Giovanni Paccosi e Paolo Bargigia: due amici sacerdoti in Perù

di Marco Lapi

Quando il 4 aprile di venticinque anni fa Giovanni Paccosi e Paolo Bargigia vennero ordinati sacerdoti dall’arcivescovo di Firenze Silvano Piovanelli, non avrebbero mai immaginato di trovarsi un giorno a festeggiare assieme le cosiddette nozze d’argento sacerdotali a dodicimila chilometri da Firenze, nella sterminata periferia nord di Lima. Ma in fondo non c’è niente di strano perché, vivendo il cristianesimo come «una grande e bellissima avventura» – come scriveva esattamente un anno fa don Giovanni, descrivendo la domenica caratterizzata dalla grande festa del Señor de los Milagros e affermando che non c’era proprio «tempo di annoiarsi» – lo stupore e la meraviglia finiscono per diventare «normali» e per accompagnare ogni giornata. Lo spiegava bene don Paolo lo scorso novembre, quindici mesi dopo aver raggiunto l’amico in missione: «Adesso che la lingua non è più un problema, che la comunità parrocchiale è un luogo familiare, che l’università è un grande lavoro ben avviato, ogni giorno quando iniziamo la giornata pregando insieme la liturgia delle ore offriamo a Cristo la nostra vita e la giornata, curiosi di vedere come anche oggi Lui si renderà presente nelle persone, negli incontri, insegnado, ascoltando, confessando… Questo è per noi vivere la Missione, servire la Chiesa di Carabayllo, con una testimonianza della presenza viva e operante di Cristo nella nostra esperienza quotidiana».

Giovanni e Paolo avevano maturato la vocazione al sacerdozio all’interno del movimento di Comunione e liberazione assieme all’amico Andrea Bellandi – fino a qualche tempo fa preside della Facoltà Teologica dell’Italia Centrale – e dopo molti anni trascorsi a Firenze come parroci è giunta per loro, in tempi diversi, la chiamata alla missione. Verso la fine degli anni ’90 don Giovanni ricevé la visita del vescovo Lino Panizza, amico di alcuni suoi parrocchiani, e gli chiese se per caso conoscesse Andrea Aziani e Dado Peluso, due amici ciellini che avevano dato inizio alla comunità di Siena e dal 1989 in missione a Lima. Monsignor Panizza gli rispose che li conosceva bene e addirittura stava pensando di fondare un’università assieme a loro, in quella periferia povera e priva di istituti superiori d’istruzione a eccezione dell’Università statale di Ingegneria, difficilmente accessibile. Aggiunse che era giunto in Italia per chiedere a Cl due sacerdoti da inserire in questo grande progetto e a cui affidare una parrocchia, ma che ne aveva trovato solo uno.

La proposta, a quel punto fu immediata e don Paccosi disse di sì. A Carabayllo, giovane diocesi di due milioni e mezzo di abitanti, sarebbe arrivato nel gennaio 2001, per guidare la parrocchia di Santa María de la Reconciliación (60 mila abitanti e tre chiese) assieme al biellese don Michele Berchi e insegnare Introduzione al Cristianesimo nella neonata Università Sedes Sapientiae. Tre anni dopo o poco più, anche don Paolo si sarebbe dichiarato disponibile a partire. Era stato a trovare l’amico in Perù e poco dopo suo padre, già sofferente, si aggravò e negli ultimi giorni di vita fu assistito proprio da un peruviano originario della parrocchia di don Giovanni. Un segno evidente agli occhi di chi crede che niente avvenga per caso. La possibilità di raggiungere «Giova» a Carabayllo si sarebbe concretizzata nel 2008, quando don Michele fu richiamato in diocesi a Biella, dove ora è rettore del Santuario di Oropa.

Ma la partenza di don Paolo, ai primi di agosto, fu preceduta dall’improvvisa scomparsa di Andrea Aziani, morto alla fine di luglio a 55 anni per un infarto, lasciando nei cuori dei suoi studenti come della gente più umile che infaticabilmente incontrava la gratitudine per quella sua «febbre di vita» capace di contagiare.

Oggi sia don Giovanni che don Paolo, oltre ad occuparsi dell’enorme parrocchia, insegnano entrambi nell’Università voluta da monsignor Panizza, che intanto ha superato i dieci anni di vita. L’apporto concreto della diocesi fiorentina ha portato alla realizzazione del centro parrocchiale «Juan Pablo II», laddove sorge la più piccola ma anche la più centrale tra le tre chiese della parrocchia, destinata a essere sostituita da una nuova di grandi dimensioni che eviterà di continuare a usare il campo di calcetto come luogo delle celebrazioni in tutte le occasioni di affluenza straordinaria. Serviranno ancora aiuti, come a tutta la Chiesa di Carabayllo. Ed è bello ricordare che tra questi ci sarà anche una parte dei proventi del libro di Antonio Socci (grande amico di Aziani) su sua figlia Caterina, ancora segnata dalle conseguenze dell’arresto cardiaco che l’ha colpita poco più di un anno fa.

