiglie sanno. Così, prima di tutto si sfogano, mettendosi nelle condizioni di farsi poi aiutare».
Un altro modo per rivalutare l’immagine del cacciatore è che questi, con la sua conoscenza del territorio, ne divenga parte attiva, guidando le famiglie in visita al padule di Fucecchio, e lo valorizzi: eccoci al secondo scopo del lavoro di Patrizio Zipoli. Anche per questa iniziativa (nata qualche anno fa con il supporto di una catena della grande distribuzione), «siamo partiti da zero, ma sempre con la collaborazione dei giovani». Questi si sono buttati anima e corpo nell’avventura e il risultato è un’affluenza di 100-150 persone al mese nel periodo d’apertura (da ottobre a maggio); «ti sembra poco? No no, ti assicuro che il risultato ci soddisfa davvero».
Chi guida il barchino, riceve un compenso ricavato dalla quota pagata dai visitatori. Ma nella scelta dei barcaioli si danno delle precedenze: prima ai disoccupati, poi ai cassintegrati, quindi ai pensionati, infine ai ragazzi. Anche se il guadagno è poco, «è comunque un aiuto nelle difficoltà o per avere qualche soldo in più, nel caso del giovane che vuole portare la ragazza a mangiare una pizza».
Per Patrizio è una soddisfazione accompagnare le famiglie che si immergono in questo lembo di natura, sul tradizionale barchino in legno con il «forcino a pingere». Pur facendo ogni volta il solito percorso, è un’emozione sempre diversa: i colori, i suoni, le atmosfere cambiano di continuo, e poi «è bello vedere i bambini, cui forse del padule non importa nulla, scherzare, ridere di niente e divertirsi magari solo a fare ghirigori nell’acqua con una cannina».
Il padule di Fucecchio, se gestito con criterio, potrebbe trasformarsi in una risorsa turistica, come è avvenuto altrove; nascerebbero posti di lavoro a garanzia di una maggiore vivibilità per i cittadini dei «paesi rivieraschi» (dice proprio così Patrizio, e scopriamo che non solo le rive del mare o del fiume uniscono, ma anche quelle di un padule).
«Bisogna solo crederci a quest’area. Io ci credo e lavoro perché ci credano anche i nostri giovani, perché questo potrebbe essere il loro futuro, potrebbe diventare una risorsa per tutti. In passato sono stato proprietario di numerosi locali; poi a 40 anni, separato dalla moglie e con i figli grandi, ho voluto creare qualcosa per i ragazzi e per me, e ora dedico la mia vita a quest’ambiente. Non vivo nell’oro, vivo a Ponte Buggianese; però son contento così, non mi interessa altro. Cerco di portare avanti questa mia idea che mi dà soddisfazione e continui stimoli per crescere».
La bellezza misteriosa e i vip in cerca di silenzio
È fresco oggi sul padule, e pure umido. Per riscaldarsi, la bella misteriosa si accoccola sul barchino e sorseggia il caffè, caldo all’inizio della gita, ma ormai appena tiepido.
Che strano: dai riflettori e dai flash a raffica dei fotografi su uno dei tanti tappeti rossi festivalieri, al grigio uniforme del cielo sopra il padule. Però, senti che pace; che strani suoni provengono dalle canne; chissà che uccello è quello che vola là; e come parla lieve l’«omaccione».
Patrizio Zipoli è irremovibile. Gli è stato chiesto di tacere e lui più discreto di un notaio. Non insistiamo. Però sono tanti i personaggi noti che vengono sul padule per «staccare». E Patrizio, o qualcuno dei suoi colleghi, li accompagna. Ma, ci tiene a dirlo, «il trattamento è lo stesso riservato alle famiglie. Comunque è importante che vengano, anche se alcuni preferiscono l’anonimato: valorizzano l’immagine del nostro padule».
Reti pubbliche e private vi girano servizi televisivi (qualche settimana fa è venuto «Sereno variabile»); quando ci realizzano film o spot pubblicitari, le produzioni chiedono aiuto logistico ai barcaioli di Anchione. Ed ecco Patrizio e i suoi ragazzi insieme a Giorgio Panariello, Matilde Brandi e a uno stuolo di tecnici per preparare lo spot di un’automobile 4×4 capace di andare proprio dappertutto, anche nella mota del padule, rimanendo senza macchie.
Ci sono state anche Nancy Brilli e Manuela Arcuri che, nei panni (forse poco credibili) di due mondine, hanno girato «Madame», guidate da Salvatore Samperi. Patrizio commenta: «Oltre a essere belle, sono ragazze squisite, diverse da come appaiono in televisione, dove magari se la tirano. In più sul lavoro sono professionali, non lasciano niente al caso». A bassa voce aggiunge: «Però mi sa che del padule non glien’è importato nulla».
Ad altri vip invece il padule interessa, o per lo meno interessa cercare un po’ di tranquillità e di silenzio in questo posto fuori dal loro mondo, meno roseo di quanto sembri. Ecco allora Vannino Chiti, ecco Giampaolo Pazzini, per una cacciata ogni tanto; e «te lo assicuro, ci siamo riusciti: per qualche ora gli abbiamo fatto scordare veleni politici e sportivi».