DANIELE BECONCINI: La scommessa stravinta di un «artista per caso»
di Sara D’Oriano
Entrare nel suo negozio che contemporaneamente fa da sala espositiva, è come varcare la soglia di un mondo letto solo nelle favole. Le sue lampade, o come le chiama lui giocando con il proprio nome, le sue lampadani, hanno il dono della fantasia, della leggerezza e della semplicità ed è proprio questo, forse, il segreto del suo successo. Daniele è giovane, ha solo 32 anni, ma la sua storia è un bel esempio di come sfidando la propria capacità alla ricerca di noi stessi, si possa reinventare una vita di soddisfazioni e bei traguardi.
Nato a Fucecchio, Daniele abita e lavora ora a Pistoia, città che grazie alla manifestazione estiva del Pistoia Blues, conosciuto in tutta Italia, gli ha permesso di maturare la sua arte.
Ma facciamo un passo indietro. Giovanissimo, inizia a lavorare in un’azienda di pelletteria, dalla quale, dopo qualche anno, si licenzia per iniziare a lavorare come panettiere. «Non mi sentivo soddisfatto, non lavoravo con piacere, ma solo per portare a casa un misero stipendio che non compensava la fatica delle alzatacce e degli spostamenti con il furgone, per portare il pane ai clienti», mi spiega mentre con le mani continua a plasmare le sue creazioni. «Mi piaceva il contatto con le persone, con le quali instauravo anche dei bei rapporti, ma tutto il resto non mi completava».
Il cambiamento (oppure, la prima «lampadina») si accende durante l’estate dei suoi 23 anni. Un’amica, che ogni anno prendeva una spazio espositivo al Pistoia Blues, lo contatta per chiedergli se fosse interessato a realizzare qualcosa di artigianale da rivendere nello storico mercatino della manifestazione. «Quell’anno non poteva partecipare e chiese a me ed a un mio amico se eravamo interessati a occupare il suo spazio espositivo al posto suo. Ricordo che in quel periodo andavano molto di moda le lampade rivestite di carta, così pensai che quella potesse essere una buona idea».
Fondamentale, a questo punto della storia, la figura del padre «aggeggione»: «Non sapevo nemmeno tenere una saldatrice in mano, così mi rivolsi a lui, che a casa è il genio del fai da te. Gli spiegai il lavoro e riuscì a preparare delle strutture molto semplici in ferro battuto, dei parallelepipedi, che io poi ricoprii con ogni materiale che mi veniva in mente, soprattutto la carta, ma sperimentai anche le piume, che fissavo a un telaio di stoffa intrecciata. Mi divertii molto. Mi sentivo padrone del mio lavoro, potevo sbizzarrirmi come mi piaceva, e se il risultato era buono, ero io a stabilirlo».
Inutile dire che le lampade al Pistoia Blues furono un vero e proprio successo: «Andarono a ruba, e questo fatto mi fece molto riflettere». Interpretò quel successo come un’alternativa per il suo futuro da non lasciarsi sfuggire di mano. «Devo a mio padre molto, perchè è grazie a lui che ho imparato la tecnica della lavorazione del ferro battuto, mi ha insegnato le basi che poi io ho affinato con l’esperienza. Non conoscevo niente, e se non ci fosse stato lui, probabilmente non avrei mai capito la mia abilità».
Inizia così un periodo di sperimentazioni: «Lasciavo correre la fantasia e la creatività che avevo, perfezionavo la tecnica, sperimentavo materiali diversi, resine, colle, tipi di ferro per poter capire quale potesse essere la direzione della mia arte». Ad aiutarlo, la manualità appresa in pelletteria, del cui lavoro riprende alcuni materiali e strumenti. «Non avendo avuto una scuola, un maestro, dovevo provare da solo, affidandomi al mio intuito e alle prove che realizzavo. Era un po’ come una sfida, ma mi piaceva. Mi permetteva di mettermi in gioco e di essere il protagonista del mio lavoro. Vedevo nascere i risultati e sapevo che si trattava di una mia creazione». Porta ombrelli, opere d’arte, specchi, tavoli, mobilio vario. La sperimentazione di Daniele è inizialmente a 360 gradi ma poi decide di dedicarsi quasi esclusivamente alle lampade. Una scoperta che gli cambia radicalmente la vita: «Nel giro di due mesi lasciai il lavoro e feci il salto nel buio. Non sapevo se avrebbe funzionato, né come avrei fatto, ma sapevo che dovevo in qualche modo provare».