Una realtà emblematicaDomenica 24 ottobre la Chiesa celebra la Giornata missionaria mondiale, tradizionale appuntamento nel quale i fedeli di tutte le diocesi sono chiamati a pregare per le missioni e anche a contribuire in modo concreto al loro sostegno.

La situazione in cui operano in Perù don Giovanni Paccosi e don Paolo Bargigia si può definire emblematica per quanto riguarda le difficoltà in cui i missionari sono costretti a operare. La diocesi di Carabayllo è costituita dalla periferia settentrionale di Lima, città di quasi 10 milioni di abitanti, stretta tra l’oceano e le Ande, in mezzo al deserto costiero del Perù. A Lima il clima è sempre umido, per molti mesi all’anno il cielo è coperto di nubi ma non piove mai. E la temperatura oscilla tra i 14 gradi dell’inverno e i 30 dell’estate.

Secondo i dati del censimento del 2007, nel Comune di Los Olivos, in cui si trova la parrocchia di Santa María de la Reconciliación, la popolazione ha un’età media di 29 anni, e quasi il 50% ha meno di 25 anni. Le persone che hanno più di 45 anni sono solo il 12 %. La media dei membri di ogni famiglia è di 5 persone, con il 25 % di famiglie costituite da 6-11 persone. Purtroppo quasi il 20% delle persone vive in baracche di legno o stuoie e il 20% dei bambini in età scolare non va a scuola e quasi sempre sono bambini costretti a lavorare.

Il salario minimo di legge è di 550 soles (140 euro), ma molti lavorano per meno. Nella parrocchia un terzo delle persone vive in situazione di tranquillità economica, e il 20% vive in povertà estrema.

A livello di salute, la maggior parte non ha nessun tipo di assicurazione (non esiste l’assistenza gratuita), anche se lo Stato ha stabilito da alcuni anni un’assicurazione sociale per i bambini piccoli e le mamme gestanti. Quando qualcuno si ammala gravemente, la famiglia spesso va sul lastrico e purtroppo non può assicurare l’assistenza adeguata. Questo vale in particolare per i tumori che spesso non sono curati per mancanza di risorse.

Per questo, nella parrocchia funziona anche il «Policlinico Juan Pablo II», un poliambulatorio popolare. Nove anni fa era piccolissimo, poi, grazie anche all’apporto della diocesi di Biella, è stato ampliato, reso funzionale e in regola con le norme sanitarie. È dotato di laboratorio di analisi, radiologia ed ecografia, e offre servizi di medicina di base ed alcuni ambulatori specialistici. Vi lavorano una ventina di persone tra medici e altro personale.

La testimonianza: Quelle parole di AndreaNei cinema di Lima in questi giorni si proietta «Ottobre», un film che ha avuto il premio della Giuria a Cannes, e che ha come sottotitolo «I miracoli succedono in ottobre». È il mese del «Señor de los Milagros», e tutti in Perù, così come i peruviani sparsi per il mondo, vivono il prodigio di una devozione che, nella società sempre più secolarizzata, non ripiega, anzi cresce e commuove giovani e vecchi e porta alla conversione tanta gente. Nella nostra parrocchia abbiamo una Confraternita dedicata al «Señor de los Milagros» di più di 200 uomini e donne (organizzata in tre «Quadrillas» più le incensatrici e cantanti) e questa domenica 24 celebriamo una Messa a cui prevedo parteciperanno almeno 1500 persone, in onore a questa immagine venerata dal popolo. Sì, succedono miracoli: sette coppie di conviventi questo sabato si sposano nel matrimonio comunitario, tanti si confessano dopo anni e nei dialoghi che ho avuto con i postulanti alla Confraternita mi sono di nuovo commosso per le storie che hanno fatto nascere in loro il desiderio di portare sulle spalle l’immagine di Gesù e decidere di cambiare vita per Lui. Nella «Hermandad» della nostra parrocchia ci sono persone di tutti i tipi: c’è il vicepresidente, quarantenne, che è professore universitario di geografia, licenziato in teologia, maggiore dell’esercito, ex-campione panamericano di karate, fondatore delle prime squadre di soccorso delle Ande… e c’è l’uomo poverissimo che ha ricevuto un grande miracolo salvandosi dal tumore e vuole dire grazie a Gesù. Chi si è fatto devoto per la morte di un figlio e chi perché il figlio non è morto. La vita è piena di miracoli e nel mese di ottobre a Lima questo è più visibile che mai. Paolo ed io siamo qui spettatori tutti i giorni di questi segni dell’azione del Signore, che in mezzo alle prove enormi di un popolo fa crescere la speranza.

Nel 1999, il 28 ottobre, il cardinal Piovanelli mi espresse la sua disponibilità a mandarmi come Fidei Donum a Lima. Io non sapevo che valore avesse in Perù quella data: quando scrissi inmediatamente a Andrea Aziani, mi rispose con un fax dove diceva a grandi lettere scritte a mano: «Oggi è la festa del “Señor de los Milagros”: è un miracolo suo che tu venga a Lima». Andrea poi è morto qui come un santo di oggi, e le sue parole di allora sono la coscienza con cui da quasi dieci anni ogni giorno mi sveglio e riparto.

Giovanni Paccosi