Il film: torna in sala «Il Vangelo secondo Matteo» di Pasolini
Il suo approccio è eminentemente culturale: i quadri di Pontormo e Rosso Fiorentino come riferimenti figurativi; Jacopone come richiamo poetico; Gluck per la musica. Ma nonostante i suoi sforzi, il risultato non funziona: la sacralità risiede altrove. Ben diverso sarà, quindi, il percorso che porta Pasolini a dirigere Il Vangelo secondo Matteo uscito l’anno seguente. L’ispirazione nacque ad Assisi, presso la Cittadella, dove il poeta-regista era ospite di don Giovanni Rossi proprio quando Giovanni XXIII fece il suo famoso viaggio a sorpresa. Per evitare di alimentare la stampa scandalistica, Pasolini preferì non farsi vedere in giro e, rimasto in camera, trovò sul comodino il libretto dei Vangeli. Cominciò a rileggerli, iniziando, com’è ovvio, da Matteo. Fu una folgorazione. Con l’aiuto dei Volontari della Pro Civitate il film prese forma, non senza qualche timore per lo scandalo che avrebbe provocato l’accostamento di un intellettuale dichiaratamente comunista, ateo e omosessuale a un simile soggetto; al punto che don Giovanni andò a chiedere una sorta di imprimatur direttamente al papa. E, infatti, «Alla cara, lieta, familiare memoria di Giovanni XXIII», nel frattempo scomparso, il film sarà poi dedicato.
Oggi Il Vangelo secondo Matteo è di nuovo sugli schermi, restaurato dalla Cineteca di Bologna in occasione del centenario di Pasolini. Cos’ha da dirci dopo quasi sessant’anni? Beh, intanto testimonia il coinvolgimento di un autore che sembra aver lasciato da parte le premesse culturali e ideologiche al Vangelo per farsi affascinare dalla materia, dalle parole rivoluzionarie di Gesù, dalla sua figura dolce ma risoluta, lontana anni luce dall’iconografia sdolcinata e soporosa che soprattutto il cinema aveva fino ad allora divulgato. Non solo Gesù, ma tutti gli altri personaggi hanno la pregnanza dei volti vissuti, incarnati, reali della gente vera, presi dalla strada o tra gli amici dello stesso Pasolini. Al punto da utilizzare sua madre Susanna nella parte di Maria anziana, straziata dal dolore sotto la croce, creando un corto circuito con la morte dell’altro figlio, Guido, partigiano ucciso anni prima dai comunisti di Tito, ma anche anticipando quella che sarà la tragica fine di Pier Paolo.
Restano intatte le soluzioni scenografiche, semplici e primitive, che hanno trovato espressione nel paesaggio del Sud Italia, soprattutto a Matera, più autenticamente arcaico di qualunque ricostruzione; la scelta delle musiche, dove si alternano, sì, Bach e Mozart, ma anche la Missa Luba e le sonorità drammatiche di Prokofiev a sottolineare i misteri dolorosi e gaudiosi; le voci, da quella principale di Enrico Maria Salerno che doppia Gesù con un nerbo destinato a scuotere le coscienze, ma anche le sonorità degli altri interpreti che parlano nel proprio dialetto senza farsi troppi scrupoli di verosimiglianza; le inquadrature, sempre diverse grazie all’uso degli obiettivi che, volta per volta, appiattiscono il soggetto o lo stagliano sullo sfondo, con la macchina da presa portata a spalla che spesso assume il punto di vista di uno dei discepoli creando una sequela ideale per lo spettatore.
Il film è tutto questo e molto di più, e segna anche un capitolo di storia della Chiesa perché allora fu uno dei primi frutti del Concilio: l’apertura dei cattolici al dialogo e la ricerca di una fede adulta, capace di confrontarsi con i testi evangelici, di sottrarre la figura di Gesù dai santini per restituirla all’umanità, credente e non credente.
Non a caso – fatto di una portata straordinaria – a Roma la pellicola fu vista e applaudita da ottocento padri conciliari e a Parigi fu proiettata in anteprima nella cattedrale di Nôtre Dame. Altri tempi, quando il cinema veniva preso con più serietà da parte della comunità cristiana!
IL VANGELO SECONDO MATTEO
Regia e sceneggiatura: P.P. Pasolini; fotografia (b/n): Tonino Delli Colli; musiche: a cura di Luis Bacalov; costumi: Danilo Donati; interpreti: Enrique Irazoqui, Margherita Caruso, Susanna Pasolini, Ninetto Davoli, Natalia Ginzburg, Alfonso Gatto, Enzo Siciliano, Francesco Leonetti; distribuzione: Cineteca di Bologna; formato: 1,85:1; durata 137min.