Una scommessa che oggi è stata premiata ma che gli è costata molti sacrifici e ore di lavoro. «Inizialmente vendevo le mie creazioni grazie al passaparola degli amici. Non avevo un negozio e cominciai a girare per le fiere, prima in montagna, poi in città, al Pistoia Blues, ai mercatini di Natale. Dopo arrivò anche il sito internet. Contemporaneamente riuscii a realizzare una forma di lampada che è diventata un po’ il mio marchio, così le persone possono sempre riconoscere che è una mia creazione, e così, piano piano, sono diventato in qualche modo riconoscibile e conosciuto. I mercatini sono diventati nazionali, sono iniziate le collaborazioni per mettere insieme diverse professionalità, tra amici e professionisti, poi ultimamente sono arrivati anche i premi».
Daniele ha infatti vinto anche il primo premio «Artigianato Vivo» promosso dal comune di Cison di Valmarino, con l’opera «L’albero della luce», un elegante albero in ferro battuto da cui pendono boccioli di fiori dai colori pastello.
«Mi piace capire cosa i clienti vogliono ottenere dalle mie lampade. La mia progettazione e la mia creazione partono infatti dai loro desideri, anche se si potrebbe pensare piuttosto il contrario. Invece traduco nella mia sensibilità ciò che loro mi trasmettono».
Daniele ha lo sguardo solare. Non importa chiedergli se è felice del suo lavoro. Traspira dai suoi fiori-lampade, che con le loro linee curve e eleganti trasudano serenità e equilibrio. Si palpa la sua passione dal modo con cui cura il ferro, lo lavora, dalla grazia con cui modella la carta, mentre continua a raccontarsi. Sorride sempre e per tutte le persone che entrano nel suo atelier c’è sempre una parola di benvenuto. «Io vivo alla giornata. Mi piace che le cose succedano spontaneamente. So che la mia creatività non ha limiti, che sono arrivato ben oltre quello che avevo immaginato, e questo mi basta».
Loti, gufi, meduse e «Bocciolonzy»
Gesti semplici, abili, ripetuti all’infinito per trovare la forma perfetta. Nascono così i loti, i «Bocciolonzy», i gufi e le meduse di Daniele. Si tratta di piantane, lampade da tavolo o da parete che oltre ad illuminare, sono delle vere e proprie creature singole, opere d’arte da esposizione (www.lampadani.it).
Una forma rotonda, piena ed elegante ottenuta dall’esperienza, che nasconde un’abilità manuale notevole e uno studio pluriennale nella sua estrema semplicità. All’atelier dove Daniele espone, a due passi dalla stazione ferroviaria di Pistoia, si trova anche il suo laboratorio, vera e propria fucina di idee e sperimentazioni. Tra incudini, martelli e fili di ferro più o meno spessi si intravedono pezzi armonicamente lavorati, forme incomplete che devono essere ancora assemblate. Foglie, petali e curve di ogni misura giacciono sparsi un po’ ovunque, insieme ad abbozzi di altre opere incompiute.
Solo due gli «ingredienti» delle sue lampade: ferro battuto e carta di gelso, che viene applicata sul ferro lavorato, poi trattata con una miscela di resine studiata appositamente da Daniele per rendere la carta resistente, lucida, e soprattutto immune dalla polvere. Un lavoro che richiede pazienza, precisione e abilità.
Il risultato, una creazione altamente personalizzabile, sia nella forma che nel colore. Un’opera che sembra quasi frutto del sogno, della magia. Elegante ma essenzialmente semplice. Daniele predilige la creazione di lampade, ma in realtà è molto abile anche nel realizzare tavoli, sedie, letti e cancelli, nel rivestire specchi e quadri con estrema originalità e fantasia delle forme.
La sua principale fonte di ispirazione la natura, dalla quale ricava fiori e animali per tradurli sul piano del fiabesco. Le forme geometriche rotonde e piene danno molta armonia e equilibrio alle lavorazioni. Molto ricercata nei dettagli, ogni creazione ha un forte impatto artistico.
È così che mentre ci si aggira nel suo laboratorio viene da chiedersi se Daniele sia più artista o artigiano. Un po’ tutti e due, sicuramente.