MICHELE BORGHETTI: Un livornese a caccia del titolo di dama inglese
di Sara D’Oriano
Michele Borghetti è il Maradona della dama, volendo fare un paragone calcistico. 38 anni, livornese verace, Michele ha la spontaneità tipica del toscano della costa ma la determinazione di un vero campione. E campione lo è. Nella sua «carriera», lunga 25 anni, ha infatti collezionato per 11 volte il titolo di campione italiano assoluto di dama italiana e per altre 3 volte il titolo di campione italiano di dama internazionale, divenendo nel frattempo detentore del record mondiale assoluto di partite di dama italiana giocate bendato: ben 23 in simultanea.
Ma facciamo un passo indietro. Michele, sguardo pulito e schietto, ha ereditato la sua passione per la dama dal padre, arbitro di questo sport da oltre 50 anni. Fu seguendo lui, durante una gara in Trentino nel 1985, che gli fu proposto di imparare a giocare: «Se giochi, ti regalo una damiera», gli disse il padre. Aveva 12 anni.
«I miei inizi non sono stati brillanti mi spiega sorridendo anzi, proprio il contrario. Poi però iniziarono ad arrivare i primi risultati che mi invogliarono a proseguire. Ho avuto la fortuna di avere dei buoni maestri, oltre a mio padre ricordo con affetto Benito Vallini. Oggi, mi alleno per circa due ore al giorno. La dama è un gioco di strategia molto più profondo degli scacchi, nonostante venga spesso sottovalutato. Le mosse e le pedine sono minori rispetto agli scacchi, ma proprio per questo il gioco si proietta in profondità e le previsioni devono essere fatte valutando le mosse nella loro complessità. Richiede molto allenamento e soprattutto molta concentrazione».
Michele non gioca a livello professionale, anzi, nella vita fa tutt’altro. Rappresentante per un’azienda alimentare, gioca a dama perché ne è appassionato. E a pensare bene, forse è proprio questo il segreto del suo successo: «Quando vado a giocare una partita di dama, che sia un’esibizione o il campionato internazionale, io ci vado per vincere, ma contemporaneamente non ho niente da perdere. Questo atteggiamento sicuramente cambia notevolmente l’impatto che ho nei confronti di quella gara rispetto ai miei avversari. Aumento la concentrazione, diminuisco la tensione delle aspettative di quella gara e riesco a ottenere il risultato per cui sono lì a giocare».
La sua è una carriera costruita nel tempo, che premia il suo essere personaggio eclettico e molto originale. Ne è prova il suo record in specialità alla cieca: in questa specialità, praticata da pochissimi giocatori, un singolo giocatore sfida contemporaneamente più avversari su più partite, ma senza poter osservare il tavolo da gioco, nè dove sono collocate dame e pedine. Il giocatore può solo conoscere i numeri che indicano le mosse degli avversari in quel momento di gioco. Del suo record di 23 partite in simultanea, Michele ne ha vinte 17, pareggiate 6 e perse nessuna.
A ottobre 2010 la svolta della sua carriera. A Dublino era in programma il «Torneo dei candidati». Trenta campioni di 18 nazioni diverse, molti dei quali professionisti, si sarebbero scontrati in match agguerritissimi per aggiudicarsi la semifinale internazionale di dama inglese. Il premio: un posto da avversario contro Alexander Moiseyev, campione del mondo in carica di dama, durante la finale dei campionati del mondo. Rispondendo all’invito della Federazione Italiana di dama, che già da tempo mirava a partecipare a livello internazionale, Michele decide di partire per l’Irlanda.
Inizialmente outsider, sfavorito da tutti, Michele arriva con sorpresa a sedersi al tavolo della semifinale contro il superfavorito Ronald King delle Barbados, già più volte iridato e negli ultimi quindici anni regolare avversario di Moiseyev, e a vincere solo nell’ultima partita, sul filo di lana, dopo 32 combattutissimi incontri. «Abbiamo giocato due partite molto cariche, e io ho deciso di giocarmi il tutto per tutto. Ho giocato d’assalto, rischiando molto ma con il vantaggio di far saltare tutti gli schemi del mio avversario».
Dalle parole di Michele si riesce ancora a percepire lo stupore che questa sua vittoria inattesa ha generato in arbitri, giocatori e lo stesso sfidante increduli nell’ammettere che, per la prima volta, un giocatore italiano aveva vinto nella specialità di dama inglese, vincendo un campione iridato da più di 15 anni.
Un risultato incredibile balzato immediatamente nella storia della dama e nelle cronache di settore. Mai era capitato che un italiano arrivasse a un livello così alto.
Così, sarà proprio il livornese e schietto Michele, che il prossimo agosto si siederà al tavolo della finale dei campionati mondiali di dama, che si terranno dal 13 al 23 agosto a Cleveland, negli Stati Uniti. 40 partite in 10 giorni decreteranno il vincitore assoluto di dama inglese. Chiedo a Michele se inizia a sentire la tensione e se ha già iniziato a prepararsi. «Piano piano inizierò a intensificare le ore di allenamento giornaliere. La tensione è normale, ma ho già ottenuto un ottimo risultato di cui andare fiero, per cui giocherò come ho sempre fatto, puntando alla vittoria, ma godendomi le mie partite». In bocca al lupo, Gran Maestro.
Da sempre erroneamente considerata di livello inferiore agli scacchi, la dama ha origine antichissima. Il primo libro su questo gioco è dello spagnolo Antonio Torquemada di Valencia, che ne traccia l’esistenza nel 1547, ma si hanno testimonianze molto più remote, che attribuiscono agli egiziani la credenza che i defunti si giocassero l’accesso al Paradiso proprio con una partita a dama.
Curioso è anche l’episodio della vita di San Luigi che si legge nella sua biografia scritta da Jean sire di Joinville nel 1309. Nel testo si racconta che Luigi, ammalato, fece chiamare il fratello duca di Anjou, ma un servo fece sapere che questi non poteva essere disturbato in quanto impegnato in una partita a dama con monsignor Gautier d’Anemous. Luigi allora si alzò e andò di persona dal fratello: buttò la damiera dalla finestra e inflisse ai due una multa in quanto giocavano a soldi. Che si trattasse proprio di una partita a dama (e non a scacchi) è provato dal fatto che il testo parla di «tables» mentre in altre pagine l’autore parlando degli scacchi li chiama «eschez».
Anche nell’arte si ritrovano numerose testimonianze sulla dama. Una su tutte, quella del pittore Henry Matisse, conosciuto anche come giocatore di questo sport. Nel suo quadro «La famiglia Matisse», del 1911, il pittore ha ritratto i due figli maschi mentre giocano sotto lo sguardo di mamma e sorella (quadro conservato all’Hermitage di San Pietroburgo). Mentre è del 1928 «Odalische», che ritrae due figure femminili mollemente adagiate su due letti, con una damiera in evidenza.