CESARE MAZZETTI: il rame tra arte e fantasia
di Domenico Zafarana
Molti sanno che Montepulciano ha dato i natali al cardinale Bellarmino, allo scrittore Poliziano, al pontefice Marcello II e a numerose figure che si sono distinte nel campo letterario, sociale ed ecclesiale. Personaggi appartenenti al passato che hanno lasciato traccia nel presente grazie alle loro opere, alle loro vite ben spese. La grandezza di una città non si vede però soltanto dal passato: anche oggi diversi personaggi rendono Montepulciano illustre e preziosa agli occhi dei numerosi turisti che, anche in questi periodi poco rosei, giornalmente la visitano nelle sue strutture più rinomate. Non può passare dunque inosservata la visita alla rameria Mazzetti, attigua al celebre Teatro Poliziano (sotto Piazza Grande), dove maestro Cesare lavora con pazienza e professionalità il «suo rame».
La rameria non è sorta in questi ultimi anni: è infatti un’antica tradizione di famiglia che perdura da oltre un secolo. Momenti buoni e cattivi nel corso di questi cento anni; momenti in cui l’attività fu quasi abbandonata per poi rinascere, vigorosa, trent’anni fa, fino al punto da creare, all’inizio di questo anno, un piccolo museo del rame con pezzi antichi molti dei quali costruiti dal padre Giuseppe e talvolta anche unici. Guardando soddisfatto il «suo» museo, Cesare ci dice: «Essere un ramaio è stato ed è per me un sogno diventato realtà. Esserci riuscito è un risultato che devo non solo a me stesso, ma a tante persone che ho avuto ed ho la fortuna di avere accanto nella mia vita e a loro dedico ogni mia opera». L’iniziatore della tradizione fu il nonno di Cesare, Bernardo, nato nel 1863 che mandò il proprio figlio Giuseppe da un artigiano locale per imparare l’arte del ramaio.
Questa tradizione continua oggi grazie a colui che tutti, in città scendendo da Via del Teatro salutano scambiando qualche battuta, alla quale il «mastro ramaio» non si sottrae mai, col suo carattere scherzoso e giovale tipicamente toscano. Chi ha la fortuna di entrare nella bottega un tempo soprannominata «rinomata rameria» trova il buon Cesare sempre pazientemente al lavoro ora con un’opera piccolissima una foglia in rame da decorare ora con un lavoro un po’ più consistente, come un lampadario a forma di grappolo, che ha richiesto diverse settimane di lavoro e che il passante può ammirare scendendo lungo la via. Tra un pezzo di rame e uno di ferro, Cesare ci guarda speranzoso dicendo: «Purtroppo oggigiorno è difficile trovare dei giovani che vogliono fare questo lavoro, ed anche i vincoli burocratici per prendere un apprendista sono molto pesanti».
Non è mai stato semplice abbinare arte e fantasia: è curioso notare come la manualità e l’abilità nella lavorazione del rame sia una sapienza antica che Cesare ha saputo coniugare con l’epoca moderna. Nel suo negozio distinto dal laboratorio oltre agli utensili per la cucina, troviamo anche diversi lavori artistici, cioè pezzi unici commissionati da acquirenti italiani ma anche esteri, soprattutto americani, che ricevono la merce grazie al corriere, ormai diventato amico del ramaio, per via dei frequenti invii che Cesare si trova a fare.
Lavori artistici, piccoli o grandi, che non riguardano soltanto privati ma anche enti pubblici ed ecclesiali: basti ricordare il supporto del cero pasquale realizzato due anni fa per la maestosa chiesa cittadina di San Biagio con l’iscrizione «Surrexit pro nobis, alleluja» (commissionata dalla parrocchia), incisa sul verso e che tutti, specialmente in questo periodo liturgico, possono ammirare accanto l’ambone della chiesa. Oppure la gigantesca «palla» dorata posta in cima alla cupola della Cattedrale di Siena, ben in vista anche dalla basilica cateriniana di San Domenico; così come l’identica «palla» dorata, di dimensioni minori, posta in cima al campanile della chiesa poliziana dedicata a San Francesco, commissionata dalle Opere Ecclesiastiche che hanno in cura la chiesa. Tutte opere uniche; tutte opere d’arte delle quali va fiero il nostro ramaio Cesare.
Ma non ci sono soltanto opere grandiose ed uniche; molti dei suoi clienti giungono alla bottega posta in un antico palazzo col soffitto a volta, annerito dal fumo dell’antica forgia per farsi stagnare vecchie pentole o per fare riparare vecchi oggetti di rame che tante famiglie conservano in casa, magari appartenenti ai propri avi. Diversi mestieri oggi sembrano destinati a scomparire, inglobati dal mondo secolarizzato del «tutto e subito». Ma una vera opera d’arte come quelle che Cesare Mazzetti costruisce giornalmente nella sua bottega poliziana richiede pazienza, costanza, abilità e maestria. Il lavoro unico di un paio di mani non potrà mai essere sostituito da una macchina che, in una sola ora, produce decine e decine di pezzi identici e anonimi.
Ogni mestiere cioè ogni arte richiede amore: chiunque si trovi pellegrino nei pressi del Teatro Poliziano di Montepulciano non può mancare di notare quanto amore mette il vecchio ramaio in ogni sua opera, fosse anche un tubo di rame artisticamente decorato. Perché se è l’amore, ovvero la passione, che muove il mondo e continuamente lo ricrea, allora nelle opere del Mazzetti si intravede un po’ almeno un po’ di quello spirito creativo e amorevole che, dal nulla, crea e sostiene tutte le cose.
«È lei che ha costruito il museo?» domandiamo a Cesare mentre continua a battere il ferro! «No risponde perentorio , è frutto della passione, e chi ha una passione ama sempre condividerla con gli altri». Nel museo infatti non si paga biglietto d’ingresso e soprattutto esso non è soggetto ad orari: dal primo mattino alla sera il ramaio è di posto per permettere al visitatore di ammirare le varie opere d’arte. Ci sono paioli, alambicchi, innaffiatoi, brocche e oggetti artistici. Ci sono anche cosa curiosa oggetti antichi di qualche secolo, comprati da Cesare per il puro gusto di collezionarli. Si pensi fra questi al bricco da vino su piatto trinato del XVIII secolo oppure alla bella brocca insieme al bollitore, sempre prodotti nello stesso periodo.
Il museo ha anche una capacità: quella di portare indietro nel tempo, facendo scoprire oggetti oggi dimenticati, come uno tra tanti il gasometro scalda acqua, che utilizzavano i parrucchieri nei primi del Novecento. Non solo: è possibile notare oggetti curiosi come la caldaia per fare il maiale o il vino cotto. È curioso osservare come certi oggetti rispecchiano la vita degli uomini che li hanno utilizzati nel passato: guardandoli possiamo rivedere tanta parte della vita di coloro che ci hanno preceduti. Un museo davvero speciale che vale la pena di essere custodito e soprattutto visitato.